RICCARDO PRATESI: Il «prof» di matematica innamorato di Dante
di Francesco Giannoni
«Apri la mente a quel ch’io ti paleso / e fermalvi entro; ché non fa scïenza, / sanza lo ritenere, avere intesoDivina Commedia.
Ma per i ragazzi Dante non è solo strigliate: amano ascoltare il «prof» che recita il poeta concittadino, e inoltre evitano interrogazioni e compiti. Così, il professore resiste (soprattutto a sé stesso), «perché io devo spiegare matematica; ma cedo volentieri alla tentazione quando avanzano cinque minuti o, a maggior ragione, quando mi chiamano le colleghe di lettere».
Pratesi conosce Dante: lo ha studiato e assimilato. E il poeta è entrato a far parte della sua cultura, della sua mente e del suo corpo, vista la gestualità con cui lo declama, peraltro con naturalezza, senza «gigionerie» attoriali.
E pensare che tutto iniziò quando da bambino i genitori gli regalarono l’Inferno con i personaggi di Topolino che ricoprivano ruoli danteschi: per esempio Topolino era Dante, Pippo-Virgilio, Gambadilegno-Farinata, Paperino-Ulisse.
Qualche anno più tardi scoprì che la Commedia non era solo un fumetto. D’estate, dopo la maturità scientifica, «cominciai a leggere l’Inferno e non ho più smesso». Il primo brano mandato a memoria fu la perorazione di Ulisse nel XXVI dell’Inferno. Imparatola, capì che quel frammento non gli bastava, e memorizzò l’intero canto. Dopo il primo, tanti altri.
Nonostante la consuetudine, quando Pratesi recita un canto, coglie nuove sfumature, nuovi spunti interpretativi, la cui scoperta è favorita proprio dallo studio a memoria che «apre dimensioni davvero particolari». Il risultato che abbiamo riferito (43 canti a memoria), probabilmente non è definitivo, anche perché «è bello, magari nella caverna più scura, potere recitarsi la Commedia».
Mi illustra la modernità di tecniche quasi «cinematografiche» usate in certe situazioni; per esempio, nel I del Purgatorio, Catone si dilegua: «così sparì; e io su mi levai / sanza parlare, e tutto mi ritrassi / al duca mio, e li occhi a lui drizzai»: la successione è rapidissima, «come ripresa da una telecamera».
Inoltre, Dante è così attuale che «per ogni circostanza esistono versi che sembrano scritti apposta». Questo «serve» a Pratesi, non solo nella grotta di cui sopra, ma anche durante una rubrica settimanale di attualità condotta alla radio con alcuni amici. Alla fine della trasmissione («Solosoul», in onda su Novaradio il venerdì alle 17,10 circa), uno del gruppo dà i numeri del lotto sulla base degli avvenimenti recenti, a commento dei quali Pratesi recita una terzina dantesca.
La rubrica esiste dal 2002: «Non è mai successo che non trovassi la terzina calzante con qualsiasi evento trattato poco prima. Un esempio: perch’elli ‘ncontra che più volte piega / l’oppinion corrente in falsa parte, / e poi l’affetto l’intelletto lega (XIII del Paradiso): tanta gente crede una cosa palesemente falsa, però, l’affetto (l’adesione cieca a una certa idea) lega l’intelletto e impedisce la riflessione critica».
Il professore effettua vari tipi di interventi: in uno, divulgativo, Pratesi è Galileo che narra la sua vita. Un altro, più scientifico, verte sulle scoperte, sulle polemiche con gli aristotelici, sulle invenzioni.
Un terzo intervento, più complesso, ricrea le due lezioni che Galileo, nel 1588, tenne all’Accademia fiorentina sulle misure dell’inferno descritto nella Commedia. Su questo argomento, un secolo prima, Antonio di Tuccio Manetti, amico, collega e biografo di Brunelleschi, basandosi sul racconto dantesco, aveva compiuto uno studio, definendo con esattezza matematica la profondità degli inferi, le distanze fra i cerchi, l’altezza dei giganti, le dimensioni di Lucifero ecc. Alla metà del ‘500, un commentatore di Dante, il Vellutello, entrò in polemica col Manetti, calunniando lui e l’Accademia che lo sosteneva. Questa, a dirimere la questione, chiamò Galileo.
Pratesi, scienziato e dantista, è ideale per ricreare, in modo leggero, la complessa querelle.
Per esempio Dante (si torna sempre a lui) nel Convivio considera l’«arismetrica» la regina delle scienze, «perocché tutte le scienze sono informate di numeri e sempre ne’ ragionamenti di qualunque scienza con i numeri si procede». Dante paragona l’«arismetrica» al sole: come non possiamo guardare la stella per la sua luce accecante, così non possiamo comprendere i numeri in quanto infiniti.
Inoltre, per Pratesi, nella Commedia ci sono intuizioni scientifiche geniali. Quando è in groppa a Gerione (XVII Inferno), per sprofondarsi nel pozzo, giù, fino alle malebolge, Dante descrive le sue sensazioni in volo (lui che non aveva mai volato): «rota e discende, ma non me n’accorgo / se non che al viso e di sotto mi venta
«Strepitoso» dal punto di vista scientifico è il II canto del Paradiso in cui, per spiegare le macchie lunari, sono presentate varie ipotesi. Per verificarne una, Beatrice suggerisce a Dante di fare un esperimento. Per quei tempi, fare un esperimento sulla terra, per dimostrare quel che accade in cielo, è assolutamente nuovo: è il germe della più tarda rivoluzione scientifica. Fa pensare addirittura a Einstein e ai suoi esperimenti concettuali e non realizzabili («supponiamo di avere un’astronave che va alla velocità della luce »). E quello che Beatrice propone a Dante «può essere considerato un esperimento concettuale».