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Scisma d’oriente: ricordare, non celebrare
Credo invece che a partire da quella data che ha segnato l’inizio di una storia divisa e conflittuale si debbano riprendere le fila di un discorso che costituisca una nuova storia. Quella che ha avuto origine con il “Tomos agapes” (il “Libro dell’ amore”) scritto a due mani dal Patriarca ortodosso Atenagora I e dal Pontefice romano Paolo VI. Un libro in cui è segnata la prima pagina dall’immagine di un abbraccio tra i due uomini di Dio, profeti del nostro tempo (5 gennaio 1964) e nel quale è scritta in greco e in latino la revoca delle scomuniche (7 dicembre 1965). Questa seconda storia, con l’accelerazione dei tempi e la spinta dello Spirito, non dovrà durare il tempo della divisione (950 anni ad oggi), ma dovrà pur sempre rappresentare una storia in cui siano scritte pagine e pagine piene di segni, gesti, parole che parlino di pace, di unità, di comunione. Queste pagine possono essere scritte a più mani, da quelle di Bartolomeo che va in visita a Roma nella festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a quelle del Papa che dona la chiesa in pieno centro di Roma agli ortodossi e riconsegna in dono la Madonna di Kazan ad Alessio Patriarca di Mosca, e dalle mani di cattolici e ortodossi che si stringono nella mutua accoglienza e nel saluto cristiano del Risorto.
E allora perché ricordare una data triste e lontana? Prima di tutto per pregare, per purificare la memoria considerando le colpe ognuno per la sua parte, rimettendo a Dio il giudizio e il perdono, per ravvedersi e tenersi lontani dalla tentazione impulsiva della contrapposizione, per scorgere i segni dei tempi e i richiami dello Spirito, per sentirsi incoraggiati a intraprendere passi sempre più convinti e decisi verso la comunione, cessando di rinfacciarsi accuse e colpe e riscoprendo la comune fede della Chiesa una e santa. Con la nuova storia contrassegnata dal cammino ecumenico scompariranno dal volto della Chiesa rughe e cicatrici provocate dalle ferite che le hanno inflitto i suoi figli maggiori, lasciando nella desolazione i piccoli e i deboli. Ricordare il 1054 significa anche ringraziare Dio perché quello stile ecclesiastico di inizi del secondo millennio è stato superato da una maggiore comprensione della carità nella verità. Da sola, infatti, la verità o la presunta propria verità, senza la carità, come afferma San Paolo, a nulla serve.