Pisa

SAN RANIERI VISTO DAGLI STORICI

di Francesca Benucci

 La figura di San Ranieri incuriosisce anche gli storici. Se n’è reso conto chi ha partecipato a «Intercessor Ranierus ad Patrem», il convegno organizzato da un apposito comitato scientifico e tenutosi venerdì e sabato scorsi all’auditorium «Toniolo» a Pisa. Numerosi i partner dell’iniziativa: la diocesi, il Capitolo e l’Opera della primaziale, la Deputazione di «Storia patria per la Toscana», il Dipartimento di storia dell’ateneo pisano, l’Istituto superiore di scienze religiose «Niccolò Stenone» di Pisa, «Memoria ecclesiae» e Società storica pisana. L’intervento dell’Arcivescovo«Mi auguro che anche grazie ai relatori di questo convegno e ai loro studi si aggiungano spazi nuovi di conoscenza: perché colui che veneriamo come patrono diventi sempre più modello di vita» con queste parole l’arcivescovo Giovanni Paolo Benotto ha aperto i lavori del convegno. L’Arcivescovo pensa soprattutto ai fedeli laici che in San Ranieri «hanno la riprova che in ogni vocazione e in ogni stato di vita la santità, che viene donata nel battesimo, può innervare e sostanziare, con ricchezze inedite, il cammino di ogni giorno nella costruzione di quella civiltà dell’amore che unisce sempre, in feconda armonia, la città di Dio e la città dell’uomo».Nel suo intervento monsignor Benotto ha ripercorso la storia recente del culto del santo patrono della diocesi. Risalgono al 1961 le grandi celebrazioni organizzate in occasione  dell’ottavo centenario della morte del santo: in particolare il pellegrinaggio dell’urna di San Ranieri in alcune delle zone della diocesi e la grandiosa processione fluviale in Arno. Da allora l’urna di San Ranieri non è più uscita dal duomo, almeno fino al Giubileo del Duemila (tutti ricordano ancora con emozione la processione fluviale del corpo del patrono). Nel ’65 la chiesa pisana aveva vissuto la straordinaria esperienza del Congresso eucaristico nazionale e la visita di Papa Paolo VI. Il Sessantotto, invece, aveva segnato la fine di ogni manifestazione religiosa esterna, compresa la processione del Corpus Domini e del Gesù morto. «Una cesura – ha continuato l’arcivescovo- che va riconosciuta nella storia religiosa pisana e che coinvolse anche San Ranieri»L’Arcivescovo ha poi spiegato i motivi che lo hanno convinto a promuovere un anno dedicato a San Ranieri: «rinverdire la conoscenza del nostro patrono e ritrovare intorno a lui il senso della appartenenza alla nostra Chiesa particolare, in un tempo di individualismo e frammentazione esasperata». Monsignor Benotto ha anche parlato di come la diocesi ha lavorato per favorire l’incontro tra la gente e San Ranieri: «Prima di tutto abbiamo voluto far conoscere San Ranieri nella sua vera identità, promuovendo la pubblicazione della sua vita scritta dal professor Gabriele Zaccagnini; insieme abbiamo pubblicato anche un testo a fumetti ed una ‘vita’ scritta per ragazzi, giovani ed adulti, corredata di schede di catechesi».  L’anno di San Ranieri- ha continuato Benotto- non è solo un anno di ritrovata conoscenza di una figura del passato, ma si inserisce nel progetto pastorale diocesano. Dopo aver riflettuto lo scorso anno sul tema del battesimo, da cui nasce la santità, in questo anno pastorale, prendendo a modello un laico, vogliamo proporre a tutti la mèta della santità come cammino per l’intera comunità ecclesiale».L’Arcivescovo ha quindi messo in evidenza lo straordinario «dono» di un anno giubilare che la Penitenzieria Apostolica ha offerto alla comunità pisana quando all’inizio del 2010 egli chiese la concessione di una indulgenza legata all’850 della morte del santo. È la prima volta che accade per la diocesi di Pisa.Due parole anche sulla «peregrinatio» del busto argenteo del santo: una staffetta che idealmente unirà tutti i vicariati, quindi tutte le parrocchie della diocesi, manifestando, nel nome di Ranieri, l’unità inscindibile della Chiesa.«Non si costruisce vera conoscenza senza indagine, non si ha vera cultura con la approssimazione, la devozione stessa per crescere e dare frutti maturi deve avere basi culturali autentiche. Una rinnovata devozione a San Ranieri chiede tutto questo: un patrono, per essere significativo per la comunità cristiana che a lui si riferisce, deve essere conosciuto sempre di più e sempre più approfonditamente».Il confronto degli storiciL’intervento di Benotto ha dato il via al confronto tra gli storici.Una premessa: la ricostruzione della storia di tutti i santi – ha osservato il professor Roberto Graeci (università di Parma) – è una buona «palestra» per gli storici, perché li «costringe» ad un confronto critico delle fonti; invitandoli ad adottare un metodo di lavoro che sarà loro utile per tutta la vita professionale.La figura di Ranieri solletica ancor più gli storici: perché visse in un periodo in cui i traffici commerciali di Pisa si stavano allargando, le istituzioni comunali cittadine sviluppando. E perché  – come ha osservato nel suo intervento l’agiografo Gabriele Zaccagnini – Ranieri è il primo esempio di santità laicale. Un vir Dei capace di scuotere il modello di cristianesimo «vissuto» in Occidente nel Medioevo, un modello lontano dagli ideali del Vangelo. Grazie all’esperienza di Ranieri – ha commentato Zaccagnini – si fa strada un nuovo movimento spirituale, che dà valore alla paternità universale di Dio, incoraggia la partecipazione attiva del popolo alle liturgie e la preghiera individuale per costruire un rapporto filiale con il Signore; caldeggia il ritorno ai Vangeli ed ai valori delle beatitudini, rifiuta la violenza, sceglie la povertà e la carità».Una figura, quella del nostro patrono, tenuta in grande considerazione anche dal Signore del comune – come ha osservato la professoressa Anna Benvenuti dell’università di Firenze. Il ricco dossier agiografico sulla vita di Ranieri – ha osservato la professoressa Gabriella Garzella – ci permette di ricostruire chi erano «gli interlocutori del santo» e la «quotidianità della vita cittadina, animata da una folla di protagonisti che, in definitiva, erano, in diversi casi, gli stessi destinatari dei miracoli attribuiti a San Ranieri»: famiglie di alto rango, ma anche umili, povere, e poi comuni cittadini, donne e forestieri, numerosi in una città cosmopolita quale era la Pisa del XIIº secolo.Tra i 140 miracoli attribuiti alla intercessione di San Ranieri, 15 interessano i «viaggi per mare» – come ha ricostruito la professoressa Maria Luisa Ceccarelli Lemut. Il loro racconto ci aiuta a capire quali erano le rotte percorse dai pisani nel Mediterraneo: da Genova alla Sardegna alla Campania, dall’Africa settentrionale alla Grecia a Costantinopoli. E con quali imbarcazioni i nostri si muovevano. Il santo veniva invocato dai marinai perché li proteggesse da tempeste ed attacchi di pirati.Le notizie sulle relazioni tra Pisa ed il Mediterraneo che si evincono dalla «Vita» scritta da Benincasa – ha osservato la professoressa Monica Baldassari – sono coerenti con le altre fonti a disposizione degli studiosi. Gino Fornaciari, invece, ha parlato delle malattie per cui si invocava l’intervento di San Ranieri: malattie infettive, articolari e dell’apparato digerente, cecità, sordità, edemi, emorragie, febbri, per le quali il medico non era sufficiente. Di fronte a chi chiedeva una grazia – ha ricordato la professoressa Patrizia Castelli (Università di Ferrara) – San Ranieri si poneva con l’atteggiamento del penitente e dell’orante.L’intervento del professor Stefano Sodi ha aperto la sezione del convegno dedicata al culto e alla memoria postuma di San Ranieri. L’affermazione del culto di San Ranieri nel XII secolo ha incontrato non poche difficoltà, per il fatto che egli rappresentava un modello «inattuabile». Visconti elenca Ranieri tra i «flores» della Chiesa pisana, ma non gli dà particolare valore.Le cose cambieranno nel XIV secolo: risalgono a questo periodo i manoscritti su San Ranieri, il sarcofago di Camaino e gli affreschi. Cecilia Iannella ha illustrato il ciclo di affreschi dedicati al santo patrono, destinati «ad un pubblico vasto». «Ci raccontano di Ranieri penitente, pellegrino, taumaturgo; la città di Pisa fa da sfondo, con i suoi simboli: gli edifici, le autorità ecclesiastiche, gli abitanti che popolano tutte le scene».Il convegno si è concluso con le relazioni di Gaetano Greco (dell’università di Siena) e di Paolo Morelli della Scuola di formazione teologica di San Miniato. Secondo loro, è stata la «modernità» di Ranieri a renderlo «inattuabile». Egli non era né prete né monaco e questo limitava sia la diffusione del suo culto, che la sua adattabilità come modello nel corso dei secoli. Morelli ha evidenziato come anche la liturgia civica – la regata, la luminaria – siano state riferite a Ranieri solo in epoca tarda. Ed anche l’ufficio liturgico del santo ha visto un iter di approvazione lento e macchinoso.