Vita Chiesa
Santa Sede: cristiani uniti per essere credibili e dare testimonianza al mondo
«Se noi cristiani rendiamo una testimonianza comune di Gesù Cristo come Figlio di Dio e Redentore del mondo, la nostra voce sarà più credibile». Con queste parole, il card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha spiegato oggi al Papa perché il dicastero vaticano ha scelto per la sua plenaria il tema dell’«importanza dell’ecumenismo per la nuova evangelizzazione». «Tutti i cristiani – ha detto il cardinale nel suo saluto al Santo Padre – sono infatti chiamati ad essere ‘pronti sempre a rispondere’ a chiunque domandi loro ‘ragione della speranza’ che è in loro». «E se l’apostolo Pietro aggiunge che dobbiamo rispondere ‘con dolcezza e rispetto’ perché abbiamo una ‘retta coscienza’, allora anche e soprattutto oggi siamo appellati a fare un esame di coscienza per capire se possiamo rendere conto della nostra speranza in maniera credibile». Ed ha aggiunto: «Ci è d’ostacolo, però, un grave problema, ovvero la divisione che tuttora permane tra i cristiani». È la divisione a rimettere «in discussione la nostra credibilità».
«La perseverante ricerca dell’unità dei cristiani – ha quindi detto il card. Koch – deve intendersi dunque anche come contributo all’Anno della fede indetto da Vostra Santità. E a questo importante compito vuole dedicarsi con il suo lavoro anche il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani». Il cardinale ha ringraziato Benedetto XVI: «Tutti noi sappiamo quanto le stia a cuore la causa dell’unità dei cristiani». Peraltro, «l’avvicinamento ecumenico tra i cristiani e le Chiese divise costituiva uno degli obiettivi centrali ovvero il dramma spirituale per il quale il Concilio Vaticano II era stato convocato. A questo compito anche lei, Padre Santo – ha concluso il cardinale -, rimane fedele, ricordandoci costantemente che la grande sfida del nostro tempo, ovvero la nuova evangelizzazione, deve avere anche una dimensione ecumenica».
Dare testimonianza del «Dio vivente» all’uomo contemporaneo è «l’imperativo più urgente per tutti i cristiani, ed è anche un imperativo che ci unisce, malgrado l’incompleta comunione ecclesiale che tutt’ora sperimentiamo», ha detto Benedetto XVI incontrando questa mattina in Vaticano membri e consultori del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. «Un autentico cammino ecumenico – ha detto il Papa – non può essere perseguito ignorando la crisi di fede che stanno attraversando vaste regioni del pianeta». E «non possono essere ignorati i numerosi segni che attestano il permanere di un bisogno di spiritualità, che si manifesta in diversi modi. La povertà spirituale di molti dei nostri contemporanei, che non percepiscono più come privazione l’assenza di Dio dalla loro vita, rappresenta una sfida per tutti i cristiani». In questo contesto, ai cristiani oggi «viene chiesto di ritornare all’essenziale, al cuore della nostra fede, per rendere insieme testimonianza al mondo del Dio vivente, cioè di un Dio che ci conosce e che ci ama, nel cui sguardo viviamo; di un Dio che aspetta la risposta del nostro amore nella vita di ogni giorno».
Nel suo intervento il Papa ha però anche sottolineato «l’importanza dei dialoghi teologici» da proseguire con perseveranza «anche quando non s’intravede, in un immediato futuro, la possibilità del ristabilimento della piena comunione». I dialoghi teologici «permettono di cogliere, insieme a resistenze e ostacoli, anche ricchezze di esperienze, di vita spirituale e di riflessioni teologiche, che diventano stimolo per una sempre più profonda testimonianza». A questo proposito, il Papa ha chiesto di non «dimenticare che la meta dell’ecumenismo è l’unità visibile tra i cristiani divisi». E ha aggiunto: «Il fatto di camminare insieme verso questo traguardo è una realtà positiva, a condizione, però, che le Chiese e Comunità ecclesiali non si fermino lungo la strada, accettando le diversità contraddittorie come qualcosa di normale o come il meglio che si possa ottenere. È invece nella piena comunione nella fede, nei sacramenti e nel ministero, che si renderà evidente in modo concreto la forza presente e operante di Dio nel mondo». Il Santo Padre ha quindi concluso il suo discorso ricordando che l’unità «non è opera che possiamo semplicemente realizzare noi uomini». È «un dono di Dio» che «può venire solamente dal Padre». «Il vero ecumenismo, riconoscendo il primato dell’azione divina, esige innanzitutto pazienza, umiltà, abbandono alla volontà del Signore».