Cultura & Società

Santa Giulia, il silenzio dell’operosità

di Carlo LapucciLa figura di Santa Giulia è una di quelle che sfumano nella leggenda e al tempo stesso possono nascondere qualcosa di importante che la voce popolare traduce nel simbolo. Resta comunque il valore spirituale della Santa come segno che il popolo ha scelto per esprimere la propria religiosità. Santa Giulia, vergine e martire ha lasciato segni indelebili del passaggio delle sue spoglie: Corsica, Isola della Gorgona, Livorno, Brescia. La sua memoria cade il 22 maggio, ma è stata rimossa dal calendario liturgico con la riforma del 1969.

Fa parte probabilmente di quel considerevole gruppo di Santi, detti africani, che furono spinti sulle coste italiane dalle persecuzioni degli invasori barbari, in particolare dei Vandali, giunti sulla sponda opposta del Mediterraneo e che dettero luogo a una seconda predicazione del Cristianesimo in Italia. I Santi africani operarono nel VI secolo e alcuni furono martirizzati sotto Totila: Regolo, Cerbone, e Felice, sono vescovi; Clemente, Giusto e Ottaviano sono presbiteri. Dopo il loro arrivo i Santi presero vie diverse, operando e predicando in zone diverse della Toscana: San Regolo a Populonia e nelle zone vicine; San Cerbone a Populonia, poi venerato a Massa Marittima; Giusto e Clemente con Ottaviano a Volterra. Cerbone è senz’altro la figura più importante e le sue gesta sono riferite da Gregorio Magno.

Alcuni ritengono che il martirio della Santa sia avvenuto in seguito all’occupazione persiana del 616. Con molta cautela è da considerare la leggenda di Santa Giulia, per certi aspetti plausibile per certi altri fantasiosa, probabilmente ispirata a un racconto di Teodoreto di Ciro. Anche in questo caso dobbiamo dire che comunque non può essere stato solo un fantasma quello che ha lasciato tracce così profonde del suo passaggio, per cui, se è difficile l’identificazione, può essere facile crederne l’esistenza.

Non si può escludere che la leggenda sia nata percorrendo a ritroso il viaggio e la navigazione di reliquie appartenenti a una Santa martirizzata, per estrema ipotesi addirittura a Cartagine. La fuga fortunosa dei cristiani dalle lame dei Vandali sulle isole del Mediterraneo e sulle coste italiane ebbe la dimensione di un esodo e possono essersi determinate un’infinità di situazioni. Vi sarebbe anche una Santa Giulia che veniva venerata a Cartagine in quei tempi, insieme a San Florenzio.

Quella di Santa Giulia è una figura insolita, proprio perché femminile, che emerge con la dolcezza, la mitezza, la devozione, la capacità di farsi da signora serva e servire facendosi amare dal padrone come una figlia, in un panorama di assedi, distruzioni, eccidi, massacri, esodi sul mare, e violenze: una santa senza parole, dal puro esempio.

La leggendaSanta Giulia di Corsica, vergine e martire, come vogliono le pie tradizioni sarebbe stata una schiava cristiana, vissuta nel V secolo. Dopo che i Vandali di Genserico si furono impadroniti di Cartagine, città tornata a nuova e precaria vita, tra le fanciulle fatte prigioniere dai vincitori ci fu Giulia, di nobile famiglia e di fede cristiana. Venduta come schiava, fu acquistata da un mercante, Eusebio di Siria, al quale, pur essendo pagano, apparvero subito le doti della giovane, che era così sottomessa, capace e devota da essere la persona di cui si fidava più che d’ogni altra e che portava sempre con sè nei suoi viaggi, trattandola come una figlia. Durante un loro viaggio verso la Francia, la nave s’incagliò, naufragò, o secondo altri si fermò a Capo Corso (Nonza) in Corsica e lì fu conosciuta la sua avvenenza e la sua fede da Felix, signore del luogo, che chiese ad Eusebio di acquistarla. Non potendola ottenere per danaro, Felix ubriacò il mercante Eusebio e mandò una masnada di sgherri a rapire la fanciulla sulla nave. Fattala portare al proprio cospetto, la tentò con ogni lusinga perché rinnegasse la fede. Essendosi la donna rifiutata e dichiarata cristiana fu flagellata, le furono strappati i capelli e quindi fu crocifissa e gettata in mare, ancora inchiodata alla croce. Questo avvenne il 22 maggio 448, quando Giulia aveva poco più di venti anni. Il legno fu spinto dagli angeli fino all’isola di Gorgona, e un celeste annuncio di musiche e canti angelici avvertì i monaci che abitavano l’isola della presenza del corpo della martire sulle rive del mare. Un cartiglio scritto da mani ignote riferiva il nome della martire, i fatti e il modo nel quale la donna cristiana aveva ricevuto il martirio. I monaci dettero sepoltura a Giulia in quella terra e là rimase per oltre tre secoli, fino a quando nell’anno 776, come afferma il Muratori, o 762 secondo altri calcoli, Flavio Desiderio, duca e non ancora re del Longobardi, per soddisfare la richiesta di sua figlia, che era badessa del monastero di San Salvatore a Brescia, chiese ai religiosi benedettini della Gorgona il corpo della Santa per collocarlo in tale convento. Le reliquie furono traslate dall’isola sulla costa e di lì a Brescia, dove si trovano tuttora, nel monastero che da allora fu chiamato di San Salvatore e Santa Giulia e poi, nel XII secolo ebbe definitivamente il titolo della Santa. In CorsicaSanta Giulia ha il suo centro nel quale è particolarmente onorata a Nonza, dove si indica anche il luogo dove è avvenuto il suo martirio. La dottrina, come abbiamo visto, dubita della vicenda narrata dalla sua leggenda, ma la devozione popolare vede oltre ai dati della realtà: in questo caso non ci sono neppure quelli a dirimere la questione senza dubbi.

Il suo culto è particolarmente sentito in tutta l’isola della quale à patrona e il luogo del suo martirio è considerato come teatro di numerosi miracoli. Si invoca ancora, e non solo in Corsica, per ottenere la guarigione dalle malattie degli arti, le parti del corpo che coinvolsero il suo supplizio. Ogni tre anni il 22 di maggio si svolge qui una grandiosa processione in onore della Santa, che vede da ogni luogo della Corsica una vasta partecipazione di popolo.

A BresciaIl Duca longobardo Desiderio fondò con la moglie Ansa, a Brescia nel 753, l’abbazia benedettina di San Salvatore, della quale fu prima badessa la loro figlia Angelberga, colei che, come si è detto, chiese e vi fece portare il corpo di Santa Giulia. Fu questo uno dei più importanti cenobi femminili alto-medievali, dotato di numerosi privilegi anche dopo la caduta del potere longobardo. Era dotato di un fiorente scriptorium e la badessa, in particolare nelle cerimonie legate alle investiture, portava mitria e pastorale. Fu quello l’ultimo rifugio in cui, dopo la disfatta dei Longobardi per opera dei Franchi di Carlo Magno, finirono i loro giorni la madre della badessa Ansa e la più famosa sorella Ermengarda, la sposa ripudiata di Carlo Magno.La storia dell’Abbazia accompagnò le vicende della chiesa bresciana fino alla soppressione che avvenne nel 1798 ad opera della Repubblica Cisalpina. A Brescia si trovano i documenti più importanti della sua iconografia. Fu merito di tale monastero se la figura della Santa, peraltro conosciuta in zone limitate come la Corsica, La Gorgona e Livorno, assunse notevole importanza e si diffuse anche altrove entrando in numerose raffigurazioni di pittori celebri. Il monastero aveva infatti possessi e propaggini in ogni pare d’Italia.

Peraltro il viaggio era nella natura di questa figura. Infatti le sue spoglie non si fermarono.

Sulla fine del XVI secolo venne costruita accanto al monastero la Chiesa di Santa Giulia, dove ora è ospitato il Museo dell’Età Cristiana, per cui le reliquie vennero sistemate sotto il suo altar maggiore.

La soppressione in epoca rivoluzionaria costrinse a trasportarle nella Chiesa di San Pietro in Oliveto. Né qui ebbero requie: dopo altre sistemazioni si fermarono nella Chiesa del Corpo di Cristo, ma solo per trasferirsi nel 1957 nel nuovo seminario di Brescia intitolato a Maria Immacolata.

La festa del 22 maggioLa Santa vergine e martire è la patrona della diocesi di Livorno, dove nel 763 sorse una chiesa nel suo nome. Del suo passaggio dal mare alla terra rimangono vistose tracce: dal culto in Corsica, della quale è patrona, a quello tributatole appunto dal popolo di Livorno.

Fu durante la traslazione dalla Gorgona a Brescia, in una festa solenne che vide la presenza anche di Desiderio, che il popolo di Livorno, allora poco più di un paese, la elesse come propria patrona e una chiesa venne edificata nel luogo di una sosta delle sua reliquie.

«Due chiese, scrive il Piombanti, vennero poi erette in suo onore presso il porto pisano; la maggiore delle quali fu la pieve di Santa Giulia e S. Giovanni Battista.Essa probabilmente fu abbattuta dalle armi di Carlo d’Angiò, e lasciò il suo titolo alla pieve di Livorno». L’iconografiaNella città, vicino al Duomo, si trova la chiesa a lei dedicata. Eretta nel 1643, devastata dalle bombe del 1943 e poi riedificata, conserva, oltre alla tavola che la raffigura nella sala magistrale dell’Arciconfraternita, otto storie della santa, opere attribuite alla scuola di Giotto. Nel Duomo della città si trovano altre due tele che la raffigurano: Il trionfo di Santa Giulia del Ligozzi e La traslazione del corpo di Santa Giulia a Brescia del Gazzarrini. La festa è il 22 maggio. Confitta o legata su una croceGiulia viene raffigurata nell’iconografia più diffusa confitta o legata su una croce mentre da lei vola in alto la anima in forma di colomba.

La mitezza, la compostezza, la maestà e la dolcezza che assume in questa terribile posizione, fanno pensare a una meditazione sul suo comportamento leggendario, così lineare, riservato, dolce, anche davanti alla violenza e alla ferocia.

Molti vedono dietro a questa rappresentazione il modello degli antichi crocifissi bizantini, venuti in Italia dall’Oriente o imitati dai nostri artisti. Le antiche rappresentazioni bizantine del Crocifisso tesero a non togliere con la degradazione dell’ostensione della sofferenza del corpo martoriato, la dignità, se non la maestà di Cristo, coprendolo con un’ampia tunica, contro i dati della narrazione evangelica. Probabilmente a questo modello si rifanno soprattutto le più antiche immagini che abbiamo e che si trovano a Brescia. Sono quelle di un capitello della scuola antelamica, proveniente dalla cripta di San Salvatore, che ora si trova nel Museo Cristiano di Brescia. In due dei quattro lati si trovano raffigurate: La Crocifissione di Santa Giulia e Santa Giulia che tiene la croce tra la badessa e le monache.

Nel 1958 è stato ritrovato sul lato esterno sud della Chiesa di San Salvatore un affresco raffigurante Santa Giulia. Altri documenti si trovano ancora a Brescia, tra i quali una scultura di Santa Giulia crocifissa delle scuola dei Carra, al Museo Cristiano.

Santa LiberataSe la morte per crocifissione fu considerata dai fervorosi cristiani un privilegio di alcuni martiri, come Pietro, Andrea e Bartolomeo, per le martiri può dirsi altrettanto ma la rappresentazione dell’estremo sacrificio implica aspetti sconcertanti sia per la fragilità della figura femminile, che aumenta l’orrore, sia per il pudore.

Due figure di Sante, Santa Giulia e Santa Liberata, sono rappresentate crocifisse nella nostra iconografia, al punto che spesso non si sa decidere se si tratti dell’una o dell’altra. Si è detto che spesso un terzo elemento si insinua in questo problema: le antiche rappresentazioni bizantine del Crocifisso. In particolare è nata una recente attribuzione a proposito di un celebre dipinto di J. Bosch (1450-1516 ca.) che si trova nel palazzo ducale di Venezia. Dopo essere stato considerato la crocifissione di Santa Giulia, un critico ha suggerito che invece sia da riferirsi a Santa Liberata. Ci permettiamo di osservare che spesso Santa Liberata compare crocifissa con la barba (e qui sorge qualche equivoco con gli antichi crocifissi di stile bizantino, dove il Salvatore compare con la tunica e la barba). Infatti vuole la leggenda che Santa Liberata fosse destinata al matrimonio e che questo fu scongiurato dalla comparsa sul suo viso di una folta barba. Inoltre nel comparto sinistro del trittico di Bosch compare una città in fiamme, che può essere Cartagine conquistata dai Vandali, mentre le navi arenate del comparto destro si accordano con l’arrivo di Giulia in Corsica, dove si sarebbe fermata per un naufragio. Però la figura dipinta da Bosch ha la corona, attributo di Liberata, figlia di un re. In questo caso dovrebbe avere anche calzari d’oro, che di solito accompagnano la corona. Come si nota è un problema non facile da risolvere.

A Livorno il museo dedicato alla patronaA Livorno è presente da quattro anni un piccolo museo su Santa Giulia, patrona della città. Inaugurato il 30 novembre 2000 dall’Arciconfraternita del SS. Sacramento e S. Giulia – la più antica associazione di laici livornesi già presente in città nel XIII secolo quando Livorno era ancora un villaggio – il museo si trova nei locali attigui alla chiesetta di Santa Giulia, posta a poche decine di metri dalla Cattedrale di Livorno. La piccola, ma fornita, esposizione permanente occupa la sacrestia seicentesca della chiesetta, dove è custodito il reliquario monumentale della Santa patrona di Livorno, la sala magistrale, nella quale è stata recentemente allestita la mostra permanente storico-documentaria«I settecento anni dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento e Santa Giulia e la storia del culto giuliano a Livorno» e la sala museo dove è possibile ammirare il dipinto del XIV secolo, attribuito alla scuola di Giotto, raffigurante Santa Giulia in piedi con ai lati otto formelle illustranti la sua vita e il suo martirio. Nella sala museo, in quattro vetrine, sono disposti anche gli arredi sacri, gli oggetti per uso liturgico e i reliquari usati dal XVI al XX per il culto della Santa. Il museo è visitabile solo su appuntamento. Per informazioni si può contattare l’Arciconfraternita del SS. Sacramento e S. Giulia, presso Largo Duomo,1 – 57123 Livorno. Telefono e fax: 0586-883598. Oppure scrivere una e-mail all’indirizzo: confraternita@santagiulia.org.L’Arciconfraternita dispone di un sito internet, www.santagiulia.org, nel quale è possibile trovare ulteriori informazioni sul museo di Santa Giulia.G.d.M.

Le grandi sante: le precedenti puntate

12. Maria Egiziaca, la Santa della solitudine e della penitenza

11. Apollonia, la donna forte di Alessandria

10. Bibiana, la Santa della fede semplice

9. Barbara, la santa oppressa dall’amore materno

8. Cecilia, la santa della bellezza spirituale

7. Perpetua e Felicita, le martiri madri

6. Agnese, santa della forza e della mitezza

5. Cristina di Bolsena, la martire fanciulla

4. Mustiola, la santa che camminò sulle acque

3. S. Caterina d’Alessandria tra culto e mito

2. Agata, la Santa del mistero della vita