Cultura & Società

S. Caterina d’Alessandria tra culto e mito

di Carlo LapucciSanta Caterina d’Alessandria, o della Ruota, poiché nel suo martirio ebbe anche questo supplizio, è una figura nella quale non è facile distinguere la storia dalla leggenda, tanti motivi si sono aggregati alla sua fascinosa immagine, alcuni forse pertinenti, altri venuti dalla logica della tradizione che somma su una figura di spicco fatti, miracoli, caratteristiche che vengono da personaggi minori o da cicli leggendari. L’esperienza dice che una figura di tale importanza, venerata da ogni parte delle cristianità, con un leggendario così ricco, chiese dedicate, testimonianze infinite anche se un po’ tarde, non può essere nata da nulla e, tutte le volte che la tradizione orale ha indicato personaggi di questa levatura, spesso anche la filologia e l’archeologia vengono col tempo a darle ragione.

Pare un po’ semplicistico che tutto sia nato dal ritrovamento di un corpo di donna incorrotto sulla montagna del Sinai e questo, portato nella chiesa fatta costruire da Sant’Elena, madre di Costantino, sia stato onorato col nome Aicatharina, termine greco che significa, incorrotta, pura, senza macchia. Comunque sia, consideriamo quello che Caterina d’Alessandria ha rappresentato come simbolo, come modello, come testimonianza e tramite dalla terra al Cielo.

In questo senso è una grandissima figura che raccoglie molti aspetti del culto popolare, ma anche del religioso più genuino. Si ritiene che tra le Sante il suo culto fu secondo per diffusione solo a quello di Maria Maddalena. La sua Passio, che riferisce anche le vicende della sua vita, è piuttosto tarda e risale al X secolo, ma vi è una testimonianza più antica del suo culto in una pittura romana che risale all’VIII secolo. Certo è che la devozione per questa Santa si potenzia e si diffonde in Europa e altrove dal X al XII secolo e continua nei secoli successivi, fino ai nostri giorni, quando, per la nuova riforma del calendario liturgico del 1969, la sua festa, che si celebra il 25 novembre, è lasciata solo ai culti locali.

Invocata nelle Litanie dei Santi, patrona dell’Università di Parigi, in particolare della facoltà di Filosofia, santa titolare di molte e importanti chiese e parrocchie, faceva parte anche dei cosiddetti Quattordici Santi Adiuvanti, serie che raccoglie i principali Santi protettori che avevano una festa comune il giorno 8 agosto, ricorrenza espunta, anche questa, dalla citata riforma. Per la curiosità i Santi, i cui nomi hanno qualche variazione da luogo a luogo, sono Acacio, Barbara, Biagio, Caterina, Cristoforo, Ciriaco, Dionigi, Elmo, Emidio, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone, Vito. Tutti martiri.

La leggendaLe nozze misticheLa leggenda di Santa Caterina, narrata anche nella Legenda aurea, è ricca di episodi e molto bella, elemento che va a favore del fatto che possa essere stata molto aggiustata, arricchita, e ha molti motivi forti, come quello del supplizio della ruota, che sono entrati nell’iconografia. Si vuole che sia stata di stirpe regale, figlia del re Costa, e comunque d’una famiglia nobilissima e ricca, che fino dall’infanzia abbia perduto i genitori quindi, cresciuta indipendente e nella possibilità di scegliere la propria vita, si dedicò allo studio, circondandosi di sapienti ed eruditi, diventando dottissima soprattutto nella filosofia e nella religione. Era, oltre che di grande ingegno, una giovane bellissima, richiesta in sposa dagli uomini più importanti della città d’Alessandria. Noi seguiamo le note più comuni della tradizione, mentre altri elementi secondari contrastano con questi. Ancora adolescente ebbe un sogno, meglio una visione: le parve che nel Cielo, in mezzo agli Angeli e i Santi, Cristo, bambino nella braccia della Vergine, prendesse una prezioso anello che le porgeva la Vergine Maria e lo infilasse nel suo dito, facendola sua sposa. Quando si ridestò Caterina si trovò nel dito lo stesso anello che aveva visto e avuto in Cielo, e si ritenne per sempre sposa di Cristo. La sfida coi cinquanta sapientiSi narra che un imperatore, qualcuno dice Massenzio, ma i più e con più probabilità, dicono Massimino Daia, giungesse in Egitto a capo di un forte esercito, con l’idea di riportare alla religione pagana le popolazioni passate al cristianesimo. Se fu Massimino Daia (305-314) la Santa deve essere vissuta tra il III e il IV secolo e suppliziata quando Massimino, divenuto Cesare, fu investito del governo della Siria e dell’Egitto, prima che assumesse il titolo di Augusto nel 307. Il sovrano, giunto in Alessandria, ordinò subito un sacrificio agli dei di centotrenta buoi e inoltre prescrisse che ogni persona si presentasse al tempio sacrificando un animale da lui offerto. In tutta la città fumavano gli altari e grande fu il concorso anche dei cristiani a eseguire l’ordine imperiale. Solo l’intrepida Caterina, seguita dallo stuolo dei suoi sapienti, ornata dei suoi abiti regali e nel fulgore della sua grande bellezza, si presentò davanti al trono del tiranno, contestandogli il diritto di fare una simile imposizione e affermando di voler rimanere fedele a Cristo. Massimino, soggiogato dalla grazia di Caterina, pensò di tacitarla con qualche ragionamento, ma dovette accorgersi subito di quale intelligenza aveva davanti, tanto che, confuso, decise che la donna sostenesse le sue idee davanti a una commissione di cinquanta filosofi. L’argomento era che Cristo, essendo morto crocifisso, non poteva essere Dio. In tale incontro rifulse ancor più la mente di Caterina che, oltre a controbattere i loro ragionamenti, li convertì tutti al cristianesimo e furono immediatamente suppliziati nel fuoco dal tiranno. Secondo un’altra versione convertì addirittura l’imperatrice. Il supplizio della ruotaCaterina fu arrestata e ricevette dall’imperatore, che si era invaghito di lei, la proposta di sposarlo, affermando che per questo avrebbe ripudiato anche la propria moglie. La principessa non volle saperne e, riconfermando la sua fede in Cristo suo sposo, subì offese, percosse e prigionia senza piegarsi. Di nuovo Massimino tornò a proporle il matrimonio e, vedendo l’ostinazione della fanciulla, ordinò che fosse passata e dilaniata dentro le ruote dentate. Questo strano supplizio doveva essere comune in una città operosa e ricca come Alessandria, dove per la lavorazione della lana e della canapa, si usavano grandi cardatoi, costituiti da ampie ruote affrontate, munite di uncini, le quali, girando l’una dentro l’altra, cardavano in notevole quantità la materia tessile. Gli uncini e le lame però si piegarono sulle tenere carni di Caterina, le ruote s’infransero e la Santa non ebbe la minima scalfittura. La stessa cosa accadde quando i carnefici la sottoposero a una lunga fustigazione: le sue carni ne uscirono senza offesa e senza alcun segno. La Santa è raffigurata o presso una ruota uncinata o infranta. Una versione della leggenda dice che un fulmine infranse la macchina che doveva stritolare il suo corpo. La colomba e il volo al SinaiLa Santa fu allora rinchiusa in una tetra prigione e tenuta per lungo tempo senza mangiare e senza bere. Ma una magnifica, bianca colomba, volando attraverso le sbarre dell’antro, le portava ogni giorno quello di cui essa aveva bisogno, tanto che, quando la prelevarono da quell’orrido carcere, stava bene come quando vi era entrata. A questo punto l’imperatore ordinò che le venisse tagliata la testa e, al colpo di spada sprizzò dalle ferite, invece che rosso sangue, candido latte, segno che tutta la sua persona era immacolata e senza il minimo difetto. Dio non permise che quel corpo venisse deturpato e una schiera di angeli, venuta dal Cielo, prese le spoglie della fanciulla e ricomposte le sollevò in volo andandole a deporre sul monte Sinai, dove trovarono poi asilo nella grande chiesa che vi fece costruire Sant’Elena, madre di Costantino. E là è ancora venerata e si conservano quelle che sono ritenute le sue reliquie. Il simbolo e l’esempioLa figura di Caterina ha avuto certamente un grande seguito per la sua singolarità e anticonformismo: presenta infatti una donna di grande intelligenza, riscattando da un pregiudizio millenario le donne che sono state considerate a lungo incapaci di lavoro mentale, di cultura, se non addirittura meno dotate di capacità mentale rispetto all’uomo. Rappresenta la donna coraggiosa e intrepida, capace di opporsi alla forza con la determinazione della sua fede e il suo sapere. Propone infine una donna autonoma, che ha a disposizione la sua vita, le sue sostanze che impiega nella ricerca della verità, di Dio e della libertà, nonché della salvezza altrui. Se vi si aggiunge la ricchezza delle vesti, la bellezza femminile, la forza del carattere, abbiamo qui certamente l’immagine di un’eroina da leggenda o da favola, ma quale modello di dolcezza e di fiducia, quale stimolo per la donna, abbassata da secolari pregiudizi a opere solo servili, a vedersi e considerarsi come la religione cristiana vede gli esseri umani: tutti uguali e con uguali diritti. Stupisce quindi che la filologia abbia abbattuto il simbolo, togliendo dal culto universale della Chiesa proprio nei nostri giorni una figura di tale valenza e di tale modernità. Speriamo che sia avvenuto perché ormai non ce n’è più bisogno; ma il fascino della principessa sapiente continua ad avere lo stesso fascino della Regina di Saba, della dotta e pagana Ipazia, linciata dalla folla nel 415, proprio ad Alessandria. Le protezioniNell’iconografia Caterina ha diversi attributi, che sono: la ruota dentata, il libro che tiene in mano, su cui talvolta è scritto: Ego me Christo sponsam tradidi (mi sono data sposa a Cristo), la spada con la quale fu decapitata, l’anello delle sue nozze mistiche, la corona di principessa o anche di regina, la palma del martirio, il globo del firmamento o altri strumenti scientifici che indicano la sua sapienza. Per il supplizio della ruota Santa Caterina protegge coloro che praticano quelle attività che hanno a che fare con ruote, congegni, ingranaggi.Mugnai.Carrozzieri.Filatrici.Arrotini.Tornitori.Vasai. Per essere vissuta sola e indipendente protegge le donne che vivono sole e del proprio lavoro e in particolare:Sarte e sartine.Crestaie.Caterinette.Domestiche.Per essere devote alla loro patrona Santa Caterina d’Alessandria furono dette caterinette le sartine e le crestaie. Questa era un tempo una categoria ben definita e era costituita da donne che provvedevano direttamente al proprio mantenimento col lavoro. Spesso vivevano sole, ovvero avevano tale attività proprio perché non si sposavano. Per il matrimonio con Cristo protegge:Donne nubili.Giovani che cercano marito. Per la sua grande dottrina per cui viene raffigurata con in mano un libro protegge:Università.Scuole superiori.Biblioteche e bibliotecari.Studenti.Insegnanti.Filosofi.Giuristi. Per il taglio della testa dalla cui ferita sgorgò latte invece di sangue, protegge:Balie.Puerpere e allattanti.Sofferenti d’emicrania.

Per l’assistenza avuta dalla colomba in prigione protegge gli avicultori e quindi i prigionieri. Inoltre a lei si raccomandano barbieri e naufraghi, vermicellari (fabbricanti e venditori di pasta), linaioli, canepari (lavoranti della canapa), funai.

I proverbiCaterina è presente nella tempimensura tradizionale come punto di riferimento della variazione stagionale, segnando un po’ l’inizio dell’inverno climatico. La sua vecchia festività portava il freddo e da lì in poi non ci si poteva illudere, anche se era concessa l’ultima bella giornata serena. Di conseguenza era il momento di riattivare i sistemi di riscaldamento: camini, caminetti, bracieri, caldani, perché da un momento all’altro può arrivare la brina, la neve, la tramontana. Le giornate sono sensibilmente più corte e comincia la raccolta delle olive. Un tempo si mettevano a ingrassare le oche. S. Caterinatira fuori la fascina.

La festa è il 25 novembre. Il freddo non si vince che col fuoco. La fascina è il fastello di legna leggera: rami spogli di piante e arbusti di bosco che servono per avviare il fuoco oppure per fare una bella fiammata.

Per S. Caterinao neve o brina.Per Santa Caterinamanicotto e cassettina.

Il manicotto è una sorta di tubo ovattato o di pelliccia nel quale s’infilavano le mani per tenerle calde durante la stagione fredda; la cassettina, col manico, fatta di metallo (ottone), conteneva brace ardente, coperta di cenere ed era usata dalle donne per scaldarsi, sedendo in casa a lavorare.

Per S. Caterinala neve alla collina.

Non più sul monte, ma è scesa anche a basso.

Santa Caterina è vestita di bianco. Di solito si affaccia la neve.

Santa Caterinala neve s’avvicina. Per Santa Caterinasi coglie l’oliva.

Novembre e dicembre sono i mesi della raccolta delle olive.

Per Santa Caterinale giornate s’accorciano d’un passo di gallina.

Si riduce il tempo del dì rispetto a quello della notte e il giorno di Santa Caterina registrerebbe un’ulteriore piccola riduzione del periodo di luce. Un passo di gallina indica un frammento brevissimo di tempo.

Per Santa Caterinale bestie alla cascina.

Rientrano le bestie dai pascoli e rimangono nella stalla.

Come Caterina caterineggiaNatale nataleggia.

La festa cade esattamente un mese prima di Natale. Si pensa che il tempo che fa in tale giorno per la festa della Santa, fa anche nel giorno di Natale. I verbi sono formati sui sostantivi, come fanno spesso i proverbi.

L’estate di Santa Caterinadura dalla sera alla mattina.

Si vuole che intorno a questo giorno la Santa mandi una giornata di sereno e di aria tiepida prima dei rigori invernali. Un fenomeno quello che si vuole per San Martino, ma meno vistoso.

Chi vuole un’oca finala metta a ingrassare a Santa Caterina.

Si usava mettere all’ingrasso intensivo fin da questo periodo le oche per salarle a S. Lucia (13 dicembre), e anche averle pronte alle feste natalizie.