Vita Chiesa

SCienza e fede, domande sull’infinito

“Il tema dell’infinito è quasi una sfida all’intelletto umano. L’uomo, infatti, è limitato, come lo sono i suoi strumenti di conoscenza, ma si trova immerso in un mondo fisico che gli appare infinito, sia nelle dimensioni che nella struttura logica”, e se “per alcuni l’immensità del cosmo è prova della grandezza di Dio, per altri non è che la constatazione dell’insignificanza dell’uomo”. Così il presidente del Pontificio Consiglio della cultura, card. PAUL POUPARD, inaugurando il 9 novembre a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, i lavori del congresso internazionale “L’infinito in scienza, filosofia e teologia”. L’incontro è promosso nell’ambito del programma di ricerca “Stoq” (Science, theology and ontology quest) finanziato dalla Templeton Foundation, coordinato dal citato dicastero vaticano e al quale partecipano le Università Lateranense e Gregoriana, e l’Ateneo “Regina Apostolorum”. Avviato nel 2003, in 2 anni di attività il progetto ha finora coinvolto oltre 650 fra studenti e docenti di 56 nazioni.

BANCO DI PROVA. “Il rapporto tra scienza e fede – ha affermato mons. GIANFRANCO BASTI, docente di metafisica alla Lateranense e direttore del programma Stoq – interroga l’umanità, indipendentemente dal credo religioso, e nel mondo accademico si sta facendo strada la consapevolezza che per troppo tempo i campi della ricerca teologica e di quella scientifica sono rimasti indifferenti l’uno all’altro”. Eppure, per il card. Poupard, proprio la questione dell’infinito “è un banco di prova per i rapporti tra scienza e fede tra le quali, in quanto forme di conoscenza, non può esservi contraddizione”, a patto che “esse osservino le rispettive epistemologie”.

“Le contraddizioni appaiono – ha rimarcato il cardinale – quando l’una o l’altra sconfina nel campo altrui. La scienza non può smentire una verità di fede, perché sono verità di ordine diverso; ma può aiutarci, e molto, a capire meglio ciò che Dio ha detto, o a leggere sotto una luce nuova passi della Scrittura finora interpretati letteralmente”.La fede, da parte sua, “non dice alla scienza come deve investigare”, ma “rivela ciò che la scienza non può trovare, il senso dell’esistenza, della sofferenza e della morte”.Una prospettiva in cui, per il card. Poupard, si inserisce anche la “domanda sull’infinito”, che “rimanda necessariamente a Dio” e “non è una questione intellettuale, ma dell’uomo intero” perché in essa “si gioca la sua vita”. L’ETÀ DELL’UNIVERSO. Per padre GEORGE V.COYNE, direttore dell’Osservatorio vaticano, “è umanamente difficile immaginare l’immensità dello spazio e del tempo” e l’unico parametro utilizzabile è quello, “relativo, dell’età dell’universo, 13,7 miliardi di anni”.Rapportando tale “età” a un anno terrestre, e immaginando di conseguenza che “il Big Bang abbia avuto luogo il 1° gennaio, soltanto dopo la nascita della Via Lattea (7 febbraio) e della terra (14 agosto), il 4 settembre, e cioè dopo tre quarti dell’esistenza dell’universo, sono comparsi i primi esseri viventi”. Per gli uomini occorre addirittura attendere la data convenzionale del 31 dicembre, cioè l’ultimo giorno: dato che, secondo l’astronomo, “dimostra la progressiva accelerazione dell’espansione dell’universo, formato da circa 100 miliardi di galassie, ognuna delle quali contiene al proprio interno 100 miliardi di stelle”.Grandezze e quantità che sfuggono alla finitezza della mente umana ma che non giustificano il tentativo, “che è l’esatto opposto dell’intelligenza dell’uomo, di riempire con Dio i vuoti delle nostre conoscenze scientifiche sull’evoluzione”. “Dio – ha affermato Coyne – è il creatore dell’universo che non può esistere indipendentemente da Dio, ma che non è Dio”. No, dunque, “al creazionismo diffuso soprattutto in America”, come pure “al panteismo o al naturalismo”.

FINITO E INFINITO. “L’infinito è un potenziale che non può essere mai raggiunto ma del quale non vi è bisogno in matematica, disciplina nella quale esistono numerosissime, ma finite, combinazioni di punti, linee e oggetti; l’avvento del computer ha mostrato la distinzione tra il finito, calcolabile nella vita reale, e l’infinito che rimane inafferrabile” ha sottolineato ENRICO BOMBIERI, matematico dell’Istituto di studi avanzati di Princeton (Usa), secondo il quale “sarà il tempo a dire se la questione verrà risolta o meno”.

Per EDWARD NELSON, matematico dell’Università di Princeton, “la sequela dei numeri rappresenta l’immagine più semplice dell’infinito, ma in aritmetica esistono almeno due modi diversi di guardare ai numeri: come a un infinito completato o come a un infinito incompleto”. Il secondo offre “un’interessante e percorribile alternativa al primo, che invece porta a grandi semplificazioni in diverse aree della matematica contemporanea”. Occorre, inoltre, ha concluso Nelson, “precisare meglio la definizione di finito”.a cura di Giovanna Pasqualin Traversa