Pisa
«Scienza Pastorale Ministero». Il cardinale Pietro Maffi a Pisa tra Leone XIII e Pio XI
«[Il card. Maffi] dovrà certo arrossire d’aver intavolato così male il problema, che gli dà tali risultanze. Come diventano piccoli certi uomini, che si credono grandi! E come senza volerlo si manifestano! Altro che modernismo!»
Queste prime note condensano però buona parte dei temi che verremo enucleando. Ma è innanzitutto necessario focalizzare brevemente l’attenzione sui primi quarant’anni di vita del Nostro, perché è lì che affondano le radici molti degli atteggiamenti degli anni dell’episcopato pisano. Cercheremo comunque di restare lontani dal pericolo, evidenziato a suo tempo da Silvano Burgalassi, proprio relativamente al cardinale pisano, di cadere nell’apologia e nella retorica
Nella riorganizzazione degli studi operata da Riboldi all’interno del seminario pavese, Maffi tiene per tutto l’ultimo ventennio del secolo l’insegnamento di fisica e storia naturale: sono questi gli anni degli studi astronomici, degli scritti scientifici di carattere divulgativo (uno su tutti, Nei cieli: pagine di astronomia popolare, con cinque edizioni tra il 1896 e il 1928), dei contatti con l’osservatorio astronomico di Brera e con la Specola vaticana. L’abbrivio per i suoi interessi filosofico-scientifici, o forse la giustificazione per una predisposizione naturale in tal senso, viene fornito a Maffi, ma non solo a lui, proprio in limine all’inizio del suo apostolato, dall’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII. L’anno è il 1879, papa Pecci è da poco sul soglio di Pietro, ma già persegue con sicurezza un obiettivo preciso: fornire ai cattolici l’apparato concettuale e ideologico’ per confrontarsi positivamente con la modernità, lasciandosi alle spalle le chiusure e le sterili contrapposizioni del periodo piano. Gli strumenti vengono offerti dalla ripresa del tomismo e proprio l’enciclica è indirizzata in tal senso, con un’apertura al mondo della ricerca e, pur entro certi limiti, ai portati del progresso scientifico. Ampi settori, laici ed ecclesiastici, del mondo cattolico vi leggono una ventata di novità e si impegnano a fondo in tal senso, ma è soprattutto con la Rerum novarum del 1891 che il movimento cattolico riceve il definitivo impulso dall’alto che consente di dispiegare un’azione a largo raggio, come era nelle intenzioni dello stesso pontefice, impegnato in quella restaurazione cattolica della società, il cui approfondimento molto deve agli studi di Giovanni Miccoli e di Daniele Menozzi. Giuseppe Toniolo, docente di Economia politica a Pisa dal 1883, invita Maffi al primo convegno scientifico dell’Unione cattolica per gli studi sociali da lui fondata, convegno che si tenne a Genova nel 1892. Da quella data, inizia un rapporto mai intermesso, fino alla morte di Toniolo, nel 1918. Maffi infatti è figura centrale nella costituzione della Società cattolica italiana per gli studi scientifici, che vede la luce nel 1899, e che lo ha tra i suoi cinque presidenti, per la sezione di studi fisici, naturali e matematici. L’anno successivo, ecco la Rivista di fisica, matematica e scienze naturali, che dirigerà sino all’ultimo numero, uscito nel 1912. Negli ultimi anni pavesi, Maffi entra in contatto anche con un’altra figura centrale del cattolicesimo primo-novecentesco: Agostino Gemelli ricorda di averlo incontrato quando era studente di medicina a Pavia e che Maffi lo coinvolse in qualità di collaboratore della sua rivista; a Maffi Gemelli attribuisce pure la conoscenza di Toniolo, il quale sul letto di morte lascia al frate francescano, a mons. Francesco Olgiati e ad Armida Barelli il compito di dar vita ad un’università cattolica come strumento della salvezza del popolo italiano
L’incontro, non si sa quanto retrospettivamente mitizzato, con il giovanissimo Giovanni Gronchi sul treno che lo portava a Pisa per il suo ingresso in diocesi; quello, ben documentato dalla caduta della giunta comunale, con il sindaco di Pisa all’arrivo in stazione; si tratta di due eventi che ipostatizzano in maniera appropriata due momenti forti del suo episcopato: il sostegno al movimento cattolico organizzato e i non sempre facili rapporti con le autorità cittadine, che dovevano barcamenarsi tra le timide aperture e gli opposti veti di liberali, repubblicani e democratici di appartenenza massonica. Tipico l’episodio dell’offerta da parte di Maffi di un monumento da erigersi per celebrare Galilei nel 1922, episodio che causò le dimissioni del sindaco Pardi e dei consiglieri liberali, che avevano sostenuto il progetto, e l’inedito saldarsi dei fronti contrapposti repubblicani-democratici, come ha ben ricostruito Mario Andreazza
L’attività pastorale si caratterizza fin da subito per quella tensione, ancora tridentina, ma di un tridentinismo rivisto e corretto secondo l’uso lombardo-borromeano, che Maffi, formatosi a Pavia, non poteva non aver inoculato
La fondazione nel 1905 del Giornale di Pisa, poi Vita nova e quella del Messaggero toscano qualche anno più tardi si collocano senz’altro su questa scia, e abbiamo visto in apertura come vi fossero state frizioni anche con il Vaticano proprio su questi temi. La contrapposizione di consumava all’interno del confronto-scontro tra i giornali integralisti, facenti capo all’Unità cattolica di Firenze, giornali che tenteranno di colpire duramente lo stesso arcivescovo in anni di fobia anti-modernista; e i giornali cosiddetti di penetrazione, con in testa l’Unione cattolica di Milano e in particolare il famoso trust del conte Giovanni Grosoli Pironi
Sulla scia di Grosoli, dell’Opera dei congressi, delle iniziative assistenziali delle organizzazioni cattoliche, ma anche per intimo convincimento personale, Maffi si fa promotore di una miriade di iniziative che vanno nel senso di un rafforzamento dell’associazionismo cattolico: l’Opera a lui dedicata per gli asili infantili; le casse rurali, quelle operaie, quelle di mutuo soccorso contro la pratica dell’usura; le nuove chiese di Marina e di San Pietro in Palazzi. Ma le fila di tutti questi rivoli non le può tenere solo lui in qualità di arcivescovo: è il clero tutto che deve cooperare con il suo presule, quel clero che, in un’allocuzione pronunciata davanti ai chierici del Seminario di Fermo il 10 agosto 1914, definisce granum frumenti. Tutti i sacerdoti sono frumento di Cristo, il grano eletto e salutare, destinato al nutrimento ed alla vita dei popoli
Ma è in particolare sulla formazione che Maffi insiste ed opera, lui che viene dall’esperienza pro-rettorale del seminario pavese. Innova dunque ampiamente il cursus studiorum del pisano Seminario di santa Caterina, applicando fin da subito le indicazioni di Pio X volte a separare definitivamente la formazione dei chierici da quella degli alunni esterni, ponendo fine al secolare sistema dei seminari-collegi, e a convogliare tutta la formazione sacerdotale, fino ad allora multiforme, verso l’unica istituzione seminariale. I chierici esterni non sono e non saranno che eccezioni, sentenzia Maffi nel suo discorso in occasione dell’inaugurazione degli studi nel 1905
Possiamo dire che oramai la gran parte degli aspetti del modernismo sono stati sviscerati dalla recente storiografia, a partire dagli studi pionieristici (e pre-conciliari) del compianto Pietro Scoppola sino ad arrivare a quelli del Centro studi di Urbino diretto da Lorenzo Bedeschi, anche lui da poco scomparso. E’ tanto più importante richiamare comunque una sorta di terza via, che pare quella adottata da Maffi, tra l’intransigentismo degli ambienti romani e le turbolenze più o meno manifeste di una parte, pur esigua, del clero italiano. Così come la recente storiografia invita a riflettere e distinguere sui personali convincimenti dell’episcopato dell’epoca, espressi come nel caso di Maffi nella corrispondenza privata, e l’atteggiamento tenuto pubblicamente. Le visite apostoliche compiute dai delegati di Pio X in diocesi di Pisa, studiate da Giovanni Vian, documentano pur esse un arcivescovo teso più al recupero dolce e persuasivo del clero in via di traviamento, piuttosto che alla condanna e all’allontanamento, fonte di scandalo e a volte di fuoruscita dall’ambito ecclesiale. Non fu, la seconda parte del pontificato di Pio X, periodo facile e sereno sia per lui sia per il suo clero. Maffi, accusato dai giornali intransigenti di modernismo, e come lui, e più ancora di lui il confratello Andrea Carlo Ferrari, arcivescovo di Milano (ora, per inciso, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1987), ma anche Pulciano a Genova, Svampa a Bologna, si trovano in situazioni a volte imbarazzanti, e a loro la Santa Sede guarda con sospetto e francamente con scarsa simpatia, come documentato in apertura del nostro contributo. Eppure Maffi è netto, Comunicando la enciclica «Pascendi» al clero di Pisa e San Miniato (di cui era amministratore apostolico): pietre fondamentali della Chiesa sono la parola dei vescovi, le decisioni delle congregazioni, la Tradizione dei Padri e della Scuola, le Sante Scritture; pietra angolare è il pontefice
Quattro anni dopo, torna sul tema, comunicando il motu proprio papale sul giuramento anti-modernista, rinfrancato dall’aver ottenuto tale impegno da tutti i sacerdoti della diocesi. Significativamente, lega il modernismo al giansenismo: entrambi condannati solennemente dalla Chiesa, ma non ipso facto escludenti dalla comunione ecclesiale. Nella storia della Chiesa, infatti, si è potuto essere simpatizzanti del giansenismo senza per questo considerarsi fuori dall’istituzione: un’eresia condannata è un esercito sconfitto [scrive]; ma sconfitto non vuol dire distrutto né scomparso
Maffi resta comunque fortemente preoccupato del fatto che le sanzioni papali possano essere malamente interpretate: eccolo dunque tornare con insistenza sulla necessità di comprendere che Pio X non ha inteso con i suoi atti mettere a tacere gli studi, piuttosto ha invitato alla moderazione, alla prudenza e al rispetto della tradizione scolastica neo-tomista. Di nuovo, e in maniera tranchante, il nostro presule individua l’origine di tutto il male in quella genealogia degli errori che prende corpo nel primo Ottocento e che troverà la sanzione definitiva nel Sillabo piano del 1864. Maffi, diversamente però dalla tradizione canonica che fa scaturire tutto il male dalla Rivoluzione francese, la retrodata di circa due secoli, in linea con i suoi interessi scientifici. E’ dall’epoca della cosiddetta rivoluzione scientifica, quella che ha tra i suoi protagonisti Galilei, per intenderci, è da tre secoli [che] si lotta per far sola sovrana la ragionee invece si è sempre andati incontro a continui fallimenti. Da qui, attraverso il cruento passaggio della rivoluzione di fine Settecento e poi l’evento orribile della Comune parigina del 1871, di cui avrà senz’altro inorridito in seminario, una volta entrato, insieme agli altri chierici, nascono i mali della società contemporanea: sono temi che ritornano quasi ossessivamente in molti luoghi dei suoi scritti, laddove insiste anche in modo macabro sugli efferati atti compiuti in quelle occasioni e sull’odio fomentato nei confronti della religione e del clero. Il sistema non vi è nuovo, vi è anzi famigliare: ricordate l’uso che n’avete fatto nelle rivoluzioni di Francia; Danton sale il patibolo e là aspetta Robespierre. Suicide le rivoluzioni: così nella lettera pastorale del 1910
Come si coniuga questa critica forte dello statalismo con il patriottismo tradizionalmente attribuito a Maffi e con la sua vicinanza alla Casa regnante? Direi con la sottomissione dello Stato alla Chiesa, con la preminenza di quell’instaurare omnia in Christo, che fu la cifra del pontificato di Pio X, e che sarà ripreso da Pio XI sotto la forma della regalità di Cristo nel 1925, che vede ben due interventi di Maffi, uno per l’anno santo, l’altro per presentare ai diocesani l’enciclica piana Quas primas dell’11 dicembre di quell’anno
Lo testimonia una delle lettere pastorali più citate e significative, quella del 1920, dall’altrettanto significativo titolo di Restaurazione. Restaurare un mondo che è da poco uscito dalla tragedia della guerra; che si dibatte nelle violenze del cosiddetto biennio rosso; che ha visto inverarsi il timore del socialismo reale. E quale il filo ideale al quale Maffi si riallaccia in apertura del suo scritto pastorale? Proprio il programma piano di inizio pontificato. Di fronte alla sempre più massiccia partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, lui uomo di un altro secolo, pur aperto alle novità, sembra ritrarsi spaventato: scrive infatti di temere le istituzioni senza virtù, e in particolare le rappresentanze del popolo nelle amministrazioni, nelle aule legislative, nelle sale severe della giustizia
Il tema della destabilizzazione del quadro sociale torna quasi ossessivo negli scritti di Maffi, come nella lettera pastorale di inizio 1923, a pochi mesi dalla Marcia su Roma. L’obiettivo da centrare per lui è quello del ripristino di una fonte autoritativa, meglio la Chiesa, se proprio si deve lo Stato, ma sotto la guida della Chiesa. Non c’è più autorità [
] divisa tra tutti, naturalmente l’autorità rimase poca e piccola per ciascuno [mentre] è da Dio che dipend[e] ogni autorità
La strategia di riavvicinamento allo Stato liberale, o forse ancor di più alla monarchia come elemento unificante della patria, può esser fatta risalire in Maffi agli anni precedenti lo scoppio della Grande Guerra. Quel che è certo è che, sia per l’impresa libica del 1911, sia per il coinvolgimento del paese nel 1915, l’arcivescovo si pone apertamente dalla parte dei neutralisti cattolici alla Grosoli, per intenderci, che sostengono fattivamente il governo una volta deciso l’intervento. Soldati, partite! Vi accompagnano le preghiere nostre e il nostro amore: il Signore è con voi; sieno con voi le sue vittorie, è l’auspicio e la benedizione di sapore vetero-testamentario con la quale Maffi accompagna le truppe che partono per la Libia
Del resto, immagini e metafore militari e militaresche ricorrono spesso negli scritti del Nostro. E pare che D’Annunzio stesso abbia dedicato proprio a Maffi alcuni versi tratti dalla sua Merope: Ma pur ieri / tuo Vescovo il cor di Daiberto / balzò, verso i trofei de’ Cavalieri
Tornando al clima bellico vero e proprio e all’atteggiamento dei cattolici nei confronti del conflitto, non stupisce che Maffi, Comunicando la prima enciclica del S. Padre Benedetto XV il 17 novembre 1914, liquidi piuttosto velocemente il tema del dolore del pontefice per lo scoppio della guerra per passare invece a trattare della guerra interna alla società nei contatti e nei contrasti delle classi, e persino nel segreto delle famiglie
Pur nelle contrapposizioni all’interno del fronte cattolico, pur con tutti i distinguo circa i metodi ecclesiastici di controllo del clero, pur con differenti visuali relativamente agli utilizzi del movimento cattolico, il faro che illumina costantemente le riflessioni pastorali di Maffi, dall’inizio alla fine del suo episcopato, oltre naturalmente al fare di Cristo il centro di ogni vita cristiana, è la devozione al papa
Due temi di fondo accompagnano infine le riflessioni pastorali di Maffi durante tutto l’arco del suo episcopato: l’attenzione al laicato e alle sue forme di organizzazione; l’istruzione e l’educazione religiosa come base del farsi cristiano dell’individuo. Abbiamo in più punti accennato al diretto coinvolgimento del presbitero prima e dell’arcivescovo poi, in qualità di organizzatore, di consigliere, di mediatore, all’interno di quel variegato movimento cattolico che va da Toniolo a Grosoli a Murri al giovane Gronchi. Già commentando l’enciclica piana Il fermo proposito, relativa alla riorganizzazione dell’Azione cattolica, Maffi chiama a raccolta i laici cattolici perché siano i veri, i primi, i più efficaci coadiutori del progetto dell’instaurare omnia in Christo. Naturalmente sempre sotto la guida dei sacerdoti e dei vescovi che però, proprio perché elevati sopra gli altri uomini, devono mantenersi alieni dall’immischiarsi negli interessi materiali, limitandosi alla direzione e al controllo delle iniziative laicali
Per tale coesione, punto focale rimane però la libertà di insegnamento, la formazione dei piccoli e dei giovani in un contesto nel quale la religione non venga osteggiata, ma riverita e ossequiata. In più luoghi ritorna negli scritti di Maffi la rivendicazione dei meriti della Chiesa in campo educativo, meriti che invece dall’Unità in poi sono stati sempre più misconosciuti. Meglio avere degli analfabeti, che degli alfabetismi (passi in nome) che abbiano imparato a leggere su un libro di Chiesa, è il salace commento del Nostro nel momento in cui ripercorre i vulnera portati dallo Stato liberale alle istituzioni educative cattoliche
Concluderei tornando all’inizio. All’inizio dell’episcopato di Maffi a Pisa e a quella prima lettera che inviò ai suoi nuovi diocesani da Ravenna, il 15 agosto 1903, e dove è racchiuso in un certo senso il fulcro del suo programma pastorale. Agostino Riboldi viene individuato in apertura come il nume tutelare dell’apostolato di Maffi a Pisa: e questo significa, lo ripetiamo, pur in una linea di sostanziale intransigentismo, un’apertura al mondo degli studi, al sociale, alle organizzazioni cattoliche. Il neo-arcivescovo prende poi spunto dalla posizione della cattedra primaziale tra Battistero e Camposanto per sottolineare la centralità del vescovo come punto di congiunzione tra la nascita e la morte, tra la terra e il cielo. E questa elevata consapevolezza del suo ruolo, più volte richiamata, ha fatto giustamente evocare a Cinzio Violante, nella prefazione agli atti del primo convegno su Maffi, tenutosi a Pisa nel 1982, un atteggiamento ierocratico dello stesso
1 Vian, 622.
2 Vian, 622n.
3 Fliche-Martin, XXII/1, 156.
4 Prefazione a F. Ingrasciotta, 7.
5 Vian, pp. 856-870.
6 Vian, 356n. Proprio Giuseppe Sarto, allora patriarca di Venezia, tra il 1902 e il 1903, ricorderà Riboldi come «un vescovo esemplare dello stampo antico, un apostolo, un amico dolcissimo», con espressioni ben differenti rispetto a quelle riservate un decennio più tardi al suo discepolo prediletto.
7 A. Gemelli, Prefazione a P. Stefanini, XII.
8 Così in P. Stefanini, p. 42.
9 M. Andreazza, Pagine di storia pisana (il cardinale Maffi e Galileo Galilei), Pisa 1969.
10 G. De Luca, ad vocem, in Enciclopedia italiana, XXI, Roma 1934. Gli farà eco anni dopo il successore sulla cattedra pisana Benvenuto Matteucci: Maffi è stato il più completo vescovo della prima metà di questo secolo, per la vastità multiforme della sua cultura, per le sue qualità umane, umanissime, per le sue iniziative, citato in F. Ingrasciotta, p. 96.
11 Del resto, fu Maffi a pronunciare in duomo a Milano il discorso in occasione del centenario della canonizzazione, l’8 settembre 1909, invitato dal card. Ferrari, in PM, I, San Carlo Borromeo, pp. 337-354.
12 PM, I, Prima visita pastorale, 1904.
13 Da Pio X l’11 dicembre 1904.
14 PM, I, Dopo la prima visita pastorale, lettera pastorale del 1908, p. 97.
15 PM, I, Dopo la prima visita pastorale, lettera pastorale del 1908, pp. 99-100.
16 PM, I, La ss. comunione frequente e quotidiana e la prima comunione dei fanciulli, lettera pastorale del 1911, p.
17 PM, I, Dopo la prima visita pastorale, lettera pastorale del 1908, p. 101-102.
18 Ne accenna L. Righi, Una porpora prestigiosa, Fiesole 1978, passim.
19 PM, II, Per il giornalismo cattolico in Italia, 4 aprile 1915, p. 351.
20 Ibidem, pp. 366-367.
21 PM, II, Il prete granum frumenti, 10 agosto 1914, p. 597.
22 Pisanae Ecclesiae Synodus XI, SEI, Torino 1921. Alla conclusione del sinodo, la diocesi verrà divisa in 21 vicariati foranei e la città in 4, secondo le indicazioni tridentine.
23 PM, II, Per la difesa del clero. Nell’adunanza per la Federazione delle associazioni del clero, tenuta in Pisa il 2 ottobre 1917, p. 624. Il quarto congresso dell’associazione sarà nuovamente celebrato a Pisa nel 1925. Cit. A. Erba.
24 PM, I, Inaugurazione degli studi nel Seminario di Santa Caterina, 10 gennaio 1905, p. 390.
25 Ibidem, p. 393.
26 Ibidem, pp. 396-397.
27 Ibidem, p. 399.
28 PM, I, Comunicando la enciclica «Pascendi» (al clero di Pisa e San Miniato), 12 dicembre 1907, p. 418.
29 Ibidem, p. 417.
30 Ibidem, p. 420.
31 PM, I, Il motu-proprio «Sacrorum antistitum», 28 gennaio 1911, p. 427.
32 Cit. P. Prodi, Il sacramento del potere.
33 PM, I, Comunicando la «Exhortatio ad clerum», 22 settembre 1908, p. ??.
34 PM, I, Chi sono-Chi siamo, lettera pastorale del 1910, pp. 124 e 133.
35 Cfr. F. Traniello, Rosmini, Manzoni e la Rivoluzione francese, in Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di Pietro Scoppola, a cura di C. Brezzi, C.F. Casula, A. Giovagnoli, A. Riccardi, il Mulino, Bologna 2002, pp. 19-31.
36 PM, I, Difendete Gesù, lettera pastorale del 1905, p. 61. Ancora nella pastorale del 1909, Per una chiesa a Marina [di Pisa], richiama quel triste paese che si dibatte ora in prostrazioni umilianti proprio perché ha allontanato la Chiesa da sé, in PM, I, p. 111
37 PM, II, I confini delle persecuzioni, lettera pastorale del 1912, pp. 37-39. Contro gli ebrei lancia i soliti anatemi: fu rovina di libertà, di dignità e di patria per voi (e lo sarà lungo i secoli per tutti) l’odio a Gesù, p. 16.
38 PM, II, Moniti del centenario costantiniano, lettera pastorale del 1914, p. 91. Maffi apre sottolineando il discrimine tra paganesimo e cristianesimo: per la Grecia e per Roma l’uomo era fatto per lo Stato, il cittadino per la patria, la novità di Cristo fu l’aver diffuso il messaggio che sopra il regno di Cesare [vi era] un altro regno non de hoc mundo, pp. 85-86.
39 PM, III, Per l’Anno Santo 1925 e Perché Cristo regni, rispettivamente alle pp. 677-696 e 755-782.
40 PM, I, Imitazione di Gesù, lettera pastorale del 1904, pp. 46 e 49.
41 PM, III, Restaurazione, lettera pastorale del 1920, p. 7.
42 PM, III, Ai fedeli per gl’infedeli. Missioni, lettera pastorale del 1921, p. 52.
43 Ibidem, p. 60.
44 PM, III, Restaurazione, lettera pastorale del 1920, p. 28.
45 PM, II, La propaganda della corruzione, lettera pastorale del 1916, pp. 131-132. Mette anche in guardia dal porre sullo stesso piano islamismo e cristianesimo, approfittando del momento di destabilizzazione dell’Impero ottomano sotto i colpi delle potenze occidentali.
46 PM, III, Espiazioni, lettera pastorale del 1923, pp. 131 e 135.
47 Ibidem, p. 136.
48 PM, III, Il Crocifisso ritorna, lettera pastorale del 1924, pp. 159-160.
49 PM, III, quinto: Non ammazzare, lettera pastorale del 1925, p. 220.
50 M. Andreazza, Alle origini del movimento cattolico pisano, pp. 190-202. Sulla biblioteca e sull’archivio maffiani, cfr. G. Rossetti, Il cardinale Pietro Maffi, arcivescovo di Pisa, la sua preziosa biblioteca e il suo progetto di un monumento a Galileo, in Galileo e Pisa, a cura di R. Vergara Caffarelli, pp. 99-120.
51 Primo: Non avrai altro Dio , lettera pastorale per la quaresima del 1929, SEI, Torino 1929.
52 PM, III, Un’esclamazione e un proverbio, lettera pastorale del 1926, p. 226.
53 PM, II, Alle truppe partenti per la guerra libica, Pisa, chiesa dei Cavalieri, 11 ottobre 1911, p. 633.
54 PM, III, Il Crocifisso ritorna, lettera pastorale del 1924, p. 165.
55 PM, II, Per il trionfo delle nostre armi, Pisa, chiesa di San Francesco, 11 luglio 1915, p. 645.
56 PM, III, Al Te Deum della vittoria nella Primaziale di Pisa, 10 novembre 1911.
57 G. D’Annunzio, Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi. IV: Merope. La canzone dei trofei, 10-12, Mondadori, Milano 1964.
58 PM, I, Difendete Gesù, lettera pastorale del 1905, pp. 58 e 69.
59 PM, I, Epistola pastoralis ad clerum suum, 15 agosto 1903, pp. 22, 24, 26.
60 PM, II, Comunicando la prima enciclica del S. Padre Benedetto XV, 17 novembre 1914, p. 283.
61 E che continuano anche nel dopoguerra, vedi la pastorale del 1919, in PM, II, Per la dignità della parola e della vita, contro la bestemmia e il turpiloquio, p. 239.
62 PM, II, A offese di parole risposta di opere, lettera pastorale del 6 gennaio 1917, p. 197.
63 Ibidem, p. 192.
64 Ibidem, p. 201. Anche nella pastorale dell’anno prima, l’invito all’azione per i cattolici era stato netto: il male è audace perché i buoni sono timidi e troppe volte anche vili, in PM, II, La propaganda della corruzione, lettera pastorale del 1916, p. 170.
65 Cfr. A. Zambarbieri, La devozione al papa, in Fliche-Martin, XXII/2.
66 PM, I, Il papa, omelia, 1908, p. 259.
67 Ibidem, p. 263. Il richiamo ai fatti destabilizzanti del 1907 è esplicito nello svolgimento dell’omelia: l’anno precedente si è sentito in dovere di trattare il tema secondando il richiamo di diversi fatti, sorti e svolti in mezzo a noi [ ] Altri fatti d’altro ordine, ma ancora intimi a noi impongono ora di ritornarvi, p. 258. Di nuovo, nell’Indirizzo al S. Padre nel ricevimento del pellegrinaggio toscano, del 10 ottobre 1908, richiamando molti di pronunciamenti pontifici (Il fermo proposito del 1905, la Pascendi, la Exhortatio), ribadisce la sottomissione e l’obbedienza del popolo e del clero pisani, condannando duramente gli spiriti superbi che la disciplina [ ] volevano infranta, ibidem, p. 446.
68 PM, III, Il papa, lettera pastorale del 1913, pp. 50 e 63.
69 PM, I, Comunicando l’enciclica sull’Azione Cattolica, 5 luglio 1905, p. 462.
70 S. Burgalassi, Conclusioni, in M. Andreazza, Una pagina di storia pisana, ETS, Pisa 1997.
71 PM, I, Discorso inaugurale alla Settimana sociale di Pistoia, 23 settembre 1907, pp. 465, 467, 469, 471. La Pascendi viene promulgata l’8 di quello stesso mese.
72 PM, III, Il Crocifisso ritorna, lettera pastorale del 1924, p. 171.
73 F. Traniello, Religione cattolica e Stato nazionalePrefazione a C. Sagliocco, L’Italia in seminario.
74 PM, III, Il Crocifisso ritorna, lettera pastorale del 1924, p. 187.
75 PM, II, Due righe di catechismo, lettera pastorale del 1915, p. 123. Già nella pastorale del 1907, l’arcivescovo aveva sottolineato che l’educazione religiosa deve iniziarsi in famiglia, per poi continuarsi nella scuola, PM, I, Istruzione religiosa. Ma vedi pure quella dell’anno precedente, ibidem, Date Dio ai bambini, lettera pastorale del 1906.
76 C. Violante, Prefazione, p. VII.