Cultura & Società
S. Caterina d’Alessandria tra culto e mito
Pare un po’ semplicistico che tutto sia nato dal ritrovamento di un corpo di donna incorrotto sulla montagna del Sinai e questo, portato nella chiesa fatta costruire da Sant’Elena, madre di Costantino, sia stato onorato col nome Aicatharina, termine greco che significa, incorrotta, pura, senza macchia. Comunque sia, consideriamo quello che Caterina d’Alessandria ha rappresentato come simbolo, come modello, come testimonianza e tramite dalla terra al Cielo.
In questo senso è una grandissima figura che raccoglie molti aspetti del culto popolare, ma anche del religioso più genuino. Si ritiene che tra le Sante il suo culto fu secondo per diffusione solo a quello di Maria Maddalena. La sua Passio, che riferisce anche le vicende della sua vita, è piuttosto tarda e risale al X secolo, ma vi è una testimonianza più antica del suo culto in una pittura romana che risale all’VIII secolo. Certo è che la devozione per questa Santa si potenzia e si diffonde in Europa e altrove dal X al XII secolo e continua nei secoli successivi, fino ai nostri giorni, quando, per la nuova riforma del calendario liturgico del 1969, la sua festa, che si celebra il 25 novembre, è lasciata solo ai culti locali.
Invocata nelle Litanie dei Santi, patrona dell’Università di Parigi, in particolare della facoltà di Filosofia, santa titolare di molte e importanti chiese e parrocchie, faceva parte anche dei cosiddetti Quattordici Santi Adiuvanti, serie che raccoglie i principali Santi protettori che avevano una festa comune il giorno 8 agosto, ricorrenza espunta, anche questa, dalla citata riforma. Per la curiosità i Santi, i cui nomi hanno qualche variazione da luogo a luogo, sono Acacio, Barbara, Biagio, Caterina, Cristoforo, Ciriaco, Dionigi, Elmo, Emidio, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone, Vito. Tutti martiri.
Per l’assistenza avuta dalla colomba in prigione protegge gli avicultori e quindi i prigionieri. Inoltre a lei si raccomandano barbieri e naufraghi, vermicellari (fabbricanti e venditori di pasta), linaioli, canepari (lavoranti della canapa), funai.
La festa è il 25 novembre. Il freddo non si vince che col fuoco. La fascina è il fastello di legna leggera: rami spogli di piante e arbusti di bosco che servono per avviare il fuoco oppure per fare una bella fiammata.
Il manicotto è una sorta di tubo ovattato o di pelliccia nel quale s’infilavano le mani per tenerle calde durante la stagione fredda; la cassettina, col manico, fatta di metallo (ottone), conteneva brace ardente, coperta di cenere ed era usata dalle donne per scaldarsi, sedendo in casa a lavorare.
Non più sul monte, ma è scesa anche a basso.
Santa Caterina è vestita di bianco. Di solito si affaccia la neve.
Novembre e dicembre sono i mesi della raccolta delle olive.
Si riduce il tempo del dì rispetto a quello della notte e il giorno di Santa Caterina registrerebbe un’ulteriore piccola riduzione del periodo di luce. Un passo di gallina indica un frammento brevissimo di tempo.
Rientrano le bestie dai pascoli e rimangono nella stalla.
La festa cade esattamente un mese prima di Natale. Si pensa che il tempo che fa in tale giorno per la festa della Santa, fa anche nel giorno di Natale. I verbi sono formati sui sostantivi, come fanno spesso i proverbi.
Si vuole che intorno a questo giorno la Santa mandi una giornata di sereno e di aria tiepida prima dei rigori invernali. Un fenomeno quello che si vuole per San Martino, ma meno vistoso.
Si usava mettere all’ingrasso intensivo fin da questo periodo le oche per salarle a S. Lucia (13 dicembre), e anche averle pronte alle feste natalizie.