Lettere in redazione

Sconcerto per il «caso Don Cantini»

Caro Direttore,tramite Toscanaoggi vorrei dire all’amato cardinale Antonelli, che il suo intervento sul caso di don Cantini giunge gradito in questo difficile momento ed è condiviso in tutto. Voglio solo aggiungere un commento: questa storia, come troppe altre, giunge sui media gestita con sapiente mano ed è fin troppo facile distinguere in questo atto, che si basa si sulle debolezze umane e l’incessante attività del nemico, la mano di quelle forze che vogliono ricacciare la Chiesa all’angolo in una ridotta attività da carta da parati! Queste forze si annidano fortemente in Toscana e non solo, tra le Istituzioni comunali e regionali e nelle fertili logge dove si tessono gli affari ed i profitti. Hanno in odio Cristo e la Chiesa, mentitori e falsi come il demonio hanno mietuto in questi anni troppi raccolti nella cosidetta ex falsa sinistra! Lorenzo DellacorteFirenze

Caro Direttore,la «visita ad limina» dei nostri vescovi fiorentini non è stata certo priva di difficoltà, dopo quanto è stato reso noto dalla stampa in merito al comportamento di Lelio Cantini «parroco» in una chiesa fiorentina.La notizia ha provocato in me grande sgomento e sofferenza per tutte quelle persone che hanno subito le sue violenze fisiche e psicologiche.Ma quello che mi ha fatto cascare le braccia – oltre a scoprire il silenzio di tutti questi anni e il fatto che si sia intervenuti solo adesso – sono i provvedimenti che da parte della Curia sono stati adottati nei confronti del Cantini.Leggo quanto riporta la stampa: «per cinque anni non potrà né confessare, né celebrare la messa in pubblico (quindi privatamente sì?), né assumere incarichi ecclesiastici e per un anno dovrà fare un’offerta caritativa e recitare ogni giorno il salmo 51 o le litanie della Madonna». Evidentemente la «sospensione a divinis» o la riduzione allo stato laicale sono sembrate pene troppo severe in proporzione ai fatti! Giancarlo Degl’InnocentiFirenze

Caro Direttore,in merito alle notizie di questi giorni che hanno riguardato deplorevoli episodi accaduti in una parrocchia fiorentina e già sanzionati dal nostro Arcivescovo, ci hanno dolorosamente colpito le espressioni insinuanti e maliziose con cui i giornali hanno riferito tali vicende. A tale riguardo vogliamo pubblicamente ribadire tuto il nostro affetto filiale, l’obbedienza, la comunione di fede e di intenti con il nostro amato Cardinale Antonelli e col suo Ausiliare mons. Maniago. A loro, in questi giorni di angustia e di talvolta maliziose incomprensioni, va tutta la nostra solidarietà in spirito di fede e di servizio e l’assicurazione della nostra preghiera. «Cose d’ombra», avrebbe detto Giorgio La Pira, sulle quali non attardarsi troppo. Siamo certi che i nostri Vescovi continueranno con la stessa coerenza e fermezza nella verità, libertà e carità di Cristo a servire e guidare la Chiesa fiorentina che il Signore ha posto nelle loro mani. Giovanna Caroccipresidente Associazione «Fioretta Mazzei»

Caro Direttore,si è dato risalto alla brutta tragedia, perché è una tragedia, dell’operato di don Cantini che, per tanti anni, è stato anche il mio parroco. Non voglio giudicare perché non è il mio compito però, vi chiedo di portare a conoscenza del popolo cristiano un insegnamento che il cardinale Elia Dalla Costa, di Santa memoria, dette ai suoi sacerdoti e seminaristi nel lontano 1927 scrivendo le regole «che compongono il libro «Ricordi di un Sinodo». Sono insegnamenti ancora validi. Egli insegnava:«Se possedeste la Sapienza di S. Tommaso d’Aquino, la Carità di S. Vincenzo de’ Paoli, la dolcezza di S. Francesco di Sales e non foste per la vostra purezza altrettanti Angeli terreni, neppure meritereste il nome di Sacerdoti… S. Giovanni da parte del Salvatore venne favorito di predilezioni Divine, perché la Fede in Cristo, scrive S. Gerolamo, l’aveva trovato vergine, e vergine egli rimase. Sono questi premi deliziosi riservate alle Anime pure: ma Voi, Sacerdoti, più che a questi dovete pensare alla necessità che vi stringe gravissima, al dovere supremo che vi incombe di vivere castamente. Tutti i giorni voi salite l’Altare e la vostra mano che divide la Carne di Cristo, e il vostro labbro che rosseggia del Divino Sangue di Lui. e la vostra Anima che lo riceve per mezzo della Comunione, non devono essere più puri di un purissimo raggio di sole? Voi sedete in Confessionale, e dovete essere la Luce tra le nubi; l’acqua limpidissima tra il fango immondo, l’Angelo dalle ali sempre candidissime tra le vergogne della corruzione umana. Se non foste tutto questo, esisterebbe per voi ad ogni momento il pericolo di cambiarvi da Pastori in lupi, da Padri in carnefici e di essere, in cambio di Apostoli di Gesù, ministri di perdizione… Sacerdoti Fratelli, per il bene che porto alle Anime, prego Iddio che la morte vi tolga da questo povero mondo, piuttosto che aveste a contaminare con miserande cadute la bianca stola consegnatavi nella giornata Santa della vostra Consacrazione, e prego Iddio che inaridiscano le mie mani pontificali, se dovessero posarsi una volta sul capo di chi poi sapesse infrangere il grande voto con cui volle a Dio legarsi eternamente».Quale insegnamento! Quale atto di Fede! Ennio BorghiniFirenze

Caro Direttore,Ha suscitato sconcerto il servizio riportato da «Repubblica» nelle pagine nazionali e con maggior risalto nella «cronaca di Firenze», proprio il giorno di Pasqua, sugli episodi di plagio e di abusi sessuali che ha commesso in passato un prete fiorentino (adesso trasferito altrove e privato delle funzioni sacerdotali). Oggi viene accusato dalle stesse vittime – ora quarantenni – con testimonianze rese e raccolte dallo stesso giornale.La storia e il cammino della Chiesa, l’intero percorso del «Popolo di Dio», sono stati contrassegnati dal peccato anche da alcuni autorevoli rappresentanti che hanno ceduto alle tentazioni e alle bassezze delle passioni umane.Sul piano civile, se le responsabilità personali sulla vicenda saranno eventualmente comprovate, la giustizia farà il suo corso.Ma quanto pubblicato dal suddetto quotidiano (poi ripreso dal Tg Toscana) nella ricorrenza del giorno più «santo» per i credenti, è parso una ostentazione sul «dover riferire la verità a tutti costi», anche quando non sussistono i motivi dell’urgenza. L’effetto (probabilmente riuscito) è stato quello di turbare i sentimenti di chi «crede e spera». Quanto meno il servizio ha rivelato una mancanza di stile e di rispetto che dovrebbe prevalere in certe circostanze, anche in un giornale che esalta il valore della laicità in ogni ambito sociale e politico Arrigo CanzaniSesto Fiorentino (Fi)L’intervento del Cardinale Antonelli sul «Caso Cantini» (testo integrale) permette di valutare «con realismo e equilibrio» tutta la vicenda che è, e resta, grave e dolorosa per le persone offese, ma anche «per la Chiesa fiorentina e particolarmente per i tanti sacerdoti che la servono con generosità e limpido amore».Il nostro pensiero è già stato espresso sul n. 15, ma ora ci sembra giusto dare spazio a questi lettori che esprimono il sentire della gente comune ed evidenziano alcuni aspetti che meritano una riflessione.Il primo attiene al giorno in cui «la Repubblica» ha dato fiato alle trombe, e anch’io mi domando, se la scelta del giorno di Pasqua sia stata determinata solo dall’urgenza «di dover riferire la verità a tutti i costi». Credo sia stata invece una tempistica studiata per alimentare quel clima di polemica e di discredito nei confronti della Chiesa, legato certamente alle recenti prese di posizione su alcuni temi etici. E questo oggettivamente preoccupa.Non credo poi, che si possa affermare, come si è scritto, che «nessuno, tranne i giornali, sembra dare importanza e dire una parola di sostegno e solidarietà alle vittime». La gente gli è vicina e si ritrova e approva le parole forti del Cardinale che parla di «misfatti», «di sofferenza e anche di giusta ira», «del loro diritto alla solidarietà e al sostegno spirituale da parte di tutta la comunità cristiana». Certo, quanto accaduto in quegli anni lontani non può essere cancellato: sono le terribili conseguenze del peccato, di cui ci rendiamo conto con dolore e anche con tremore.C’è poi un altro aspetto che viene evidenziato: sono «le maliziose incomprensioni, le espressioni insinuanti che colpiscono istituzioni e persone, spesso con intenti che nulla hanno a che fare col giusto desiderio di chiarezza e di giustizia. E tutto quel chiacchierio… sacro e profano che sempre circonda queste vicende. Non si basa su responsabilità specifiche, che semmai dovrebbero approdare nelle sedi appropriate, ma finisce per determinare ferite che lasciano il segno anche per lungo tempo.