Vita Chiesa

SANITÀ: NOTA PASTORALE CEI, ATTENZIONE AL DEGRADO D’UMANITÀ NEI SERVIZI AL MALATO

Il “degrado d’umanità” presente nei servizi al malato, “l’atteggiamento prometeico” della scienza nei confronti del vivere e del morire ad esempio con l’accanimento terapeutico e l’eutanasia, i problemi della bioetica, il passaggio da “una medicina dei bisogni ad una medicina dei desideri”, la necessità di “prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro”. Sono tutti temi posti in evidenza dalla Nota pastorale “Predicate il Vangelo e curate i malati. La comunità cristiana e la pastorale della salute”, a cura della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute, resa nota oggi in coincidenza con il convegno nazionale dei direttori diocesani per la pastorale della sanità che si apre nel pomeriggio a Cianciano (fino al 7 giugno).

Il documento, dopo quello già pubblicato nel 1989 dalla Consulta nazionale per la pastorale della sanità, intende offrire “orientamenti operativi” per “un’azione pastorale più partecipata e coinvolgente”, anche in vista del IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona (16-20 ottobre). La Nota propone una panoramica del mondo della salute oggi, facendo notare che “un’eccessiva libertà d’iniziativa, ad esempio, rischia di emarginare i soggetti più deboli, mentre l’esasperazione dell’uguaglianza dei servizi socio-sanitari” può “ingenerare burocratizzazione della risposta, passività e acquiescenza dell’utente”: “Anche l’adozione indiscriminata del modello aziendale in ambito sanitario, seppur motivata dall’esigenza di organizzare i servizi in maniera più efficiente, si presta al rischio di privilegiare il risultato economico rispetto alla cura della persona”.

La Commissione episcopale evidenzia, in particolare, i rischi di “un atteggiamento prometeico dell’uomo”, che porta “larghi settori della scienza e della medicina a ignorare i limiti inerenti alla condizione umana, contribuendo a coltivare l’immagine di un uomo padrone assoluto dell’esistenza, arbitro insindacabile di sé, delle sue scelte e delle sue decisioni”. Due sintomi di questa concezione sono “da un lato l’accanimento terapeutico e dall’altro l’eutanasia”, perché “con l’accanimento terapeutico l’uomo usa tutti i mezzi per posticipare la morte, mentre con l’eutanasia l’uomo si arroga il diritto di anticipare e determinare la morte”. La Nota rileva inoltre che il “dramma costituito dallo scontro tra un progresso tecnico senza fine e l’ineluttabilità della morte”, suscita “nevrosi e disagio esistenziale e influisce negativamente sulla ricerca del senso della vita e sull’elaborazione di una scala di valori rispettosa della persona e della natura”. Ai vescovi non sfugge nemmeno l’attuale passaggio da una “medicina dei bisogni” ad una “medicina dei desideri”: “Se fino a ieri l’obiettivo prioritario della medicina era quello di far vivere, oggi essa si pone anche quello di far vivere bene”. Ossia “non è più sufficiente non ammalarsi e guarire, ma è necessario tendere verso una pienezza in cui siano soddisfatti non solo i bisogni primari ma anche quelli subordinati, sconfinando impercettibilmente nel dominio del desiderio”. Questa tendenza, “se da un lato è positiva, esprimendo la nostalgia di una vita buona, dall’altro non è priva di esiti potenzialmente problematici”, tra i quali “la tendenza a rimuovere gli aspetti faticosi dell’esistenza” quali la sofferenza, la vecchiaia, la morte e la disabilità.

Altro aspetto che spesso caratterizza il mondo della salute – osservano – è “l’affievolirsi del rispetto della vita”: “Mentre si fanno sforzi ingenti e accaniti per prolungare la vita e per produrla artificialmente, non si permette di nascere a chi è già concepito e non si risponde adeguatamente ai bisogni di quelle fasce di persone che non rispondono a canoni di efficienza e produttività”, come tutte quelle situazioni di fragilità – tra cui i disabili, le persone affette da forme gravissime di sofferenza psichica, i lungodegenti e gli inguaribili, i malati cronici – che trovano “rallentamenti e ostacoli” a causa di “una visione riduttiva della persona umana e da interessi economici legati alla gestione delle strutture sanitarie”. Torna qui il discorso sulla “carenza di umanità nel servizio reso al malato” e la necessità di “personalizzare l’approccio, di passare dal curare al prendersi cura, di considerare la persona nella totalità del suo essere”.

Altro obiettivo trascurato è la “prevenzione”, che comprende sia misure specifiche per “contrastare i fattori di malattia nei luoghi di vita e nei luoghi di lavoro (educazione alla salute, medicina scolastica, vaccinazioni, controllo di fasce di popolazione a rischio, ecc.)”, sia misure preventive in altri ambiti come “umanizzazione del lavoro, miglioramento della nutrizione e delle abitazioni, educazione degli stili di vita, ecc”. Anche i problemi della bioetica, al centro dell’odierno dibattito culturale, evidenziano nell’opinione pubblica “un’insufficiente conoscenza delle posizioni sostenute della Chiesa, che sono spesso riportate in maniera impropria o sono giudicate inadeguate al tempo presente”.

Da qui le indicazioni pastorali alla comunità cristiana, chiamata ad essere “una comunità ospitale che si prende cura” tesa verso “l’umanizzazione del mondo sanitario”: “Nel leggere il fenomeno inquietante del degrado d’umanità presente nei servizi al malato – quali il prevalere di interessi politici ed economici, l’eccessiva burocratizzazione, l’inefficienza amministrativa, il deterioramento della scala dei valori, la scarsa considerazione del malato come persona – la Chiesa invita a vedere la radice della disumanizzazione nel peccato”. Rispetto alla crescente attenzione della società verso il benessere psico-fisico e spirituale della persona la Chiesa considera “legittima questa domanda di una vita piena” e ricorda che “anche Gesù, nello svolgimento della sua missione, ha avuto di mira la pienezza della vita dell’uomo”.

La Nota cita anche i compiti delle istituzioni sanitarie cattoliche, invita al confronto tra le strutture, ad un maggiore coinvolgimento dei laici, della donna, a valorizzare le visite ai malati e ad inserire i malati “negli organismi ecclesiali di partecipazione” per far comprendere alle comunità cristiane il valore “pedagogico” della malattia. I vescovi suggeriscono anche “il passaggio dell’agire improvvisato alla progettualità”, l’attenzione all’organizzazione della pastorale sanitaria ai diversi livelli (nazionale, regionale, diocesano e parrocchiale), soprattutto a livello regionale, ambito sempre più di rilievo in campo sanitario. Per questo si chiede l’istituzione o il potenziamento della Consulta regionale per la pastorale della salute. Sir

Nota pastorale «Predicate il Vangelo e curate i malati».