Cultura & Società
San Biagio, protettore della gola e dei boschi
di Carlo Lapucci
San Biagio fu vescovo di Sebaste, in Armenia, e martire nel IV secolo presumibilmente sotto l’imperatore Licinio (307-323) collega di Costantino. Nella sua città Sebaste, in quella che oggi è l’Anatolia, pare facesse il medico e quindi fu fatto vescovo. Rimane una figura misteriosa in quanto si trova per così dire in bilico tra la storia e la leggenda: la documentazione storica è labile, ma le testimonianze numerose; il leggendario invece è considerevole e bella la sua Passio, anche se tarda. Il suo culto è molto esteso in Oriente e anche in Occidente dove è documentato fino dai primi secoli: lo speco nel quale si ritirò San Benedetto nel V secolo era a Subiaco presso un luogo di preghiera dedicato a San Biagio. Moltissime sono le chiese dedicate a questo Santo: Roma ne aveva una trentina. In Toscana era particolarmente onorato a Pistoia, nella cui cattedrale si conservavano alcune reliquie del Santo e la sua festa veniva celebrata con solennità. A Montepulciano a San Biagio è dedicato il magnifico tempio, opera del San Gallo. Costruito sui ruderi d’una chiesa precedente si pensa che questa a sua volta sia sorta sopra i resti di un tempio pagano e questo insediamento di chiese dedicate a San Biagio sopra antichi luoghi di culto pagani è un dato frequente. Si può pensare quindi che per la sua popolarità il Santo sia stato uno di quelli preferiti dalla Chiesa per soppiantare culti pagani particolarmente pervicaci, forse il culto di Mitra e i mitrei.
La benedizione avviene in alcuni luoghi usando due candele benedette nel giorno precedente, festa della Candelora, mentre comunemente quelle usate per la benedizione della gola vengono benedette il giorno stesso con un formulario speciale del Rituale: Benedizione delle candele nella festa di San Biagio Vescovo e Martire. Come spesso succede questa usanza può apparire ai nostri occhi un po’ singolare, ma nasconde una terribile realtà. Ricordo che da piccoli nonne e zie ci portavano tutti, i renitenti a scapaccioni, a prendere questa benedizione. Con la neve e il ghiaccio ci si doveva alzare presto, ma la risposta era sempre la stessa: che tutti i bambini dovevano essere benedetti per San Biagio. Forse anche gli adulti non sapevano ormai perché, ma era rimasto, conscio o inconscio, il ricordo di una malattia della gola, spesso mortale, che prendeva soprattutto i bambini: la difterite, il krup, nelle varie forme. Fino ai primi dell’Ottocento fu confusa con altre malattie della gola. Era detta con un termine generico, ora obsoleto, squinzania, che indicava diverse affezioni morbose della gola: dalla semplice infiammazione della faringe a quella che veniva chiamata soffocazione, anche velo perché la gola cominciava a velarsi, e placche, perché sul palato si formavano placche le quali, moltiplicandosi, portavano all’impossibilità di respirare. Quando si presentava il mal di gola in un bambino, cosa assai frequente in inverno (intorno alla festa del Santo), la famiglia tremava fino alla sua guarigione, perché si sapeva come poteva finire. Si comprende bene come la disperazione nei secoli spingesse a cercare protezione da una malattia inesorabile che colpiva soprattutto gli esseri più deboli e amati della famiglia.
Altro uso del giorno di San Biagio è la distribuzione in chiesa di piccoli pani benedetti. Si dice anche che sia stato il Santo a indicare un semplice rimedio per cacciare le spine di pesce che restano nella gola, consistente nell’inghiottire una mollica di pane, e i pani benedetti vorrebbero ricordare proprio questo. Una postilla devota alla leggenda vuole che il Santo, oltre alla benedizione, dette a mangiare al ragazzo anche una mollica di pane. In realtà anche qui siamo in bilico tra la devozione e la superstizione: la distribuzione del pane nelle chiese veniva fatta anche per altre feste (Giovedì santo), come uso devoto, ma originariamente anche come aiuto a chi non aveva da mangiare: siamo nel pieno inverno, il periodo che in tempi di penuria poteva essere per molti di fame.
Biagio, quando cominciò la persecuzione, si ritirò su un monte abitando dentro una caverna, ma venne scoperto e arrestato. Sottoposto a numerose torture, cadde decapitato. La Passio dice che il Santo fu torturato con pettini di ferro: in realtà non si sa cosa fossero questi strumenti, ma nella tradizione sono divenuti i pettini usati dai cardatori di lana, elementi divenuti un suo attributo comparendo costantemente nell’iconografia. In questa compare nei suoi paramenti da vescovo, reggendo un pettine, ovvero con le due candele incrociate. È anche raffigurato sotto la tortura mentre, legato a una colonna, o a una forca, gli vengono dilaniate le carni con i pettini.
San Biagio non è invocato nelle Litanie dei Santi, però si trova nel numero dei Santi Ausiliatori, il che significa che è stato tra i santi più venerati e popolari per ben oltre un millennio e la sua storia si trova nella Leggenda aurea. È patrono di almeno 24 importanti centri in Italia, città, tra le quali Ragusa, Ostuni, Ruvo, Fiuggi. Considerevole poi è il numero delle sue protezioni e questo insieme di cose pare abbia messo in imbarazzo i riformatori del nuovo Calendario Liturgico, tanto che ne hanno lasciata la memoria, pur essendo inesorabili nei casi come questo, in cui manca un’affidabile documentazione storica. Le sue numerose protezioni pare siano dovute alla presenza di elementi forti della sua figura, che contavano molto nel passato. La malattia della gola era una delle più frequenti e tormentose. Una volta riconosciuto, questo patrocinio facilmente si è esteso a tutto quanto aveva relazione con l’apparato respiratorio, capitolo considerevole della salute e delle attività.
La protezione degli animali è un altro motivo che nasce da una storia di grande suggestione derivante dalla vita del Santo, visitato nel suo speco da una moltitudine di animali diversi, cosa che fu poi causa della sua fine. Nel Nord era molto più diffusa tale devozione ma ancora da noi si trovano immagini di un santo attorniato dagli animali, soprattutto selvatici, che molti credono Sant’Antonio, fino a scriverlo nelle didascalie di raffigurazioni artistiche come le ceramiche. In realtà si tratta di una immagine di San Biagio al quale si usa ugualmente raccomandare gli animali. Lo si riconosce perché, essendo una figura imponente di barbuto e antico santone, ha in mano un pettine, o un bastone, che ricorda il pastorale, ma nessun attributo di Sant’Antonio Abate: il fuoco, il porcello, il tau. In tale veste Biagio non ha la mitria, che gli compete come suo attributo, ma vesti dimesse che lo assimilano all’altro Biagio armentarius.
La perdita delle bestie, soprattutto vaccine, è una grave sciagura per i contadini, mentre a quel tempo i pastori temevano molto le stragi fatte dai lupi nei greggi, e una leggenda vuole proprio che Biagio ne ammansisse uno.
Anche l’uso degli arnesi di ferro è stato un forte richiamo per le protezioni. Nel mondo rurale gli arnesi da taglio facevano un tempo molte vittime tra i contadini ignoranti e poco accorti. La stessa cosa accadeva tra gli artigiani tanto che altri santi, come San Bartolomeo, che fu scorticato e porta come attributo un coltello, è stato eletto protettore di conciapelli, macellai, pellicciai, sarti, e addirittura l’Arcangelo Michele, per brandire la spada, fu scelto dai salumieri. Il bisogno di tutela da questi incidenti, che potevano ridurre un uomo a una vita miseria e tribolata, ha chiamato il Santo a proteggere molti di coloro, che per lavoro dovevano maneggiare arnesi pericolosi di ferro.
Un elemento appare una sovrapposizione, o una giustapposizione con la festa della Candelora che cade il giorno prima: la candela per l’uso della benedizione. La tradizione narra come la donna, che per sua intercessione aveva riavuto il porcello rubatole dal lupo, portò a Biagio imprigionato qualcosa da mangiare, ed ebbe dal Santo il ringraziamento insieme alla promessa: «Ogni anno offri in una chiesa edificata in mio nome un pane e una candela e te ne verrà bene e salute». Questo si trova scritto nella Leggenda aurea e potrebbe spiegare sia l’uso delle candele nella benedizione, sia quello dei pani.
Accorse anche una donna piangente, tenendo tra le braccia il figlio morente chiedendo che Biagio lo guarisse: mentre mangiava una lisca di pesce gli si era confitta nella gola e nulla era valso a toglierla e il ragazzo era alla fine. Il vescovo pose le mani sopra il corpo esanime rapidamente la vita ritornò e tossendo il ragazzo sputò la spina e fu sanato. Disse allora Biagio che tutti quelli che l’avessero invocato nelle tribolazioni della malattia avrebbe avuto il suo aiuto.