Cultura & Società
Santa Dorotea, grazia e dolcezza nella sofferenza
Si ha quindi l’idea che la persona sia realmente esistita, ma sfugge la possibilità di delinearne la precisa identità. Stando i fatti del suo martirio tra storia e leggenda, ciò che è stato impossibile agli storici lo hanno fatto i fedeli mettendo insieme gli elementi dell’agiografia e della tradizione, tanto che oggi abbiamo nella legenda e nella rappresentazione dell’arte un figura di grande suggestione, spiritualità e bellezza.
Dorotea nella venerazione è associata a Teofilo, prima suo persecutore, quindi convertito da lei al Cristianesimo e infine testimone della fede col martirio. Anche nella celebrazione del Martirologio Gerominiano i due sono associati, cadendo la loro commemorazione il 6 febbraio, data peraltro cancellata dal calendario liturgico dall’ultima riforma.
Il suo culto fu assai diffuso nel Medio Evo tanto da essere messa nel novero dei Santi Ausiliatori, la serie dei Santi particolarmente invocati in determinate occasioni e difficoltà. Si è creduto (e non è detto con sicurezza che non sia) che la Dorotea della passio sia la stessa di cui narra Eusebio nella Storia ecclesiastica (VIII, 14): anch’essa era di nobile famiglia, ricca, di grandi virtù. Di lei s’innamorò l’imperatore Massimino Daia il quale, respinto, la mandò in esilio togliendole ogni avere.
Questa volta il tiranno non si limitò a minacciare Dorotea, ma la sottopose a numerosi tormenti: le lacerò le giunture delle ossa stirandola con le corde, le fece bruciare i fianchi con le torce accese, ma incredibilmente la Santa manteneva la sua serenità, la sua fede, la sua compostezza e il suo sorriso. Al colmo del furore Sapricio ordinò che le dessero numerose percosse sul volto, acciocché sparisse quel sorriso che tanto lo irritava.
È il caso del gesto di Dorotea: l’invio del cesto al giureconsulto Teofilo. Il cesto di fiori è forse l’omaggio più delicato e di maggior valore affettivo che si possa esprimere: lo si tributa ai grandi personaggi come ai morti più cari: il cuscino di fiori. Lo stesso può dirsi del cesto di frutta che, al di là del valore, è un tributo di affetto e di sottomissione devota, che parla attraverso la scelta di primizie o dei frutti più belli della raccolta, come si usava fare un tempo ai principi e ai sovrani.
Considerando la vicenda, reale o leggendaria poco importa, il gesto nel quale s’identifica Dorotea è l’elemento decisivo che muove l’animo del persecutore, del derisore, il quale rimane folgorato, non tanto dal miracolo di fiori e frutta nella stagione invernale, ma dal portento che una giovinetta, a un passo dal carnefice, possa superare le forza del rancore, della vendetta, dell’ira, con un dono di tanta bellezza. È la fede di Dorotea che ha mosso la montagna.
Un cesto contenente fiori e frutti, che fu quello mandato al suo persecutore.
L’angelo che porta il cesto. A volte è un putto che la Santa tiene per mano. A volte è Gesù bambino.
Rose dentro un cesto. Rose che la Santa tiene nelle mani. Talvolta il cesto pieno di fiori viene offerto dalla Santa alla Vergine
Tre mele e tre rose, che sono quelle che si trovavano nel cesto secondo la passio.
Angeli incoronati di rose.
La palma del martirio.
Dorotea protegge in particolare, per la vicenda del cesto di fiori e di frutti, coloro che coltivano frutta e fiori, giardinieri, fiorai e quanti lavorano con fiori e frutta.
Per la sua purezza e l’offerta del cesto con frutta e fiori meravigliosi è patrona delle spose novelle, e dei giovani sposi in genere. Qualcuno fa risalire l’uso della sposa di tenere un mazzo di fiori in mano recandosi in chiesa alla vicenda di Santa Dorotea che tiene in mano un mazzo di fiori andando al martirio, all’unione con lo Sposo divino.
È patrona dei messi e dei messaggeri in quanto il suo cesto fu recapitato a Teofilo da un Angelo, se non addirittura, secondo alcune tradizioni dallo stesso Gesù giovinetto.
Ha avuto fortuna nella letteratura: così si chiama la protagonista del poema di Goethe Ermanno e Dorotea e quella di un romanzo di Lope de Vega. La festa è il 6 febbraio.
Alcuni preferiscono rappresentarla in piedi con un serto o il cesto, fanciulla giovanissima di grande bellezza spirituale, come L. della Robbia nella celebre immagine del Museo di Berlino. Così fa la scuola di Bruxelles che la ritrae nel sec. XV nell’Immagine di Dorotea, al museo Comunale della città. Nella Chiesa di San Maurizio a Milano Bernardino Luini la rappresenta con i fiori e la palma. Tra le numerosissime opere che si trovano in Germania, indichiamo quella di Lucas Cranach che si trova nella chiesa di Lutzschena. Il collegamento col fanciullo che porta i fiori è stato scelto dal Maestro anversese del XVII sec., che si trova al Museo Reale di Belle Arti di Anversa. Così fa Jacopo Ligozzi (1593) nella Chiesa di San Francesco a Pescia, Città della quale è patrona. Nel secolo XV Hans Holbein il Vecchio ha rappresentata Dorotea sotto la scure, mentre Gesù le porge un cesto di fiori. Così Hans Baldung Grien (1516) nel dipinto che si trova a Praga nello Rodolphinum e Carlo Dolci nella Galleria di Darmstadt.
Salve o Santa Dorotea, ascolta benigna la mia preghiera: concedimi pregando di sciogliere a te le lodi che ti convengono.
Le grandi sante: le precedenti puntate
13. Santa Giulia, il silenzio dell’operosità
12. Maria Egiziaca, la Santa della solitudine e della penitenza
11. Apollonia, la donna forte di Alessandria
10. Bibiana, la Santa della fede semplice
9. Barbara, la santa oppressa dall’amore materno
8. Cecilia, la santa della bellezza spirituale
7. Perpetua e Felicita, le martiri madri
6. Agnese, santa della forza e della mitezza
5. Cristina di Bolsena, la martire fanciulla
4. Mustiola, la santa che camminò sulle acque