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Scoprire e leggere i segni dei tempi Il viaggio intorno all’uomo di oggi del consiglio pastorale diocesano

«Rigenerati per una speranza viva, scrutiamo i segni dei tempi». Con questa suggestiva evocazione, a un anno di distanza dal quarto convegno ecclesiale nazionale di Verona, il Consiglio pastorale diocesano ha ripreso la sua attività, ripercorrendo questo significativo evento che ha contribuito a tracciare la rotta del cammino della Chiesa italiana, attraverso la nota pastorale dei Vescovi «Rigeneranti per una speranza viva»: testimoni del grande “sì”di Dio all’uomo. Nel documento i Vescovi invitano a proseguire l’esercizio storico di «immaginare la speranza» leggendo il nostro tempo nello specchio del Vangelo. Questa non è una scelta inedita, ma si colloca nel solco del Concilio Vaticano II, che ha affidato alla Chiesa il difficile, ma ineludibile compito di «leggere i segni dei tempi». L’esercizio del discernimento è essenziale perché la «differenza cristiana» (nel senso positivo di «peculiarità») non si trasformi in «distanza» e persino «estraneità», creando un divario tra la fede e la mentalità contemporanea, ma torni ad incidere sul tessuto sociale e culturale, sulle scelte quotidiane e sulle esperienze affettive delle persone in ogni stagione della vita.Del resto, a uno sguardo lucido, non sfuggono segni incoraggianti. «Guardando con occhi di fede la nostra Chiesa – ha esordito il Vescovo, aprendo con la preghiera i lavori del Consiglio – vedo una comunità che, nonostante i suoi limiti, le sue lentezze, i suoi ritardi nei confronti della chiamata di Dio, si sforza di camminare verso il Signore». Tra i segni di speranza, il Vescovo cita l’impegno dei laici, dei sacerdoti e dei religiosi per rendere attuale il volto missionario della parrocchia, gli itinerari per il risveglio della fede cristiana, portati avanti da motivati evangelizzatori.Dopo l’incoraggiante prolusione di monsignor Bassetti, è toccato ai membri del consiglio, suddivisi in gruppi, interrogarsi sui segni dei tempi che scorgono nelle diverse situazioni della vita personale, sociale e comunitaria. Una sorta di «scatti fotografici» che, accanto alle fragilità e alle contraddizioni, evidenziano non pochi segni di speranza che motivano l’azione pastorale quotidiana. E’ emerso, ad esempio, la necessità di parlare «con speranza» e non solo «di speranza»: chi ha occhi e cuore evangelici sa vedere numerosi segni, frutti e opere di speranza, già presenti nel mondo di oggi. Inoltre il Consiglio ha suggerito che il dono del Risorto sia portato con coraggio, nella certezza di essere inviati da una Chiesa missionaria che sa «uscire dalle sacrestie» per farsi compagna di viaggio.Fra i suggerimenti c’è anche quello che per annunciare la speranza in Cristo risorto è necessario che la comunità cristiana viva al suo interno una forte comunione fra i diversi carismi e le diverse sensibilità spirituali e pastorali. Nella pastorale ordinaria occorre rimettere la persona al centro, valorizzare e promuovere le relazioni più informali come quelle più profonde. Non solo. Quella dei laici è una presenza di cui la Chiesa non può fare a meno, perché esprimono la dinamica dell’incarnazione. La carenza di sacerdoti e l’età media avanzata del clero possono costituire occasioni per una maturazione all’interno delle comunità e stimolo per una collaborazione fra parrocchie, associazioni e movimenti (ciò che i Vescovi chiamano «pastorale integrata»). Il Consiglio ha sottolineato anche l’importanza di una solida vita spirituale, che sola può offrire un nuovo impulso vocazionale e anche l’esigenza di una formazione permanente per tutti i cristiani, come mediazione fra discernimento culturale e impegno pastorale, per superare l’impasse di una catechesi solo dottrinale o di un’inflazione di parole che cadono nell’insignificanza. Non è mancata una nota di attenzione alla famiglia, nucleo fondante di ogni altra relazione sociale, che è oggi afflitta da numerosi problemi ma costituisce una risorsa unica per testimoniare il Vangelo dentro il quotidiano. Anche la presenza degli immigrati è un segno che ha assunto anche da noi proporzioni rilevanti e che interroga la comunità ecclesiale circa la disponibilità per un’accoglienza reale e proficua. Da evidenziare la sfida educativa, quale attenzione particolare ai soggetti in formazione per aiutarli a costruire orizzonti di senso, e il problema della precarietà del lavoro, molto sentito nella nostra Chiesa locale.Questi «segni» mostrano elementi di ambivalenza, situazioni problematiche che possono evolvere nell’attivazione di energie e risorse nuove. È la complessità della nostre realtà umana che si ripropone a una lettura attenta nel segno della speranza. Il Consiglio pastorale ora affida tali riflessioni al Vescovo, perché possa trarne spunti per suggerire quei temi che verranno approfonditi dal Consiglio negli incontri di quest’anno e che costituiranno orientamenti per la pastorale della nostra diocesi. di Silvia Mancini