Vita Chiesa

Sant’Antimo, se le pietre non cantano più

È ormai tutto deciso: i Canonici Regolari Premostratensi di Sant’Antimo (da ora in poi per comodità li chiameremo frati) se ne vanno: entro la fine dell’anno lasceranno la famosa Abbazia alla quale in questi ultimi decenni avevano dato lustro e visibilità. Questo è quanto è stato comunicato da padre Pierino nel corso di una affollata assemblea pubblica svoltasi lunedì 25 maggio presso la Chiesa parrocchiale di S. Egidio Abate in Montalcino, a cui ha partecipato una numerosa schiera di fedeli e di quanti non si aspettavano certo una tale decisione.

Così ha iniziato padre Pierino, che in questi anni ha svolto anche il compito di parroco della chiesa di Sant’Egidio a Montalcino: «La Comunità Premostratense di S. Antimo comunica con dolore il suo prossimo trasferimento all’Abbazia Premostratense di San Michele di Frigolet vicino ad Avignone (Francia). Tale destinazione è stata indicata alla nostra Comunità dall’Abate Generale dell’Ordine Premostratense sul naturale presupposto della necessaria crescita anche numerica di ogni Comunità che purtroppo non è possibile nella realtà di Sant’Antimo». Ha così spiegato, a nome della Comunità di Sant’Antimo e del Priore Padre Giancarlo, che l’attuale Comunità di Frigolet, a sua volta, pur disponendo di amplissimi spazi, è totalmente carente della presenza di un numero adeguato di religiosi ormai ridotti a solo due unità, peraltro in età avanzata.

«Con la morte nel cuore  – ci dice il parroco – dobbiamo salutare la comunità montalcinese che tanto ci ha dato in questi 36 anni ed alla quale così tanto siamo e resteremo legati. Naturalmente l’Arcivescovo di Siena mons Antonio Buoncristiani è informato di tutto ciò e, con noi e con l’Associazione degli Amici di S. Antimo, si adopererà per trovare quanto  prima una nuova comunità religiosa che possa proseguire il nostro cammino a Sant’Antimo». Così conclude il comunicato dei frati di S. Antimo: «L’Arcivescovo si è altresì già attivato per trovare la soluzione che garantisca la continuità pastorale nelle parrocchie già affidateci. Sappiate che, malgrado questa distanza geografica, non potremo dimenticarvi e vi ricorderemo nelle nostre preghiere così come chiediamo a voi le vostre per la nostra Comunità».

Padre Pierino ha cercato di spiegare, di fronte ad un folto gruppo di fedeli ilcinesi rammaricati e dispiaciuti, se non addirittura arrabbiati, che, a causa della crescita spirituale e numerica della Comunità che vive a S. Antimo, non è più possibile permanere  nell’Abbazia per mancanza di spazio. Il Parroco ha affermato che ci sono dei vincoli insostenibili, «si è cercato di ricavare altri spazi, ma questi vincoli ci sono e, nonostante gli scavi effettuati per vedere se fosse stato possibile fare qualcosa, non è stato possibile superarli».

Neanche l’allora vescovo di Montalcino  mons. Ismaele Castellano, che a suo tempo accolse la Comunità di Sant’Antimo e che era un grande giurista, riuscì a trovare la strada per ottenere maggiori spazi. «Se una Comunità non cresce sia nel numero che negli spazi destinati ai suoi membri, è destinata ad andarsene» così ha continuato padre Pierino. Da qui la decisione di unire le forze della Comunità di S. Antimo con quella di Frigolet per rivitalizzare la Comunità stessa, altrimenti anche Frigolet sarebbe stata chiusa. «Il divieto della Soprintendenza della Toscana di avere locali sufficientemente spaziosi per un futuro sviluppo non ha consentito la permanenza dei canonici Regolari a Sant’Antimo. Così siamo addivenuti – ha continuato padre Pierino – ad un passo molto doloroso, soprattutto in ricordo della bellissima accoglienza che c’è stata riservata in tutto il territorio montalcinese. Il nostro sarà un passo difficile perché per i frati si tratterà di un notevole cambiamento culturale da non sottovalutare». Tutti questi problemi i frati cercheranno di risolverli in questi ultimi mesi della loro permanenza a S.Antimo.

Fra Pierino ha tenuto a sottolineare, per smentire alcune voci che si rincorrono nella cittadina ilcinese, che non è il Vescovo che li vuol mandare via e che dice  il falso chi sostiene che il trasferimento in Francia sia dovuto al fatto che qualcuno dei frati vuol far carriera. D’Altra parte lo stesso parroco ha evidenziato che non ci sono problemi economici perché Sant’Antimo è Sant’Antimo, un’abbazia conosciuta in tutto il mondo e da tante parti arrivano finanziamenti. Lunga e sofferta è stata la riflessione dei frati in questi ultimi mesi, ma alla fine hanno accettato di prendere «questo treno che passa ora o forse mai più, al fine di rendere più feconda la Comunità».

Il vice priore di S.Antimo, fra Adriano, ha fatto presente ai diversi intervenuti  nella discussione che in tutta Europa stanno crollando le vocazioni e allora è d’uopo unire le forze, aiutarsi a vicenda se si vuol sopravvivere e rinnovare la Comunità. «Certo, si sa quello che si lascia ma non quello che si trova – ha continuato il vice priore – ma noi siamo missionari e bisogna andare perché siamo ministri del Signore e andremo dove Lui vorrà».

Da parte dell’Associazione degli Amici di S. Antimo è intervenuta Raffaella Lambardi con queste parole: «È intuibile il sentimento di profondo dispiacere che la notizia ha provocato in tutti i consiglieri, così come verosimilmente sarà per tutti i soci». Più di 30 anni di conoscenza, stima reciproca e collaborazione costituiscono un’esperienza indimenticabile e difficilmente ripetibile, specie in campo spirituale. Dai primi anni in cui il nostro supporto era finalizzato ai bisogni essenziali dei confratelli che avevano deciso di stabilirsi a Sant’Antimo e al loro inserimento nella comunità locale siamo poi passati ad un interesse verso il recupero delle strutture che li ospitano e quelle dove vengono officiate le funzioni religiose. La qualità di quest’ultime e la crescita spirituale è stato il dono che i Canonici hanno fatto nel tempo ai soci, agli abitanti del circondario e ai molti pellegrini provenienti dall’Italia e dal mondo». E così conclude Raffaella: «Sant’Antimo si è così riaffermato come un centro elevato di spiritualità specialmente nel campo giovanile (mondo scout), familiare e artistico (canto gregoriano). Replicare un’esperienza così  lunga e significativa non sarà cosa semplice, tuttavia l’Associazione si impegna, con l’ausilio del Vescovo, a proseguire la spiritualità di Sant’Antimo con una nuova comunità religiosa che auspichiamo arrivi nei tempi più brevi possibile. Il sincero affetto che ci lega ai Canonici Regolari ci porta a rivolgere loro ogni augurio per la nuova missione che li attende nella certezza che ci ricorderanno ancora nelle loro preghiere». Una perdita, quella della Comunità dei Canonici Regolari di Sant’Antimo, che addolora tutta la comunità montalcinese  che, nel contempo,  si augura che l’Abbazia torni gli splendori vecchi e nuovi quanto prima.

Roberto Cappelli

Il saluto del mondo Scout: grazie per i semi che avete piantato

A darne notizia al mondo scout è stato fra Dominique, che ha postato un saluto comprensivo di motivazioni sulla pagina Facebook di Proposta Educativa, il giornale dei capi Agesci. «Prima che lo veniate a sapere da altri – ha scritto il religioso rivolgendosi a tutti gli scout italiani – volevo dirvi che la nostra comunità si sposta dall’Abbazia di Sant’Antimo all’Abbaye de Saint Michel de Frigolet e questo si farà entro la fine del 2015».

Tutti coloro che indossano o hanno indossato almeno una volta pantaloni corti e fazzolettone sanno che Sant’Antimo fa rima con campo scout: la santa alleanza tra monaci e Agesci – l’associazione dello scautismo cattolico più diffusa in Italia – nasce oltre vent’anni fa e nel tempo si è rafforzata tanto che quel lembo di terra Toscana viene considerato il luogo per eccellenza della spiritualità scout.

A partire dai primi anni Novanta, grazie soprattutto alla presenza di padre Stefano Roze, centinaia di rover e scolte – i giovani dai 16 ai 20 anni – si davano appuntamento per vivere insieme il Triduo Pasquale. Per molti ragazzi quei momenti hanno rappresentato la prima vera esperienza di fede adulta e consapevole vissuta fuori dalla propria parrocchia di provenienza, durante gli anni più difficili della giovinezza, quelli della contestazione che non risparmiava nessuno, Chiesa compresa, e del rifiuto della forma a favore della sostanza delle cose. Ma in quei giorni Santi, passati tra preghiere, riti pasquali e rispetto di antiche tradizioni come il digiuno e la penitenza, gli scout riuscivano a ricollocare e definire la propria appartenenza. Grazie all’esempio e alla guida spirituale di Stefano, Dominique e degli altri frati, i giovani col fazzolettone «tagliavano la legna» che sarebbe loro servita ad alimentare il fuoco della fede messo a dura prova nei lunghi inverni della quotidianità. Quando sono andato a Sant’Antimo per la prima volta avevo diciassette anni ed ero con il mio clan. Ho ancora il ricordo di amici e amiche miei coetanei che si facevano lunghe file, anche di ore, per confessarsi. Ricordo la compostezza di centinaia di scout che in silenzio seguivano senza battere ciglio le tre ore di veglia pasquale cantata in gregoriano. Era la magia di Sant’Antimo, di quel luogo solenne che ci faceva rinunciare alla chitarra, che fino a quel momento era l’elemento che dava un senso alla celebrazione delle nostre Messe.

Grazie amici monaci di Sant’Antimo, grazie per quello che ci avete insegnato, per i semi che avete piantato e che, vi assicuriamo, sono fioriti anche a distanza di anni. Come scrive il fondatore degli scout Baden Powell: «dietro di voi avete lasciato una traccia», e quella tacca marcata sugli alberi dalla comunità dei canonici regolari ha indirizzato il cammino di tanti giovani, oggi uomini e donne.

Giacomo Cocchi