MARIA NOVELLA UZIELLI: Cittadina si nasce, contadina si diventa
di Francesco Giannoni
Da Firenze a Paganico, da istruttrice di nuoto a contadina-allevatrice, da responsabile della formazione del personale ai Gas (Gruppi d’acquisto solidale): Maria Novella Uzielli ha compiuto un bel salto, e ne è entusiasta. Ma procediamo con ordine.
Viso abbronzato, in evidenza i denti bianchissimi, classe 1974, di ottima famiglia (l’eclettico villino Uzielli in piazza d’Azeglio è la casa avita), è da sempre innamorata della natura e degli animali: «Da bambina, tornavo a casa con bisce e rospi; mi divertivo con mio fratello, in famiglia era il più schizzinoso». Nuotatrice provetta, a 14 anni si rese conto di non essere adatta per l’agonismo e divenne istruttrice: durante il liceo e l’università ha insegnato alla Rari Nantes. Il «mitico» Enzo Zabberoni, maestro di generazioni, è stato prima il suo allenatore e poi il suo collega.
Laureata in Scienze della formazione, lavorava in un’azienda, ma il tarlo che è in tanti di noi cominciò a roderla, lento, costante, efficace.
Un nonno, proprietario di una tenuta a Paganico, 20 chilometri da Grosseto, morì a 92 anni. La fattoria rischiava l’abbandono: tutta la vita e la fatica di quell’antico signore sarebbero andate perse. «Allora mi sono detta: ci provo». Aiutata da una «totale incoscienza, perché non sapevo niente di agricoltura, di allevamento e neanche di cosa fosse un bilancio, sono arrivata a Paganico 11 anni fa; mi sono buttata anima e corpo nella nuova vita, con soddisfazione immensa».
Nel capoluogo toscano ha la famiglia, alcuni amici, ma «qua, in Maremma, gli spazi, la salubrità dell’aria, i rapporti con le persone, la qualità della vita sono un’altra cosa. E non mi annoio; faccio di tutto: dall’amministrazione, al controllo degli animali, allo studio dei materiali. Ho scoperto infine come davvero ci si possa legare alla terra».
Una «missione» che Maria Novella, nel suo piccolo, si è posta fin dall’inizio, è ridare dignità all’agricoltura, all’allevamento («visto che producono quello che mangiamo, mi sembrano importanti») e alla figura del contadino, spesso disprezzata con una «superficialità senza fine». Dietro l’agricoltura e la zootecnia ci sono cultura, tradizioni, profondità d’animo. Dentro il contadino o l’allevatore, «la visione del mondo è più ampia di quella cui siamo abituati noi che, iperspecializzati, tendiamo a guardare solo al nostro pezzettino». Il contadino deve avere conoscenza di tutto quello che lo circonda per prevedere le conseguenze di ogni sua azione.
Chi ha tali saperi, affronta la realtà in modo diverso. Per esempio, nella Tenuta Paganico ci sono bovini che vanno dai 700 chili ai 1200; se pretendiamo di trattarli con la forza, perché non conosciamo altro modo, diventa faticoso e poco piacevole per l’uomo e per l’animale; un lavoro semplice ma indispensabile, mettere i bolli alle orecchie delle mucche, anni fa aveva bisogno di 6-7 persone, con bastoni, corde, attrezzi vari, che urlavano con gli occhi di fuori. Ora c’è un ragazzo che conosce gli animali e il loro comportamento: semplicemente li chiama e loro vengono per fare quello che lui vuole. Oppure il buttero che va nel bosco a radunare le bestie; è fiabesco quando, in mezzo alla radura lancia un richiamo, e le mucche, lentamente, spuntano dagli alberi e gli si raccolgono intorno. «Questo è mestiere. Da qui l’importanza che io do a culture e tradizioni che avevano un senso e un’efficacia».
Per esempio, dal 2002 nell’azienda di Maria Novella non si usano più fertilizzanti: solo letame degli animali, attrezzi del passato, che permettono di lavorare il terreno in modo che il concime chimico è inutile, e soprattutto la pratica della rotazione con cui la terra recupera e si arricchisce: se il grano le toglie azoto, le leguminose glielo rendono.
Sono state seminate antiche varietà di grano, in nome di una biodiversità, fondamentale per l’ambiente. Le rese sono migliorate, e questa è la prova che tutto il nostro lavoro «non è un ritorno al Medioevo, ma un progresso: lo dico per esperienza personale». Maria Novella non rifiuta le novità, solo che «ogni tanto pensiamo di avere scoperto chissà che, per capire che una volta era normale farlo, basandosi semplicemente su buon senso e capacità di osservare».
Bisogna recuperare il rispetto per la terra: aveva un valore, non era solo da sfruttare, traendone guadagni e risorse, senza pensare che finiscono. La giovane imprenditrice agricola è molto critica verso la visione dell’uomo superiore a tutto, controllore di tutto: «Noi siamo una piccola parte del mondo, di cui abbiamo bisogno; dobbiamo imparare a tenercelo caro, non a dominarlo».
La passione primigenia di Maria Novella sono gli animali. I bovini allevati nella sua azienda sono ben accuditi: quando arrivò a Paganico, erano ingrassati alla catena. Ora sono liberi in spazi interni ed esterni ai box, e i riproduttori sono bradi. È iniziato un progetto per la tesi di una laureanda in veterinaria con prove di ingrasso al pascolo, per lasciare gli animali liberi il più possibile.
Il loro benessere si riscontra in ogni senso, anche economico: un animale in salute non ha bisogno di medicine. Se si ammala, nella tenuta è curato con l’omeopatia o la fitoterapia.
La Uzielli aborre certi trattamenti sugli animali che sviluppano i muscoli, soprattutto i posteriori (che danno più carne): il risultato sono mucche incapaci di camminare e tori «mostruosi», talmente pesanti e dallo scheletro così sottile che non possono montare.
Chi pratica agricoltura biologica, afferma, è «sicuramente un sognatore; sono certa però che sono sogni realizzabili. Penso che la mia scelta è stata giusta, che ho ragione in quel che faccio. Piano piano, vedo le nostre idee condivise da sempre più famiglie che cercano la carne di mucche che sanno camminare, famiglie che vogliono insaccati senza coloranti e conservanti, perché preparando salami più piccoli, mescolandone la carne con vino e spezie, ugualmente durano a lungo, e sono più salubri».
Da qui al rapporto con i Gas il passo è stato breve. Con questi gruppi, via via più numerosi e capillarmente distribuiti, c’è la stessa visione del mondo e la stessa comunanza di scopi. La loro presenza, la loro attività «ci permettono di andare avanti», possono salvare l’agricoltura: trattando con loro, escludiamo gli intermediari che, dovendo guadagnare, riducono al minimo gli utili dei coltivatori. Inoltre, i Gas hanno permesso il ritorno al sapido rapporto diretto fra il contadino e il consumatore. Infine, sottolinea Maria Novella, che le famiglie «si rivolgono a noi, perché sanno che i nostri prodotti sono buoni, sicuri e che gli animali sono trattati bene, è il massimo del compiacimento».
Durante un breve giro in macchina per la tenuta, Maria Novella Uzielli mi illustra comportamenti e nomi delle bestie. Fra i maschi di cinta mi ha indicato Adriano e Giulio Cesare; c’era anche Augusto, che prima della macellazione è stato castrato (quale sorte la peggiore?); poi le femmine: Perla, Principessa, Madame, Grace, Moana («fin troppo scontato, ma così hanno voluto»), per finire con Rania, ovviamente regale, bellissima.
Fra i bovini, il toro Quintale ha la testa grande quasi come Maria Novella.
La mia personale simpatia è andata a una mucca maremmana che, cresciuta in mezzo alle limousine, una volta riportata fra le consorelle, non ne ha voluto sapere ed è tornata alla famiglia adottiva. «È una mucca anarchica, fa sempre come vuole», ha detto la Uzielli.
L’ho vista, con le sue eleganti corna lunate: il manto grigio-argento spiccava fra quelli color ruggine delle limousine. Ho chiesto il nome a Maria Novella. «Non l’ha». Nessuna imposizione e neanche un nome che la imbrigli: questa è davvero anarchia.