Cultura & Società
Sanremo, il Festival dell’italiano medio
La vittoria finale dei tre (aspiranti) tenorini è in qualche misura lo specchio del Festival di Sanremo 2015, che sabato sera ha decretato il successo del trio «Il Volo», assegnando la seconda e la terza posizione rispettivamente a Nek e Malika Ayane (leggi qui). Come sempre, non hanno vinto né le migliori canzoni né i migliori cantanti, ma a questo ormai siamo abituati: lo strano mix fra i voti della giuria popolare e quella presente in sala riserva sempre sorprese e imprevisti.
La scelta nel mazzo fra vecchi habitué del palco e «campioni» semisconosciuti lanciati dai molti talent show contemporanei ha creato qualche evidente disorientamento. Più di uno fra loro era lì per farsi notare e non per cercare gloria musicale, come hanno (di)mostrato non soltanto la scollatura e lo spacco da spiaggia della Tatangelo o il look trasparente della Atzei, ma anche gli eccessi verbali del duo «I soliti idioti» (un nome, un programma ma – soprattutto – nessuna attinenza con la canzone vera) e qualche band alquanto esagitata.
Meglio è andata la gara delle nuove proposte, che venerdì sera ha premiato il bravo Giovanni Caccamo, giovane cantautore vecchia maniera. Canoramente parlando, la serata di qualità più alta è stata quella del giovedì, quando gli artisti in gara si sono misurati con le «cover» di canzoni del passato sanremese, che hanno dato modo di ricordare non solo molti cantanti scomparsi ma anche… la scomparsa qualità musicale del tempo che fu.
Assolto l’obbligo della critica musicale, bisogna invece parlare di tutto il resto, che – in realtà – nella versione contemporanea della kermesse sanremese fa discutere molto più della musica. Da tempo il Festival non è più «della canzone» ma «della polemica» e a volte perfino «dell’eccesso». La linea scelta quest’anno da Carlo Conti e da chi lo ha chiamato a condurre la manifestazione è stata una fra le più nazionalpopolari in assoluto. Volto noto al pubblico televisivo, rassicurante e senza particolari guizzi creativi, il conduttore ha dominato il campo lasciando ad Arisa, Emma e Rocio le parti di vallette, come da copione.
E, sempre come da copione, non sono mancati ospiti e presenze destinate a suscitare dibattito fin dalla vigilia. Come, per esempio, la comparsata di un uomo barbuto a cui piace vestirsi da donna, ospiti internazionali interessanti ma strapagati come Charlize Theron e Will Smith, comici incapaci di far ridere (Siani e Pintus) e inclini a volgarità e doppi sensi (Panariello), soltanto in rare eccezioni capaci di strappare una risata convinta (Luca e Paolo, Virginia Raffaele).
Il sorriso abbronzato del conduttore ha accolto nella prima serata la numerosa famiglia Anania – padre, madre e 16 figli – mentre l’ultima sera (che coincideva con la pseudo-ricorrenza di San Valentino, protettore degli innamorati) ha festeggiato i coniugi Bartolomeo e Concetta Manenti, sposati da 65 anni come 65 sono le edizioni del Festival. Chiara l’identificazione della famiglia come target privilegiato di una manifestazione che mai come quest’anno ha mescolato gli ingredienti spettacolari, per cercare di dare a ciascun tipo di pubblico la sua parte.
Non sono mancati i ritorni storici (Biagio Antonacci, Gianna Nannini, gli Spandau Ballet) e l’intervista al ct della Nazionale italiana, la comparsata del telecuoco Joe Bastianich, del cast della fiction «Braccialetti Rossi», del ciclista Vincenzo Nibali e del patron della Sampdoria Ferrero (chissà cosa c’entravano, tutti quanti questi…), come pure il ricongiungimento – soltanto apparente – fra Albano e Romina.
Il denso mix dell’edizione appena archiviata non ha lasciato il tempo di trovare un filo rosso coerente, in compenso ha riportato gli ascolti a livelli molto alti, per la gioia degli inserzionisti pubblicitari e, quindi, di mamma Rai.