Cultura & Società
Salami e salumi
di Gian Marco Mazzanti
Che salame derivi dal sale che serve per la sua preparazione, non dovrebbe esservi dubbio, ma questo non basta. Il sale, fin dall’antichità, è stato usato per la conservazione di molti alimenti, in particolare del pesce di mare. Interessante è rilevare che il pesce salato ebbe in tempi lontani diverse denominazioni tipo quella di «salamen», termine che poi è rimasto in quello di «salacca». Mentre il termine di salame, per indicare l’insaccato che oggi conosciamo, compare per la prima volta nel manuale di cucina di Vincenzo Cervio (1581).
Svariate fonti ci dicono che testimonianze dei primi salumi si sono avute intorno al 1500 a.C. quando l’uomo si accorse che un buon metodo di conservazione della carne era quello di metterla sotto sale; salatura che, qualche centinaio di secoli dopo, gli antichi Romani, perfezionarono introducendo anche l’uso di spezie e aromi come l’aglio e il ginepro. Ma ancor prima l’uomo Paleolitico si era accorto che anche con l’affumicatura si poteva ottenere un’ottima tecnica di conservazione. Scoperta che forse fu del tutto casuale in quanto, l’uomo delle caverne, per mettere i pezzi di carne al sicuro dagli animali, li appendeva alle volte delle caverne e sempre nelle vicinanze del fuoco; e fu appunto proprio il fumo di questi fuochi ad affumicare le carni e bloccarne il processo di deterioramento.
Con il passare dei secoli la produzione e il consumo dei salumi hanno assunto sempre maggiore importanza, passando dai trionfi rinascimentali, fino al diciannovesimo secolo nel quale si diffusero le prime salumerie e i primi laboratori della lavorazione del maiale.
E veniamo appunto ai nostri giorni esaminando le varietà dei salumi presenti sul territorio toscano dividendoli in tre categorie: i salumi veri e propri, gli insaccati e i sanguinacci. In questa puntata prendiamo in considerazione i «salumi veri e propri».
Prosciutto toscano Prodotto ancora oggi artigianalmente in tutta la regione, è un salume crudo ricavato dalla lavorazione delle cosce fresche di suini pesanti. È di forma tondeggiante alla sommità e ha un peso non inferiore ai sette/otto chili; di sapore delicato, ha un aroma fragrante e caratteristico ottenuto grazie all’impiego nella lavorazione di bacche ed essenze tipiche del territorio.
Prosciutto del Casentino Il prosciutto crudo prodotto in questa zona in provincia di Arezzo, deve la sua tipicità alla provenienza locale dei suini dei quali si utilizzano le cosce migliori il cui peso è compreso tra i 6 e i 10 chili. Terminate le fasi di rifilatura, salatura e drogatura, avviene la stagionatura per un periodo variabile fra i 6 e i 18 mesi; alla fine avremo un prosciutto contraddistinto da una forma piatta e da una spiccata salatura.
Prosciutto Bazzone Il nome «Bazzone» deriva dalla forma del prosciutto piuttosto allungata e particolare che ricorda, alla vista, il «bazzo» (o «bazza»), parola usata nel dialetto locale per indicare un mento molto pronunciato. È dalla fine dell’800 che, nella valle del Serchio e in Garfagnana, si produce questo salume ottenuto da cosce di suino allevato in zona e con alimentazione naturale. Ha un sapore penetrante e delicatamente aromatico, con la parte magra di colore rosso vivo e quella grassa di colore roseo.
Spalla di maiale Salume di grossa pezzatura che si ricava, previa salatura e stagionatura di quasi un anno, dalle cosce anteriori del maiale. La carne, saporita e molto profumata, è di consistenza tenera e ha un colore che va dal rosato al rosso intenso. È prodotta in molte zone della Toscana, ma le produzioni maggiormente conosciute sono la chiantigiana, la pisana e quella di Sorano in provincia di Grosseto.
Spalla cotta della Lunigiana Questo salume viene prodotto quasi esclusivamente nel comune di Filattiera (MS). La spalla, dopo esser stata salata e speziata e dopo la stagionatura di quasi un anno, viene cotta in abbondante acqua e servita tiepida con salsa verde e accompagnata da contorni di verdure o sformati di patate.
Rigatino Detta anche pancetta, è prodotto in tutta la regione. Il taglio più utilizzato è la parte più muscolosa della pancia di suini macellati quando raggiungono il peso di 110/140 chili; di forma parallelepipeda, il rigatino pesa circa due chili e mezzo. Ricoperto di pepe nero, ha un sapore leggermente piccante e con una consistenza che dipende dalla durata della stagionatura. Nel comune di San Miniato (PI) esiste una variante (rigatino finocchiato) aromatizzata con finocchio selvatico, dove il rigatino viene arrotolato su se stesso per la stagionatura.
Vergazzata Si tratta di una pancetta stesa che viene fatta stagionare in conche di marmo. Il sapore e l’odore sono molto intensi per la presenza di erbe aromatiche e spezie sulla superficie. La si produce esclusivamente nel territorio di Colonnata (MS).
Tarese del Valdarno È un salume ricavato lavorando la schiena e la pancia del maiale, con le tecniche tipiche del rigatino. Ha dimensioni 50×60 cm ed è ricoperta di pepe nero; è piuttosto saporita, molto aromatica e con odore tendente al dolciastro
Barbina (o Guancia) La «barbina» è un salume ricavato dalla parte muscolosa della gola del maiale. Ha forma a pera e cotenna su un lato; la carne, rossa e interrotta da fili di grasso, è simile a quella del rigatino.
Lardo di Colonnata In questo piccolo borgo vicino a Carrara stagiona, nelle famose vasche di marmo, il lardo ricavato dalla parte adiposa del dorso di maiali dal peso di 160/200 chili. Questi parallelepipedi di lardo dapprima vengono massaggiati con il sale grosso, quindi vengono adagiati nelle vasche alternandoli, tra strato e strato, con una mistura di aromi composta da erbe aromatiche della zona. Nelle vasche chiuse, il lardo deve «riposare» per almeno sei mesi.