Italia
Sanità, il servizio nazionale è ancora sostenibile?
In Italia, nel 2011, sono diminuiti i posti letto ospedalieri per acuti (da 211.936 a 202.736), le strutture pubbliche ed equiparate sono passate da 638 a 596 a seguito di «accorpamenti, riconversioni e chiusure» e si è assistito ad una «generale riduzione dell’ospedalizzazione», che a livello nazionale passa da 120 a 108 dimissioni per 1.000 residenti. Sono alcuni dati della Relazione sullo stato sanitario del Paese, presentata oggi a Roma presso la sede del Ministero della salute. «L’adozione del nuovo modello di ospedale per acuti – si legge nel rapporto – comporta la necessità di una rete assistenziale integrata in grado di erogare cure flessibili per la presa in carico della post-acuzie», visto che i pazienti giungono a questa fase «in tempi sempre più rapidi e con problematiche cliniche sempre più complesse e non stabilizzate». Di qui la necessità di «lavorare per la riduzione della degenza anche nei reparti del post-acuzie», sia sul versante della riabilitazione che su quello della lungodegenza, in particolare «creando un sistema a rete» che crei una «sinergia» tra le due fasi. Uno degli «impegni primari», per il Ministero della salute, è dunque quello di «garantire in tutte le Regioni un livello omogeneo di residenzialità e domiciliarità», attraverso una «razionalizzazione» delle risorse e una «revisione delle modalità e contenuti dell’accreditamento» delle strutture.
«Garantire, per quanto possibile, alla persona non autosufficiente di rimanere nel proprio contesto di vita». E’ una delle raccomandazioni della Relazione sullo stato sanitario del Paese 2011, in cui si fa notare che «il sistema di presa in carico risulta ancora frammentato e caratterizzato da una notevole variabilità tra gli ambiti territoriali analizzati». Su scala nazionale, inoltre, emerge «una difficoltà nell’accesso ai servizi territoriali a causa di problematicità nel coordinamento organizzativo». Nel rapporto si fa riferimento anche al «potenziamento degli interventi di assistenza sociale a favore dei malati di Sla», di competenza degli enti locali, a favore di quali la legge 10/2011 ha previsto la destinazione di un finanziamento fino a 100 milioni di euro sulle risorse complessive destinate alla liquidazione del 5 per mille. Tale finanziamento, che alimenta il Fondo nazionale per la non-autosufficienza, verrà ripartito – si legge nel rapporto – tra le Regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e assegnato «sulla base di specifiche progettualità di cui sarà possibile monitorare la situazione».
Napolitano, non abbandonare la scelta ispiratrice del servizio nazionale. «Bisogna non regredire, non abbandonare quella scelta». A chiedere di rimanere fedeli alla «logica ispiratrice» che ha portato, nel 1978, ad istituire il Servizio sanitario nazionale, sulla base dell’art. 32 della Costituzione, è stato il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che è intervenuto oggi a Roma alla presentazione della Relazione sullo stato sanitario del Paese 2011. «Ritiene lei che il Sistema sanitario nazionale, così come è nato nel 1978 e concepito dopo una lunga gestione, sia compatibile con le mutate condizioni finanziarie ed economiche del Paese?». Questa, ha rivelato il capo dello Stato, la domanda da lui posta a Renato Balduzzi all’indomani della sua nomina a ministro. La risposta, ha sottolineato, è stata ed è «sì, a condizione che ci sia capacità di innovazione e razionalizzazione». «Il disegno del servizio sanitario nazionale – ha commentato Napolitano – è andato anche al di là dell’art. 32 della Costituzione» e ha fatto dell’Italia «uno dei Paesi più avanzati» in materia. «Bisogna non regredire, non abbandonare quella scelta – ha ammonito il capo dello Stato – che è un titolo di civiltà per il nostro Paese. Bisogna saper intervenire in modo puntuale, con grande attenzione selettiva».
«La logica della spending review – ha detto il presidente della Repubblica – deve modificare meccanismi e strutture che generano una spesa abnorme, non sostenibili e che talvolta provocano una degenerazione perfino corruttiva, e saper valutare seriamente i risparmi di spesa che derivano dalle modifiche strutturali». Quando si operano tagli lineari, ha fatto notare Napolitano, «nascono molte difficoltà, tensioni, casi anche molto delicati ed errori». «In prospettiva», ha raccomandato il capo dello Stato, «bisogna proseguire in futuro secondo quella visione di selezione attenta degli interventi, di riduzione e contenimento della spesa attraverso provvedimenti che siano davvero di innovazione e di razionalizzazione del sistema, senza nulla togliere alle logiche ispiratrici del servizio sanitario nazionale e ai diritti riconosciuti a tutti i cittadini». «Chiedendo anche a loro – ha puntualizzato il presidente della Repubblica – in ragione della loro effettiva capacità economica, chiedendo a quei cittadini che sono in grado di dare maggiori contributi, di darli, per il finanziamento di un servizio sanitario pubblico fondato anche in larga misura sul privato, che deve sottostare a regole più severe e a controlli più oculati di quanto non si sia fatto per lungo tempo».
Balduzzi, trasparenza nella valutazione dei risultati. «La crisi non è solo economica e strutturale: è anche una crisi di fiducia e di rappresentanza che richiede una risposta straordinaria e un credibile impegno individuale e collettivo di tutti, insieme all’alto senso di responsabilità e al rigore che devono caratterizzare chi amministra un bene pubblico così prezioso», ha detto da parte sua il ministro della Salute, Renato Balduzzi. «Il servizio sanitario nazionale – ha ricordato il ministro – è la casa comune per tutti i cittadini e per le persone presenti sul territorio nazionale». «Questo principio di universalità del diritto di accesso alle prestazioni e ai servizi del Sistema sanitario nazionale – ha proseguito – non può essere disgiunto né dal principio di trasparenza nella valutazione dei suoi risultati e nell’individuazione dei suoi dirigenti più capaci, né dal principio di legalità nello svolgimento scrupoloso degli iter amministrativi». Di qui la necessità che «tutti sappiano rendere conto dei risultati ottenuti, dell’uso appropriato ed efficiente delle risorse affidate, dell’autonomia e del disinteresse con cui sono prese le decisioni».
Soffermandosi sui «percorsi seguiti nel 2012», Balduzzi ha sottolineato che «la sanità italiana ha offerto un significativo contributo alle politiche adottate dal governo per l’uscita dalla crisi», anche se «in condizioni di particolare difficoltà» per la «compressione della dotazione delle risorse finanziarie del Servizio sanitario nazionale, che ha preservato comunque la funzione primaria di prevenire e temperare gli effetti della crisi sulle condizioni di salute della popolazione». L’interruzione, inoltre, per il 2011-2012 del finanziamento del Fondo nazionale per la non autosufficienza – che il Ministero intende ora «rivitalizzare» – «non solo ha trasferito sul bilancio della sanità gli oneri per i servizi sociali a elevata integrazione sanitaria, ma ha anche comportato ulteriori problemi all’organizzazione e al funzionamento della componente territoriale del Ssn in collaborazione coi Comuni, su cui insiste particolarmente la nuova domanda di assistenza da parte delle categorie più vulnerabili». Per quanto riguarda gli ospedali, Balduzzi ha richiamato la necessità di «renderli più adeguati alle sfide della moderna medicina e più proti alla prossima sfida europea di una sanità senza frontiere, assicurando la loro rispondenza a puntuali requisiti di accreditamento che garantiscano un’adeguata omogeneità di standard assistenziali fra le Regioni»