Vita Chiesa
Santa Sede su Convenzione diritti del fanciullo: «nessuna scusa per abusi»
«Tali crimini – precisa mons. Tomasi – non possono mai essere giustificati, sia se vengano commessi a casa, nelle scuole, nella comunità e nei programmi sportivi, nelle organizzazioni e strutture religiose»: è questa la politica di «lungo periodo» della Santa Sede, ha ricordato l’esponente vaticano ricordando gli atti compiuti in tal senso da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco, che ha «chiaramente manifestato le sue intenzioni di seguire l’attenzione speciale dedicata dai suoi predecessori a questo grave problema» e ha recentemente annunciato la creazione di una Commissione per la protezione dei minori, per «proporre nuove iniziative per lo sviluppo sano dei bambini e incrementare gli sforzi per la cura pastorale delle vittime di abuso nel mondo». Di qui la collaborazione della Santa Sede con il Comitato per la Convenzione sui diritti del fanciullo, in modo da «promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti del bambino».
«La protezione dei bambini rimane una preoccupazione prioritaria per la società contemporanea e per la Santa Sede», afferma mons. Tomasi, ricordando che quest’ultima ha «accuratamente messo a punto politiche e procedure per aiutare ad eliminare tali abusi e collaborare con le rispettive autorità statali nel combattere questo crimine». Parallelamente, la Santa Sede «è impegnata ad ascoltare attentamente le vittime degli abusi e ad affrontare l’impatto che tali situazioni hanno sugli abusati e le loro famiglie». Tre i livelli dell’azione di contrasto della Santa Sede a piaghe come la pedofilia: l’azione nel territorio dello Stato della Città del Vaticano, dove è stata varata una «legislazione speciale» a riguardo, i protocolli internazionali ratificati e le «linee guida» per «facilitare il lavoro delle Chiese locali nello sviluppare effettive misure all’interno della loro giurisdizione e in conformità con la legislazione canonica». Le Chiese locali, da parte loro, «tenuto conto delle leggi in atto nei loro rispettivi Paesi», hanno a loro volta «sviluppato linee guida e monitorato la loro applicazione con lo scopo di prevenire ogni ulteriore abuso e di affrontarlo tempestivamente». Tutto ciò, per mons. Tomasi, rende la Chiesa cattolica «un esempio di buona pratica» nel contrasto agli abusi sessuali commessi dal clero «o da altro personale ecclesiastico».