RAFFAELE NIZZA: Una vita dietro l’obiettivo
di Renato Bruschi
Chi arriva a Massa e, girovagando nel centro storico, si avvicina al Duomo, sotto le logge del palazzo della Curia, proprio accanto alla scalinata di marmo bianco, che si stacca da via Dante per condurre all’ingresso del Duomo, non può non imbattersi nell’originale esposizione «permanente» di foto e ritratti che attirano l’attenzione dei passanti. Chi è arrivato qui è arrivato davanti al negozio del fotografo più conosciuto in città, la «memoria visiva» di centinaia di vip che si sono trovati a transitare da queste parti o nella vicina Versilia. Non può sbagliarsi è arrivato da Raffaele Nizza. È lui che ti accoglie, sorridente, sulla porta, con la sua inconfondibile voce, colorata di accenti meridionali. Forte dei suoi settantaquattro anni, la maggior parte dei quali vissuti dietro l’obiettivo, Nizza è da sempre, a Massa, il fotografo per antonomasia, quello con la «F» maiuscola.
Nato a Marsala nel 1937, ha iniziato da bambino ad appassionarsi all’arte fotografica. Le prime esperienze con la pellicola risalgono all’adolescenza, quando entra a far parte dello Studio di Giovanni Bulgarella. «Si trovava in via 11 maggio ripesca nel passato e ricordo ancora la prima volta che entrai in quel negozio speciale, dove grandi volti in bianco e nero ti fissavano dalle pareti». L’apprendistato avviene nei luoghi della sua città, segnati dalla storia: alla villa comunale, con all’orizzonte il porto e le saline, tra i monumenti archeologici, i palazzi e le chiese barocche, a contatto con una natura esuberante e intensa. Sono gli anni in cui il giovanissimo Raffaele inizia a coltivare la passione per il canto, in particolare per la melodia italiana, che all’epoca riconosceva in Claudio Villa e Mario Abbate, i modelli cui ispirarsi. La pratica canora lo porta anche sulle scene, in esperienze teatrali di avanspettacolo, interpretando ruoli da comico di spalla. Nel 1953 risulta vincitore di un concorso vocale e per questo viene invitato ad incidere un disco alla «Fonit» di Torino, eseguendo la canzone di un film.
«Sono anni meravigliosi commenta la vita si apriva a continue novità». Poi il servizio militare lo porta al Distretto di Massa, la città che l’accoglie e di cui, alla fine, si innamora al punto da fissare qui la sua nuova dimora. Nel frattempo a Roma ottiene il diploma alla scuola di specializzazione in Fotografia. Inizia a porre le basi di quella che diventerà la futura professione. Presso lo studio di Francesco Giusti, noto fotografo massese, si affina nell’arte dello scatto, soprattutto nei pomeriggi, quando, conclusa l’attività al distretto militare, ha tempo per dedicarsi agli esperimenti e fissare nella pellicola momenti fondamentali della storia della città, lavorando sul bianco e nero e, qualche volta sul colore. Negli anni Sessanta apre uno studio fotografico personale, si sposa e ha quattro figli, di cui due, Paola e Fabrizio continuano oggi nella stessa attività, mentre Alessandro è ragioniere e Marco editore. Sono questi gli anni decisivi della carriera di Raffaele. Da una parte le collaborazioni con i quotidiani «Il Telegrafo» e «La Nazione Sera», con «Sorrisi e Canzoni», l’«Ansa» ed altri rotocalchi e dall’altra si intensificano le amicizie con giornalisti ed artisti che approdano nel parterre della Versilia.
«Ogni sera racconta partivo con la mia macchina fotografica, spesso al seguito di Aldo Valleroni, caposervizio de La Nazione, per fotografare le stelle internazionali che arrivavano dalle nostre parti: mi avevano affibbiato il nome di Paparazzo della Versilia». In effetti, sfogliando uno dei tanti album parte dei quali è contenuto nel libro dello stesso Valleroni dal titolo «Versilia anni ruggenti» si notano, con stupore e meraviglia, figure di grandi artisti e intellettuali fotografati in un eccezionale bianco e nero: da Charlie Chaplin a Lauren Bacall, da Alighiero Noschese a Gino Bramieri, da Mina a Ornella Vanoni. Ma anche figure più recenti dello spettacolo o dello sport: da Panariello a Pavarotti, da Zucchero al calciatore Mussi, all’allenatore Lippi. Alla fine degli anni Settanta si trasferisce sotto le logge della Curia Vescovile di Massa, nel negozio che ancora oggi è un piccolo museo di volti e storie. In quel periodo si consolida la collaborazione con «Vita Apuana», il settimanale della Diocesi, grazie al fondatore della testata, monsignor Angelo Ricci. «La macchina fotografica è solo un mezzo: dietro ogni foto ci deve essere un pensiero», ci spiega. «In oltre cinquant’anni di fotografie ho cambiato numerose macchine, da quelle più antiche fino al digitale, ma l’idea che ho della fotografia è la stessa: deve essere uno scatto che resta nel tempo, un pezzo di storia racchiusa dentro l’obiettivo». E di storia davanti agli occhi di Raffaele Nizza ne è passata davvero tanta. «Gli altri fotografi, non solo di Massa, ma anche delle città limitrofe, non li ho mai considerati rivali, solo colleghi e mi vanto della loro amicizia». Una lunga carriera, costellata da premi e riconoscimenti: qualche anno fa il prefetto lo ha nominato «Cavaliere della Repubblica».