Storia di Nunzia, dalle tenebre del male alla luce di Dio
«Questo libro nasce da un viaggio in macchina. Monsignor Stefano Manetti (oggi vescovo di Montepulciano, Chiusi e Pienza ma all’epoca, nel 2013, rettore del Seminario di Firenze) parte per raggiungere un campo scuola diocesano nella zona del Gran Sasso: offre un passaggio a Nunzia, una signora che ha già incontrato in altre iniziative di Azione Cattolica ma che non conosce bene. Il tragitto è lungo, così le chiede di ingannare il tempo raccontandogli qualcosa di sé. «All’inizio era titubante – racconta monsignor Manetti – poi quando ha visto che seguivo con attenzione le sue parole è diventata un fiume in piena. Via via che raccontava si sentiva confortata, sicura. Mi ha raccontato una storia di fragilità estrema, di abbandono, di profonde ferite nel cuore. Mi ha raccontato anche come è stata aiutata a uscire dalla sua condizione. Quando una persona ti racconta in maniera così aperta la sua vita, in qualche modo senti che ti viene affidata. Così l’ho sostenuta e l’ho incoraggiata a rendere pubblica la sua storia. La tua vita, le ho detto, è una testimonianza di amore per una creatura che è stata attaccata dal male sin da piccola, ed è stata salvata».
A raccogliere le parole di Nunzia, ma anche delle tante persone che hanno incrociato la sua vita aiutandola a uscire dal buio, è stato il giornalista Mario Agostino: è nato così il libro «Dalle tenebre del male alla luce dell’amore. Storia di Nunzia» pubblicato dalle edizioni «La Voce dell’Jonio». Nei giorni scorsi il piccolo volume è stato presentato nel Seminario di Firenze in una aula magna che, grazie a un prodigioso passa parola, è stata gremita fino all’ultima sedia. Tanti amici, persone che in questi anni hanno conosciuto Nunzia o ne avevano sentito la storia. «È come se questa serata – ha commentato monsignor Manetti – fosse l’ultimo capitolo del libro: l’ultimo segno di quell’amore che in queste pagine viene raccontato».
La storia di Nunzia, che Mario Agostino racconta in maniera cronachistica, senza enfasi, senza inutili drammatizzazioni, è fin dall’inizio una storia di abbandono: il padre mai conosciuto, la madre, una ragazza giovanissima, che non accetta questa bambina ipovedente (è come se vedesse il mondo, dice il medico, dal buco di una serratura) e la tratta come un ingombro, una vergogna. Nella vita di Nunzia entrano anche un mago, una cartomante, un finto dottore che si prende gioco di lei spingendola a fare un debito ingente con la banca dove lavora come centralinista: i rituali esoterici a cui questi truffatori la sottopongono sono probabilmente tra le cause di quello che le succede. Incontra anche persone buone, che la indirizzano verso la possibilità di una vita autonoma: come Luciano, che il libro definisce «più di un professore», come Roberto, nuovo compagno (e poi marito) della madre, come il professor Vinattieri, che conosce all’Istituto Ciechi di Firenze. Resta comunque aperto davanti a lei un baratro fatto di solitudine, truffe e raggiri, depressione. Queste le sue parole riportate nel libro: «Ero arrivata al culmine della disperazione, non sapevo più chi ero, chi fosse la vera Nunzia. Avevo un’ultima carta da giocare: non so perché o per come ho cercato rifugio presso un sacerdote».
L’incontro decisivo è quello con don Renzo Ventisette, allora parroco alla Ginestra Fiorentina: da casa di Nunzia sono tre quarti d’ora in auto, una distanza che per lei ipovedente sembra incolmabile. Il sacerdote si mostra restio, cerca di dissuaderla: alla fine però la incontra. E qui inizia quella che lo stesso don Renzo racconta come una «storia di liberazione». Don Ventisette non è, all’epoca, tra i sacerdoti incaricati dal vescovo per compiere esorcismi: ottiene però dal cardinale Silvano Piovanelli, allora arcivescovo di Firenze, un permesso straordinario. Il libro racconta molto bene il percorso che viene compiuto: un percorso articolato e complesso, fatto di ripetuti incontri di preghiera ma anche di consultazioni con medici, psicologi, neurochirurgi. Racconta anche le scene più drammatiche, racconta il rifiuto di Nunzia per i sacramenti e i riti cristiani, il suo dare in escandescenze quando si trova, ad esempio, alle feste per comunioni e cresime dei figli delle persone (i parrocchiani di San Bartolomeo in Tuto, a Scandicci, dove abita) che nel frattempo l’hanno conosciuta e presa a cuore, e la affiancano in questo difficile viaggio.
Non è un libro, Mario Agostino lo spiega bene nell’introduzione, in cui cercare quei dettagli scabrosi che si vedono nei film, né un saggio di demonologia. È un semplice racconto di quello che succede a Nunzia, di ciò che la turba, le voci che sente, le forze che la spingono a comportamenti inconsulti di fronte, ad esempio, all’odore dell’incenso, il modo in cui reagisce alle preghiere diventando aggressiva, spesso perdendo coscienza di sé stessa. E soprattutto è il racconto di come tutto questo pian piano si acquieta, lasciando spazio nel cuore di Nunzia a una pace sempre più salda.
Non è un percorso breve: non c’è un singolo episodio in cui si può dire che tutto si sia compiuto. È un processo di lungo periodo, di passi avanti e ricadute. «A volte – ha spiegato don Renzo, anche lui intervenuto alla presentazione del libro nel Seminario di Firenze – anche chi crede in Dio si meraviglia nel vedere ciò che Dio può operare. Nel caso di Nunzia, chi le è stata accanto l’ha vista emergere lentamente dalla nebbia verso la luce».
Gli ultimi capitoli raccontano l’approdo di Nunzia alla fede, il suo amore per la Madonna, che prima guardava con indifferenza e fastidio: un approdo quasi impensabile all’inizio della sua storia, che diventa invece il punto di arrivo naturale di questo percorso, come spiega lei stessa: «Quel Dio che sentivo tanto lontano da me, quasi inesistente, cui di fatto ero stata indifferente per anni e anni, si è servito di don Renzo per iniziare la storia della mia salvezza». Ecco allora l’incontro con altri sacerdoti, come don Jean Claude, conosciuto durante un pellegrinaggio, o religiosi come padre Valentino, con cui frequenta una serie di incontri e ritiri sulla Bibbia.
Questo libro parla di esorcismi ma non mette paura: colpisce, ad esempio, il coraggio dell’unico ragazzo coinvolto in questa vicenda (allora quattordicenne), figlio di amici presso i quali Nunzia si trova a cena una sera quando viene colta da una delle sue crisi. Lui stesso dà la sua testimonianza, spiegando che di fronte a quello che ha visto non ha provato spavento: alla voce minacciosa che sentiva arrivare dalla bocca di lei, e che gli intimava di lasciarla mentre le sosteneva la testa, ha risposto in maniera risoluta: «Io non lascio proprio nessuno».
«A tutti – ha sottolineato durante la presentazione monsignor Manetti – può capitare di trovarsi nel buio, tutti possiamo subire ferite o cadute. Ma dobbiamo sapere che, come Nunzia, possiamo trovare delle luci. Questo libro è un inno alla speranza». Una speranza che era giusto raccontare. E non a caso sono state ricordate le parole che Gesù rivolge all’indemoniato che guarisce nel paese di Gerasèni, in uno degli esorcismi raccontati nel Vangelo. L’uomo, liberato dagli spiriti impuri che lo possedevano, chiede a Gesù di restare con lui. Gesù gli affida invece un’altra missione: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Proprio quello che fa Nunzia attraverso le pagine di questo libro.