«TRECCIOLINO»: il re della Piazza

di Francesco GiannoniLuigi Bruschelli, uno dei fantini più celebri del Palio, è personaggio molto conosciuto a Siena, anche se forse è più noto con il nome d’arte di Trecciolino. Però, quando lo incontro, di capelli acconciati non vedo segno. Anzi il taglio è cortissimo ed esalta il bel viso simpatico dove guizzano due occhi neri e intelligenti.

La gentile moglie Anna Rita (è lei, a quanto capisco, a gestire le pubbliche relazioni; ed è molto perseverante e tosta, come tutti i sardi) mi spiega l’origine del soprannome: il marito esordì al Palio correndo per la Civetta; i contradaioli, memori di Trecciolo un loro illustre e antico cavaliere, chiamarono Trecciolino l’allora ventenne Luigi.

Bruschelli abita in una campagna senese che più incantevole non si può. La casa è un’articolata colonica comprata da poco e tuttora in ristrutturazione, mentre le poco distanti scuderie (belle, luminose e areate) sono ovviamente già finite. Mi spiega la signora Anna Rita che nelle vecchie e umide stalle annesse alla casa, «i cavalli erano sempre raffreddati».

Arriva Bruschelli che ha appena terminato l’allenamento. Si scusa per essere in maglietta; ci mancherebbe altro, con questo caldo non si può certo andare a cavallo in ghingheri; così ho il pretesto per togliermi anch’io la giacca. Chiede alla moglie un telo per non imbrattare con i pantaloni sporchi del sudore suo e del cavallo il nuovissimo divano in alcantara. Arrivano anche i due bei figli: Cecilia, la maggiore dai tratti molto «sardi» ed Enrico, biondo e con gli occhi chiari.

Trecciolino è una persona schietta, simpatica e alla mano. È senese, di famiglia montanaiola (contrada del Montone) però, essendo nato e avendo vissuto fuori dalle mura, non ha avuto modo di fare vita di contrada, assumendone spirito e atteggiamenti. Ecco uno dei motivi per cui riesce a correre anche per altre contrade. Ora per esempio è il fantino del Bruco ma, non partecipando questa contrada al Palio di luglio, Trecciolino ancora non sa per chi correrà.Ma, gli chiedo, uno che di mestiere è fantino del Palio vive, lavora e fatica tutto l’anno solo per i 180 secondi delle due corse? Praticamente sì, anche se un altro aspetto del lavoro di Bruschelli è allenare i cavalli che partecipano ai diversi palii che si corrono in Italia. Ovviamente per questo impegno è pagato dai proprietari dei cavalli. Attualmente ne ha una dozzina. Sono tutte delle bellissime bestie con cui c’è un rapporto molto affettuoso: ho visto un cavallo (dagli occhi incredibilmente dolci) che con il lungo collo cercava di «abbracciare» il suo fantino.Chiedo a Bruschelli di spiegarmi il «mistero» di Siena: è una città cablata, dai cui tetti sono sparite le antenne, è una città modernissima, proiettata nel futuro; poi c’è il Palio e si torna indietro di secoli. Qual è la vera Siena?Siena riesce a mantenere le tradizioni cittadine del passato, paliesche in questo caso, senza distrarsi dalla realtà quotidiana, andando di pari passo con i tempi moderni. In un mondo globalizzato Siena è rigorosamente e orgogliosamente contradaiola: ogni contrada ha il suo statuto, il suo capitano che la comanda nei giorni del Palio, il suo priore che la guida per il resto dell’anno, ognuno in contrada ha il suo compito; le contrade sono piccoli stati dentro Siena: questo insegna un’etica e un modo di comportarsi nella vita di tutti i giorni. La città, quindi, riesce ad aggiornarsi mantenendo le tradizioni importanti: vive di passato e di presente, proprio come il Palio vive di sacro e di profano.Ecco un altro mistero di cui Trecciolino mi parla. Il Palio è sacro: quello di luglio è dedicato alla Madonna di Provenzano, quello di agosto è dedicato alla Madonna Assunta, sul palio (il «cencio») obbligatoriamente è raffigurata la Madonna, il palio viene portato in chiesa, il cavallo viene portato in chiesa per la benedizione, e se durante la cerimonia il cavallo «stalla», è considerato di buon auspicio. Poi senti quello che si dice la gente, la senti «berciare», vedi gli schiaffi, i pugni, le risse fra contradaioli avversari, le nerbate tra fantini e capisci che il Palio ha uno spiccato lato profano.

A proposito di nerbate, Bruschelli puntualizza che i fantini, quelli intelligenti, durante l’anno riescono a essere anche amici, perché capiscono che la nerbata fa parte del mestiere, e se la contrada ti chiede di nerbare il fantino della contrada storicamente nemica, «tu devi farlo, anche se non c’è niente di personale», perché «il fantino deve onorare il giubbetto e il giubbetto rappresenta la contrada. Quello che chiede la contrada, il fantino lo deve fare. Io personalmente, comunque, non sono nemico di nessuno». In ogni caso, rivalità, odii, risse un po’ fanno parte del colore locale, e un po’ vengono montate, magari dal senese stesso: infatti «il morto non c’è mai scappato e neanche feriti gravi, alla fine ci sono solo le scazzottate “sane” come le chiamano a Siena».

Toscanaoggi è il settimanale delle diocesi della nostra regione e chiedo a Bruschelli di essere incoraggiante e di annunciarmi che la rivalità tra Siena e Firenze è finita: «Ah, io non l’ho mai sentita, anche se magari fra città vicine c’è lo stesso spirito delle contrade confinanti».

?

La schedaLuigi Bruschelli ha 37 anni, ha cominciato a correre il Palio nel 1990, vincendo il suo primo «cencio» sei anni più tardi. Ha saltato le carriere del 1997, dopodiché ne ha vinta una l’anno fino all’exploit del 2005, quando le ha vinte entrambe, a luglio per il Bruco, ad agosto per la Torre. Dieci vittorie in 16 anni. Mentre Trecciolino mi snocciola l’elenco il tono della voce è piano e pacato, ma l’orgoglio è evidente e comprensibile. Montare a pelo ovviamente è più faticoso che con la sella perché il fantino non ha punti d’appoggio, e cavalca basandosi esclusivamente su equilibrio e forza muscolare. Perciò per alcuni mesi monta con la sella per «perdere l’allenamento»: rimanere 365 giorni all’anno con i muscoli sempre tirati al massimo non è possibile, ma questo vale per qualsiasi atleta che deve raggiungere l’apice nei momenti culminanti della stagione, poi rallenta per tornare in forma al momento opportuno.

Ma qual è la giornata tipo di un fantino del Palio? Si alza molto presto la mattina, e d’estate vuol dire anche alle cinque; va in scuderia per accudire i cavalli e fargli le stalle; quindi li monta tutti e li allena fin verso le undici-undici e trenta; li riporta in scuderia e li governa. Dopo il pranzo segue un riposo di un paio d’ore, sempre che le esigenze delle contrade lo permettano: il fantino si deve gestire anche sotto l’aspetto «politico», quindi deve avere rapporti con i dirigenti delle contrade e questo avviene durante le ore in cui non bada ai cavalli o non li monta. Nel pomeriggio ricomincia l’allenamento con i cavalli cui segue di nuovo la loro cura. Tutto questo alla resa dei conti vuol dire andare a cavallo, magari a briglia sciolta e con il vento nei capelli, per le Crete, per il Chianti. Sorge un dubbio: che sia il mestiere più bello del mondo