Toscana

Sanità, Grifoni: «Non è civile che una persona stia in pronto soccorso per giorni»

Professore, iniziamo con una metafora: la sanità toscana è un paziente malato gravemente oppure si tratta di un’influenza passeggera?

«C’è chi ha una visione del sistema sanità piuttosto catastrofica. Io invece non la vedo così. Prima di tutto dobbiamo sottolineare che è stato fatto un grande lavoro durante il periodo Covid. Adesso ci sono problemi organizzativi e soprattutto economici».

Pronto soccorso e liste di attesa sono le prime questioni da affrontare?

«Ci sono delle problematiche nella sanità toscana che cercheremo di risolvere. In primo luogo proprio pronto soccorso e liste di attesa. Problemi ci sono, non possiamo negarlo. Ma la nuova struttura del governo clinico penso possa dare il proprio contributo attraverso le commissioni e il coordinamento per dare indicazioni al fine di migliorare queste criticità».

Il pronto soccorso è il suo mondo. Che cosa non sta funzionando in questo momento? Manca il personale?

«È anche un problema di mancanza di personale. Ma è soprattutto una questione di organizzazione che nei sistemi ha una rilevanza centrale. È ovvio che la mancanza di professionisti nei pronto soccorso ha inciso negativamente sulla qualità del sistema. Quello che però possiamo rilevare è che in difficoltà non è il pronto soccorso ma l’ospedale».

In che senso?

«Se nel pronto soccorso rimangono troppi malati significa che l’ospedale non è capace di recepire il paziente. Le faccio un esempio. Quando nel 1980 ho iniziato la mia professione a S. Maria Nuova c’era l’accettazione con un solo medico che accoglieva le persone e le inviava nei reparti che avevano evidentemente grande disponibilità di posti. Ora invece si verifica che i pazienti arrivano al pronto soccorso ma, purtroppo, non c’è un posto disponibile in ospedale per cui rimangono bloccati lì. Quindi aumentano le difficoltà per gli specialisti dell’emergenza nel trattare i malati».

Sono stati tagliati troppi posti nei reparti?

«Dobbiamo andare ad analizzare la situazione nel complesso. Può darsi che abbiamo ridotto i posti oppure potrebbero essere sufficienti con un piano di riorganizzazione».C’è bisogno di rivedere anche il sistema delle liste di attesa, per esami e visite specialistiche, che tendono ad avere tempi molto lunghi?«Dobbiamo andare ad analizzare chi c’è dentro queste liste di attesa. Dobbiamo capire quali persone hanno una necessità di urgenza e chi invece no. Alcune richieste devono avere la priorità su altre. Anche in riferimento alle condizioni cliniche della persona. Il sistema è tutto da rivedere».

Anche la prevenzione rischia di andare in crisi con rischi gravi di salute per le persone?

«A me sembra che la prevenzione in Toscana funzioni. Invece ciò che dobbiamo guardare con attenzione è la cronicità che rappresenta il 50% delle problematiche in sanità».

Quindi dobbiamo trattare con attenzione la fase successiva all’ospedalizzazione?

«Sì. Come dobbiamo avere attenzione nell’arrivo in ospedale, la stessa cura dovviamo averla nell’uscita. Ci sono casi cronici che rimangono in ospedale per troppo tempo e, quindi, impediscono ad altri in condizione acuta di avere accesso al reparto. Per questo sono necessarie strutture che, una volta trattata la fase acuta, possano accogliere i pazienti per una seconda fase di trattamento».

I medici e gli infermieri, passata la dura prova del Covid, sono motivati oppure scoraggiati e stressati?

«Il lavoro in pronto soccorso è un lavoro duro. Se alcuni medici non vengono in questo reparto perché hanno paura di affrontare l’emergenza significa che quelli che vi sono impegnati devono essere premiati in qualche modo».

In conclusione, il malato in Toscana può stare tranquillo? Sarà curato sempre al meglio?

«Tutto ciò che faremo sarà per migliorare l’assistenza ai cittadini. Ma voglio sottolineare che nei pronto soccorso abbiamo sempre garantito tutto a tutti e, in particolare, alle fasce più deboli. Purtroppo la povertà è in aumento e si sta creando una disparità sociale. I più poveri sono quelli che hanno più bisogno e devono sapere che troveranno le nostre porte sempre aperte».