Toscana

Salvati dall’Ici i bilanci dei Comuni

di Ennio CicaliSeicentocinque euro l’anno è l’ammontare medio pagato da una famiglia toscana al proprio Comune, a titolo di Ici (299 euro), addizionale Irpef (81 euro), Tarsu o Tia (225 euro), con un’incidenza sul reddito pari all’1.7 per cento. Sono alcuni dati del Rapporto sulla finanza locale in Toscana, curato da Stefania Lorenzini, presentato dalI’Irpet (l’istituto per la programmazione regionale) e dalla Regione. I bilanci degli enti locali toscani soffrono per il basso livello dei trasferimenti statali e, al tempo stesso, da una ridotta libertà di manovra sulle scelte di bilancio.

In Toscana, il progressivo calo delle risorse statali è stato in parte bilanciato da crescenti trasferimenti regionali. Il peso dell’Ici (58% delle entrate tributarie, corrispondente a 880 milioni di euro) si è sostanzialmente assestato, così come quello dell’addizionale Irpef (quasi l’8% pari a 119 milioni di euro) in seguito al blocco in vigore dal 2004; la Tarsu, la tassa sui rifiuti (24%, 367 milioni di euro) non ha ancora perso terreno, visto che il passaggio a tariffa è abbastanza lento.

La proposta di abolire l’Ici sulla prima casa, avanzata nella recente campagna elettorale dall’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e successivamente ripresa da esponenti del centrosinistra, comporterebbe una perdita di gettito stimabile in 3 miliardi di euro a livello nazionale, 293 milioni di euro in Toscana; ciò garantirebbe a ogni famiglia un ammontare aggiuntivo di risparmio – in Toscana pari a 196 euro a famiglia – da destinare ai consumi. Ma soprattutto a chi converrebbe questa «manovra»? La proposta, rileva il Rapporto, si tradurrebbe in una minore incisività dell’azione redistributiva, considerato che l’Ici sulla prima casa contribuisce, seppure in misura lieve, alla diminuzione della disuguaglianza. L’applicazione dell’Ici dimostra come i Comuni toscani abbiano ampiamente utilizzato il potere discrezionale di variare le aliquote.

Nella situazione attuale il margine di gettito ancora disponibile è scarso, soprattutto sulle seconde case e i fabbricati per uso non abitativo: in Toscana, infatti, più che in altre regioni, sono state concesse condizioni agevolate sulla prima casa recuperando la perdita con una tassazione più forte sugli altri immobili. L’incremento sembra dipendere da una efficace revisione delle rendite catastali. La diminuzione dei trasferimenti, il calo delle entrate ha reso indispensabile l’incremento dei proventi dei servizi, in pratica l’aumento delle tariffe. La finanza delle Province toscane appare complessivamente in buona salute. Non hanno perso risorse finanziarie grazie soprattutto ai trasferimenti regionali (23% delle entrate totali, ossia 326 milioni di euro), e possono contare su imposte sufficientemente elastiche rispetto al reddito (imposta RCA, imposta di trascrizione addizionale all’energia elettrica).

Diminuita la spesa corrente delle Comunità Montane toscane e potenziato gli investimenti (71 milioni di euro), soprattutto nel campo del turismo, il che ha comportato, a fronte di una sostanziale invariabilità delle entrate extra-tributarie e dei trasferimenti regionali, un maggiore ricorso all’indebitamento. Il dato positivo da evidenziare nel nuovo Rapporto sulla finanza pubblica in Toscana è per il neo assessore regionale al bilancio, Giuseppe Bertolucci, l’elevata spesa pro capite degli enti locali, superiore a quelli di Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Lazio, nonostante le restrizioni imposte: i Comuni toscani hanno speso, nel 2004, 461 euro per abitante, a fronte di una media nazionale di 423 euro, le Province si sono attestate invece su 286 euro, contro i 210 nazionali. «Se questo avviene – ha detto Bertolucci – è anche grazie ai trasferimenti regionali, che negli ultimi anni sono aumentati, anche a compensazione delle sempre minori risorse provenienti dallo Stato».

38 mila occupati negli enti localiUn altro aspetto importante del Rapporto sulla finanza locale riguarda la flessibilità e stabilità del lavoro negli enti locali toscani. Nel periodo 1996 – 2004 l’occupazione è passata da quasi 44 mila a poco meno di 38 mila dipendenti. Nelle Amministrazioni provinciali il personale è complessivamente aumentato, anche se con un tasso di crescita in sensibile diminuzione; nei Comuni si hanno 666 assunzioni in meno in 4 anni, e nelle Comunità Montane sono rimaste stabili (attorno alle 50 unità). In Regione, invece, si ha un incremento costante del personale impiegato, da quasi 2.700 unità nel 2001 a oltre 2.900 nel 2004. Sono diminuiti i dipendenti a tempo indeterminato, con la crescita del lavoro flessibile e l’invecchiamento del personale. Su 38 mila occupati negli enti locali, i lavoratori a termine sono circa 3 mila (8% sul totale del personale), in linea con il dato nazionale (7,8%). Nei Comuni si registra il rapporto più basso tra assunzioni e cessazioni, con la diminuzione più marcata di personale a tempo indeterminato. I collaboratori pubblici sono in prevalenza giovani adulti, soprattutto donne, in possesso di laurea, con alle spalle lunghi percorsi di flessibilità. Al rinnovamento dell’apparato non giova la persistenza di una struttura piramidale in cui le donne continuano a rimanere escluse dalle posizioni gerarchiche più elevate (solo il 20-25% del totale), una situazione che di recente sembra cambiare, anche se troppo lentamente.