Toscana
Scalfaro: anche nelle piazze si gioca la vocazione laicale
Ottantacinque anni, una vivacità fisica e intellettuale sorprendenti. Una vita spesa con intensità, «affidata alle mani di Dio» e, aggiunge indicando una statuetta, la stessa che tenne sulla scrivania al Quirinale, «a quelle di Maria». Parliamo con Oscar Luigi Scalfaro dei cattolici alle manifestazioni contro la guerra.
Che cosa prova nell’incontrare tanta gente che nelle piazze chiede la pace?
«È la gioia di un anziano nel vedere anche moltissimi giovani che sentono il desiderio di esprimere sulle strade e nelle piazze il loro rifiuto alla guerra. Scelgono questi luoghi perché qui si riassume in modo visibile la vita della città. Questa presenza vuole anche dire che i giovani comprendono il valore della Pace e questo è un grande segno».
Ma basta «esserci»?
«Ovviamente no. A questo riguardo penso a coloro che hanno la responsabilità dell’educazione delle nuove generazioni. Una educazione autentica non può, non deve escludere la specifica formazione all’essere cittadino. Se così non fosse dovremmo avere tutti qualche grave preoccupazione…».
Un rimprovero a chi forma oggi le nuove generazioni?
«Non un rimprovero ma un invito a non scoraggiarsi, a non dimettersi dall’impegno di educare. Sono ben consapevole della fatica e della pazienza che questo comporta oggi nelle famiglie, nella scuola, negli ambienti di lavoro, nella comunità ecclesiale. Sono altrettanto consapevole che altri luoghi educativi si sono sostituiti a quelli storici e li mettono a dura prova penso ad esempio ai media. La famiglia per diritto naturale ha anche oggi il dovere di educare e formare, ma non sempre è idonea a formare il cittadino con i suoi diritti e i suoi doveri. Ma questo diritto dovere è certo della Chiesa che deve riprendere con forza questo suo compito essenziale. Non dobbiamo scoraggiarci, il mio vuole essere un invito ad un’educazione che sempre più offra motivi e sostegni perché i giovani assumano maggiori responsabilità nei confronti degli altri».
Vede questi segnali nei cortei?
«Non sempre è tutto chiaro e convincente ed è quindi doveroso distinguere. Credo tuttavia che in queste manifestazioni da cui deve essere assolutamente bandita ogni tipo di violenza vada colto il desiderio sincero e sofferto di pace e di giustizia. Dire che con i cortei non si ferma la guerra significa irridere a scelte che non sono dettate da semplici emozioni e sentimenti. C’è qualcosa di profondo nell’animo di queste persone che il mondo politico ha il dovere di non sottovalutare ma di ascoltare e tenerne conto».
Quindi ha un giudizio positivo sulla presenza dei cattolici…
«Credo che i cattolici, soprattutto i giovani, debbano offrire anche in questi luoghi e momenti una testimonianza coerente con il lievito evangelico. Occorre crescere in questa convinzione vivendo il dialogo con il pensiero laico come momento di annuncio del Vangelo nell’ascolto delle ragioni dell’altro. Occorre scegliere tra l’assenza per il timore di sporgersi o di essere strumentalizzati e la presenza per il coraggio di affermare che la pace è un diritto naturale di ogni uomo e di ogni donna. La fede viene messa alla prova anche in queste occasioni che, ovviamente, non esauriscono la testimonianza dei cattolici ma neppure la fermano in spazi e tempi isolati dal mondo e dalla storia».
Vuole dire che anche qui si gioca la «vocazione laicale» del cristiano?