Un cammino lungo quarant’anni, che ha coinvolto circa settantamila giovani. È la marcia francescana che ogni anno, dal 1980, vede arrivare a piedi ad Assisi migliaia di ragazzi e ragazze da tutta Italia per la festa del Perdono, il 2 agosto.Quella di quest’anno doveva essere la quarantesima edizione: il coronavirus però ha fermato tutto. «La scelta – spiega fra Alessandro, che da diversi anni si occupa dell’organizzazione della marcia per la Toscana – è stata quella di rimandare quest’edizione speciale al 2021». Era stato scelto l’itinerario, che avrebbe dovuto ripercorrere quello della prima edizione, dalla Verna a Assisi, e il titolo: «L’infinitamente buono».Per quest’anno, la previsione è quella di riunire il 2 agosto alcune rappresentanze dalle varie regioni d’Italia, nella festa del Perdono d’Assisi, con collegamenti nelle varie città. Le realtà francescane della Toscana si stanno impegnando per fare comunque iniziative locali con i ragazzi e i giovani.Questa estate senza marcia francescana offre comunque l’occasione per ricordare il modo in cui tutto ebbe inizio, quarant’anni fa. E a far viaggiare la memoria è il vescovo di Grosseto, Rodolfo Cetoloni che all’epoca – l’ordinazione episcopale era ancora di là da venire – era responsabile della pastorale giovanile e delle vocazioni per la provincia toscana dei Frati Minori. «L’idea – racconta – nacque per accompagnare l’offerta dell’olio per la lampada che arde sulla tomba di San Francesco, che quell’anno spettava alla Toscana. Si pensò di ripercorrere a piedi il tragitto dell’ultimo viaggio di San Francesco, dal monte della Verna, dove era stato segnato con le stimmate, fino alla città di Assisi. Era un’idea innovativa: i cammini, i pellegrinaggi a piedi, non andavano di moda come adesso. Ci aspettavamo una trentina di giovani, contro ogni aspettativa ne arrivarono più di 100!»Dopo quella prima esperienza, racconta ancora Cetoloni, «partecipai a una riunione degli animatori vocazionali a Loreto, si parlava delle esperienze estive: avevo con me un fascicolo con le lettere che avevo ricevuto che testimoniavano i frutti spirituali che erano nati».L’anno successivo dunque la Marcia francescana era già divenuta un evento a carattere nazionale, con la partecipazione di gruppi da diverse regioni: fu deciso anche di darsi appuntamento alla Porziuncola il 2 agosto, per la festa del Perdono d’Assisi.Da allora l’esperienza della marcia è cresciuta sempre di più: «Sì cominciò a curare la scelta di un tema annuale, di un inno da cantare tutti insieme. Sì è andato perfezionando lo stile, che può essere quello toscano fatto di tappe lunghe, di fatica fisica, oppure quello adottato in altre regioni che alternano momenti di cammino con soste, ritiri e incontri. In ogni caso, si è sempre trattato di un’esperienza aperta a tutti, anche a chi non ha consuetudine con la vita di Chiesa: a chi, come Francesco, si chiede cosa fare della propria vita e cerca risposte».Un cammino penitenziale, di conversione, come si addice a una marcia che ha come meta finale la richiesta del perdono. Ma anche un cammino festoso, gioioso, nello stile della «perfetta letizia» francescana, fatta di semplicità e di piccole cose, quando anche bagnare i piedi in un ruscello d’acqua fresca fa sentire in paradiso, e una fetta di cocomero offerta da un contadino lungo il sentiero è il regalo più bello del mondo.Una marcia che ha sempre avuto una forte sottolineatura vocazionale: «Ai giovani che partecipano – sottolinea padre Cetoloni – abbiamo sempre chiesto la disponibilità a interrogarsi, e a lasciarsi guardare da Dio. In questi quarant’anni abbiamo visto tante scelte di vita, abbiamo visto maturare vocazioni al matrimonio o alla vita religiosa. Insieme ai francescani sono state coinvolte altre famiglie religiose, i domenicani, i rogazionisti, hanno partecipato parroci con i loro ragazzi, seminaristi. Un momento forte e libero in cui la ricerca di risposte alle grandi domande esistenziali passa attraverso la condivisione della fatica, la gioia di aiutare chi è in difficoltà ma anche l’umiltà di farsi curare le ferite ai piedi dopo una tappa difficile, o di farsi portare lo zaino quando non ci si fa più». Un altro passaggio importante di questi quarant’anni è stato il coinvolgimento delle suore: «Non era scontato in quegli anni – ricorda Cetoloni – in cui la vita delle religiose era molto ritirata. È stata un’esperienza di grande apertura, e un dono grande per tutti».Tornando alle date, nel 1982 la marcia aveva già assunto la sua identità, e coincise con le celebrazioni del Centenario della nascita di San Francesco: i partecipanti erano già 600, destinati ad aumentare. Nel 1989 un altro momento importante: era la decima edizione, e da Assisi i marciatori si spostarono a Castelgandolfo dove il 3 agosto furono ricevuti dal Papa Giovanni Paolo II. «Fu un momento molto bello, ci accolse con grande familiarità» racconta il vescovo di Grosseto.Intorno alla marcia poi negli anni sono nati altri momenti, per tenere vivi i legami. All’inizio ci furono gli incontri mensili al convento di Fiesole, nacquero spettacoli (il classico «Forza venite gente», ma non solo) ma anche missioni popolari o esperienze di contemplazione e servizio, come quella alla Verna dedicata a «Marta e Maria».Ricordi che aprono la porta alla nostalgia, in quest’anno in cui la marcia non ci sarà. «Ma anche le soste – conclude Cetoloni – hanno la loro importanza. Servono a riposarsi, a guardarsi indietro, a studiare meglio il percorso. In maniera da ripartire con più gioia e più entusiasmo di prima!»