Toscana

Sanità toscana/5: I segreti dell’Ospedale del Cuore

di Renato Bruschi

E’ considerata una struttura di avanguardia a livello europeo che, oltre alla cura dei pazienti, svolge attività di formazione e ricerca, raggiungendo traguardi di eccellenza. È l’«Ospedale del Cuore», che ha sede a Montepepe, tra Massa e Montignoso, in una zona periferica, ai piedi di verdi colline, e lontano dai frastuoni della città. Conosciuto anche come «Ospedale pediatrico delle Apuane» (OPA) o con il nome di colui che, negli anni ’60, ne fu il promotore, il primario di Viareggio, dottor Gaetano Pasquinucci, è tra i «fiori all’occhiello» della sanità toscana. La fama dell’ospedale è cresciuta nel tempo, soprattutto dagli ultimi vent’anni, quando la gestione, su incarico di Regione e Ministero della Salute, passa all’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa, diretto, allora, dal professor Luigi Donato. Siamo nel 1983 e l’idea di creare una progressiva integrazione tra attività sanitaria e ricerca appare la carta vincente. All’ospedale viene riconosciuta la qualifica di Centro per l’Erogazione di Attività Sanitarie di Rilievo Nazionale e Internazionale (da cui l’acronimo CREAS IFC-CNR). Tale «filosofia» è pienamente confermata nel 2007 con la costituzione della «Fondazione Toscana Gabriele Monasterio» (Asl 1, Regione e Università) che gestisce, insieme a quella di Massa, un’analoga struttura di eccellenza a Pisa.

TECNOLOGIA E PROFESSIONALITA’L’ambito di specializzazione dell’«Ospedale del Cuore» è la cardiochirurgia, sia pediatrica che per adulti, e la cardiologia. Si svolgono, inoltre, attività di terapia intensiva, integrate da una unità neonatologica di livello avanzato e da una significativa attività di diagnostica prenatale. Strumentazioni di avanguardia tecnologica, e alta professionalità del personale, determinano la peculiarità di quest’ospedale che, nel sistema di valutazione delle prestazioni erogate dal sistema sanitario regionale, presenta quasi tutti gli indicatori, nella fascia superiore. Dunque risultati eccellenti e un patrimonio di competenze che, per quanto riguarda il reparto di cardiologia pediatrica, sono nelle mani del dottor Bruno Murzi. «Il nostro ospedale – dichiara il chirurgo – cura oltre duecento bambini all’anno, in buona parte provenienti dalla Toscana, in numero crescente anche dalla Sardegna e anche da alcuni paesi del Meditarraneo e dell’area balcanica. Siamo specializzati nella terapia di quasi tutte le patologie cardiache. In più, portiamo avanti progetti collaborazione, con i centri toscani, in particolare con il Meyer. Cooperiamo con ospedali della Palestina e grazie all’associazione “Un Cuore un mondo” con quelli dell’Eritrea e dei paesi balcanici». NON SOLO BAMBINIUna data particolarmente rilevante nella storia dell’ospedale è il 16 agosto 1995. In quel giorno l’equipe cardio-chirurgica, sospesa d’autorità otto anni prima, riprende l’attività sull’adulto. La direzione viene affidata al professor Paolo Ferrazzi, accompagnato dal suo giovane assistente Mattia Glauber. Tre anni dopo il professor Ferrazzi è chiamato a dirigere la cardiochirurgia di Bergamo e il testimone passa al dottor Glauber che, da subito, imprime un notevole impulso al reparto, sostenuto dall’impegno di tutti gli operatori, tra cui il dottor Paolo Del Sarto, responsabile degli anestesisti. Il gruppo, giovane e coeso, rapidamente cresce, ed il centro diviene un punto di riferimento europeo per la «chirurgia mini-invasiva». Il numero d’interventi eseguiti sull’adulto cresce ogni anno fino a stabilizzarsi intorno a 900 negli ultimi due anni. RAPPORTO COL TERRITORIOAnche il reparto di cardiologia, diretto dal dottor Sergio Berti, si distingue per la riconosciuta professionalità e per il rapporto con il territorio: la sala di emodinamica è in contatto con il servizio 118 e il cardiologo è in grado di decidere se il paziente ha bisogno di una procedura interventistica o chirurgica urgente. In questo caso, l’ambulanza l’accompagna direttamente all’ospedale del cuore, e la rivascolarizzazione cardiaca è più precoce e perciò più efficace. Le procedure eseguite in sala di emodinamica sono più di duemila all’anno. Tutti questi risultati non sarebbero possibili senza un metodo di lavoro centrato sulle necessità del paziente e non sulle esigenze, sia pur legittime, degli operatori. La «passione» e la «dedizione» sono la cifra dell’«ospedale del cuore»: questo stile si è conservato negli anni ed ha permesso di caratterizzare il centro, determinandone il successo e l’elevato indice di gradimento. Resta da sperare che, in regime di tagli alla sanità, la vicinanza di Cisanello e le aspirazioni del «Meyer», non rappresentino una minaccia per il futuro della struttura massese. La schedaAgli inizi degli anni ’60 prende forma l’idea di costruire un ospedale per i bambini della zona di costa nord-est della Toscana, che, in quegli anni, dovevano recarsi fino al Meyer di Firenze o al Gaslini di Genova. Il progetto è promosso con tenacia dal professor Gaetano Pasquinucci di Viareggio e sostenuto dall’avvocato Alberto Del Nero, sindaco di Massa, con il consenso dell’Amministrazione provinciale e dei comuni versiliesi. I lavori cominciano l’8 ottobre 1971. Nel frattempo, Del Nero, divenuto senatore, chiama il professor Gaetano Azzolina a dirigere il neonato reparto di cardiochirurgia pediatrica che provvisoriamente si stabilisce nell’ospedale di Massa, in attesa del termine dei lavori a Montepepe. Il moltiplicarsi dei costi, complice la crisi petrolifera del 1973, e le difficoltà politiche di quegli anni causano una interruzione dei lavori, che sembra definitiva. Neanche la permanenza a Massa del professor Azzolina è facile: dopo una serie di schermaglie con la direzione dell’ospedale, nel 1976 arriva il licenziamento. Dichiarato illegittimo dalla magistratura, nel 1984 il dottor Azzolina è reintegrato nel ruolo e rimborsato finché nel 1990 sopraggiunge il congedo definitivo. Durante il primo licenziamento e dopo il secondo, la direzione del reparto è assunta dal professor Sergio Eufrate. Il reparto di chirurgia cardiaca continua la sua attività, salvando moltissimi pazienti, piccoli e grandi, e contribuendo alla crescita culturale e professionale di tanti operatori. Nella primavera del 1990, viene inaugurato il primo lotto dell’edificio attuale e al posto del dottor Eufrate, che nel frattempo era venuto a mancare, viene invitato a dirigere il reparto chirurgico il professor Vittorio Vanini, pioniere della cardiochirurgia italiana. Sotto la sua instancabile direzione crescono gli interventi, in numero e complessità.

Tra il 1996 e il 2000 le operazioni annue eseguite sono più di 300 e l’OPA è il terzo centro italiano di cardiochirurgia pediatrica. Anche la cardiologia è di alto livello,  realizzando, per la prima volta in Italia, grazie all’equipe del professor Carminati, alcuni complessi interventi di cardiologia interventistica. Sempre in quel periodo, per mezzo della “scuola internazionale di cardiochirurgia”, giungono all’OPA per specializzarsi, decine di giovani medici stranieri, provenienti da varie parti del mondo. Il dottor Vanini nel 2002 si ritira per dedicarsi alla sua passione per la cooperazione internazionale e da allora esegue interventi didattici di cardiochirurgia pediatrica in molti paesi del terzo mondo. Al suo posto è nominato l’attuale primario, il dottor Bruno Murzi.

La testimonianzaUna lettera inviata da una famiglia, al personale sanitario, dell’Ospedale del cuore: «Comincio da qui queste poche righe che sento la necessità di scrivervi, per ringraziarvi. So bene che per voi, tutti voi, è normale, è il vostro lavoro e che ciò che è successo a Luca (e a noi) lo affrontate quotidianamente. Ma per noi evidentemente quest’ultimo mese di normale, di quotidiano, ha avuto ben poco, i primi giorni sono stati giorni di smarrimento, poi di speranza, poi di disperazione, di angoscia, e poi di nuovo speranza, fiducia, convinzione, gioia… In tutto questo voi, tutti voi, ci avete accompagnato, con le vostra professionalità, competenza, serietà, schiettezza, ma soprattutto con cordialità e umanità eccezionali. So bene che ancora la strada è lunga, in salita, piena di ostacoli e imprevisti, ma stavolta, conosco già chi incontrerò tutte le volte che arriverò al secondo piano dell’ospedale. Questo mi rende tranquillo, un grazie a tutti voi. Il babbo, la mamma e la sorella di Luca».