«TRECCIOLINO»: il re della Piazza
La gentile moglie Anna Rita (è lei, a quanto capisco, a gestire le pubbliche relazioni; ed è molto perseverante e tosta, come tutti i sardi) mi spiega l’origine del soprannome: il marito esordì al Palio correndo per la Civetta; i contradaioli, memori di Trecciolo un loro illustre e antico cavaliere, chiamarono Trecciolino l’allora ventenne Luigi.
Bruschelli abita in una campagna senese che più incantevole non si può. La casa è un’articolata colonica comprata da poco e tuttora in ristrutturazione, mentre le poco distanti scuderie (belle, luminose e areate) sono ovviamente già finite. Mi spiega la signora Anna Rita che nelle vecchie e umide stalle annesse alla casa, «i cavalli erano sempre raffreddati».
Arriva Bruschelli che ha appena terminato l’allenamento. Si scusa per essere in maglietta; ci mancherebbe altro, con questo caldo non si può certo andare a cavallo in ghingheri; così ho il pretesto per togliermi anch’io la giacca. Chiede alla moglie un telo per non imbrattare con i pantaloni sporchi del sudore suo e del cavallo il nuovissimo divano in alcantara. Arrivano anche i due bei figli: Cecilia, la maggiore dai tratti molto «sardi» ed Enrico, biondo e con gli occhi chiari.
A proposito di nerbate, Bruschelli puntualizza che i fantini, quelli intelligenti, durante l’anno riescono a essere anche amici, perché capiscono che la nerbata fa parte del mestiere, e se la contrada ti chiede di nerbare il fantino della contrada storicamente nemica, «tu devi farlo, anche se non c’è niente di personale», perché «il fantino deve onorare il giubbetto e il giubbetto rappresenta la contrada. Quello che chiede la contrada, il fantino lo deve fare. Io personalmente, comunque, non sono nemico di nessuno». In ogni caso, rivalità, odii, risse un po’ fanno parte del colore locale, e un po’ vengono montate, magari dal senese stesso: infatti «il morto non c’è mai scappato e neanche feriti gravi, alla fine ci sono solo le scazzottate sane come le chiamano a Siena».
Toscanaoggi è il settimanale delle diocesi della nostra regione e chiedo a Bruschelli di essere incoraggiante e di annunciarmi che la rivalità tra Siena e Firenze è finita: «Ah, io non l’ho mai sentita, anche se magari fra città vicine c’è lo stesso spirito delle contrade confinanti».
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Ma qual è la giornata tipo di un fantino del Palio? Si alza molto presto la mattina, e d’estate vuol dire anche alle cinque; va in scuderia per accudire i cavalli e fargli le stalle; quindi li monta tutti e li allena fin verso le undici-undici e trenta; li riporta in scuderia e li governa. Dopo il pranzo segue un riposo di un paio d’ore, sempre che le esigenze delle contrade lo permettano: il fantino si deve gestire anche sotto l’aspetto «politico», quindi deve avere rapporti con i dirigenti delle contrade e questo avviene durante le ore in cui non bada ai cavalli o non li monta. Nel pomeriggio ricomincia l’allenamento con i cavalli cui segue di nuovo la loro cura. Tutto questo alla resa dei conti vuol dire andare a cavallo, magari a briglia sciolta e con il vento nei capelli, per le Crete, per il Chianti. Sorge un dubbio: che sia il mestiere più bello del mondo