Lettere in redazione

Sanità, il fallimento dell’«intramoenia»

E’ stato approvato dalla maggioranza dei senatori un emendamento al decreto sull’emergenza sanitaria, secondo il quale ogni medico potrà scegliere di anno in anno, se prestare la propria opera esclusivamente per il servizio sanitario compresa la libera professione, la cosiddetta intramoenia, oppure se svolgere l’attività privata al di fuori del servizio pubblico. È grave che le autorità politiche continuino a legittimare un’attività a pagamento in concorrenza al servizio sanitario pubblico. Dati nazionali hanno ormai reso palese che le attività libero professionali, all’interno delle strutture pubbliche, non hanno raggiunto gli obiettivi per i quali erano state regolamentate ed autorizzate. In particolare non hanno ridotto le liste d’attesa; gli introiti, inoltre, non hanno coperto le spese, anzi i costi hanno rappresentato un aggravio di spesa immotivata per le Aziende e per i cittadini. Infine non sono servite a calmierare le antiche visite private se ora, una visita, come capitato al sottoscritto, costa 160 Euro.

La notizia, indice di una mancanza di volontà a prendere in seria considerazione il diritto alla salute del cittadino e la reale possibilità di accedere ai servizi sanitari, senza dover attendere mesi o anni, o addirittura senza doversi indebitare, è sembrata passare inosservata alla grande stampa.

Sarebbe assai opportuno che le singole Procure della Repubblica effettuassero un’indagine a tappeto sulle liste d’attesa, con verifiche mirate, nei confronti dell’attività libero professionale in intramoenia. Al fine di accertare se, volutamente, sono state gonfiate le liste d’attesa per aumentare il numero delle persone che, spinte dall’urgenza di accedere ad un particolare servizio sanitario, ricorrono all’intramoenia, magari privandosi di altri beni di prima necessità per poter pagare le salate tariffe dell’attività libero professionale.Andrea JardellaLivorno Credo sia capitato a ciascuno di noi di prenotare un esame diagnostico o in intervento chirurgico e di sentirsi rispondere che il primo posto utile è tra diversi mesi, mentre se si sceglie l’intramoenia (dal latino «dentro le mura», che in pratica vuol dire «a pagamento nelle strutture pubbliche») lo si può fare praticamente subito. Introdotta dal ministro Rosy Bindi e fortemente osteggiata all’inizio dalla classe medica, questa riforma, alla prova dei fatti, non ha dunque portato benefici sulle lunghe liste di attesa che, anzi, si sono estese dagli esami diagnostici anche agli interventi chirurgici. Ma non credo che la soluzione proposta dal governo – lasciar liberi i medici del servizio pubblico di esercitare la libera professione dove e quando vogliono – vada nella direzione giusta. Forse bisognerebbe fare il contrario: penalizzare la libera professione per i medici di quelle strutture dove non si riesce a far funzionare il servizio pubblico. E ben vengano, nel frattempo, anche le indagini della magistratura.Claudio Turrini