Italia

Sant’Egidio, mille giovani alle Fosse Ardeatine. «La violenza non è stata vinta, oggi ha il volto dell’indifferenza»

Presente, oltre al presidente della Comunità di Sant’Egidio, che ha organizzato l’iniziativa, Marco Impagliazzo, e al colonnello Francesco Sardone, direttore del mausoleo, anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ha recitato una preghiera e pronunciato un saluto, ricordando l’anniversario delle leggi razziali italiane del 1938. «Il rabbino ha messo in guardia dal riemergere di nuove forme di antisemitismo e razzismo in Europa, anche nel nostro Paese», si legge in una nota. La cerimonia, che si è svolta nell’ultimo giorno del convegno internazionale Global friendship to live together (in corso da venerdì con la partecipazione di giovani da tutti i Paesi europei), si è conclusa con un pellegrinaggio silenzioso alla cava dove, il 24 marzo 1944, vennero trucidati 335 innocenti e alle loro tombe, davanti alle quali ognuno ha reso omaggio deponendo un fiore.

«Siamo nati tanti anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, ma oggi vediamo che la violenza non è stata vinta. Nonostante la riflessione sulla guerra e sul razzismo che l’Europa ha vissuto, la violenza inquina ancora i nostri Paesi», scrivono i Giovani per la pace di tutta Europa della Comunità di Sant’Egidio in un appello letto ieri, al termine dell’assemblea «Global friendship to live together». Riferendosi ancora alla violenza affermano che «assume il volto dell’indifferenza, si nutre di ignoranza dell’altro, pregiudizi, antisemitismo, razzismo». «In un tempo in cui tanti sono impauriti, rassegnati, preoccupati solo di sé, noi – aggiungono – invece siamo pieni di speranza e vogliamo resistere alla logica dei muri, troppi, che dividono le persone e i popoli. Noi non vogliamo lasciarci rubare il sogno di un mondo in pace». Per riuscirci, l’impegno è a una «resistenza» e a una «costruzione quotidiana di un’umanità aperta agli altri e rispettosa di tutti». «Sentiamo la responsabilità di essere più audaci, per vincere l’odio e ribellarci all’ingiustizia e alla povertà», scrivono i ragazzi. I giovani riconoscono anche che «i poveri e i deboli sono i primi a esserne colpiti: anziani, disabili, migranti, rifugiati, Rom, senza dimora». Da qui l’impegno «a lavorare per un’Europa in cui tutti possano vivere insieme», contrastando ogni violenza e scegliendo «la via dell’incontro e dell’amicizia».