L’uomo che ha raccolto i «pizzini» sulla fede
di Mauro Banchini
Per chi non sa dove abito, lo dico subito: in quel di Poggio a Caiano. E per chi non sa in quale parrocchia, lo confesso con il massimo candore: Bonistallo. Un outing necessario, una correttezza dovuta verso chi legge, visto che la storia nasce proprio sulle colline di Bonistallo.
È qui che tutte le domeniche (pardon: quasi tutte) vado alla messa di don Cristiano. Ed è qui che frequento molte tra le persone di questa bella storia semplice, iniziando da quell’Armando Drago che qui e non solo qui tanti conoscono anche per via di quell’idea che qualche anno fa gli frullò in testa: rompere le scatole a chiunque incontrava; consegnare un foglietto; proporre una fra le domande più complicate al mondo, fatta apposta per filosofi o bambini, poeti o teologi; sollecitare la risposta; non prendersela se per cento bigliettini consegnati ne arrivavano di risposte a volte tre o a volte nessuna; numerare le risposte; capire che prima o poi ce l’avrebbe fatta a raggiungere il traguardo che, con don Cristiano, si erano prefissati («mille e non più mille»); farsi prendere dall’idea di costruirci un libro; farselo pubblicare da una delle case più importanti in editoria religiosa; sottoporsi all’arrivo di quei cronisti che, sentita la storia, hanno cominciato a volersela fare raccontare.
Un’idea quella frullata ad Armando che qualcuno ha «lavorato» per fargliela frullare bene. Ci ha pensato, da Lassù, Angelina, la ragazza che Armando vide bene di sposare. Un amore tenero: ha portato due figli ma si è dovuto confrontare, troppo presto, con sorella morte.
Da anni Angelina non è più con Armando, ma è stata proprio lei racconta questo sessantenne nato nel padovano, emigrato da giovane in Svizzera dove, per vent’anni, ha fatto di tutto compreso l’interprete e l’allenatore di calcio è stata Angelina a suggerirgli di battersi per una nobile impresa consistita in una doppia domanda di quelle pese. «Perché credi in Dio? Perché credi nell’altra vita?».
«Chi conosce Armando scrive in prefazione don Cristiano, parroco giovane con qualche libro all’attivo e un importante incarico in diocesi di Pistoia sa quanto abbia lottato e insistito, a volte a proposito e a volte a sproposito, con i suoi famosi bigliettini che lui consegnava a chiunque gli capitasse a tiro, senza guardare in faccia a nessuno, ateo o credente, ricco o povero, grande o piccolo, italiano o straniero».
I giornalisti, si sa, hanno sempre bisogno di immagini capaci di bucare: per questo si era nel periodo in cui il tristo capo mafioso comunicava attraverso foglietti chiamati «pizzini» è saltato fuori il concetto, fortunato, dei «pizzini di Dio».
Nel libro, uscito con EDB (Credo in Dio. Perché è il più bravo: è la risposta di un bambino, ottima riprova di quanto saggi siano i più piccoli), sono riportate quasi 800 risposte (lui le avrebbe volute tutte, ma gli editori hanno regole che Armando sarebbe perfino pronto a contestare).
Ed è riportato anche una sorta di backstage: il racconto, scritto con efficace semplicità, su alcuni retroscena dell’impresa, sul «circolo del prete», sui clienti del «barrino» dove Armando lo trovi sempre o a fare l’erba o dietro la macchina per il caffè. C’è il vecchietto zoppo che Armando incontrava al cimitero, anche lui davanti alla tomba della moglie, tutto impegnato a rammaricarsi di non aver imparato neppure a farsi due uova al tegamino e di dover così «rompere sempre le palle alla nuora». E c’è il «Ciancana», un centenario che quando Armando gli chiese se credeva in Dio, gli rispose in un certo modo. E poi «Antonio lo sciupamacchine» (ovvia professione: meccanico d’auto) ancora stupito perché la mamma, ammalata e in stato di incoscienza, riprese coscienza proprio per rispondere alla domanda non solo di Armando, ma pure dei filosofi e dei bambini.
E poi Giovanni, un altro vecchietto che si smarriva davanti a casa sua come capitava al nonno felliniano di Amarcord. E Luigi, il vigile comunale che qui è una istituzione: Armando lo chiama «lo sbirro», ma si diverte a sfotterlo perché Luigi è tutto tranne quello. E Carlo detto «il midolla»: da piccolo mangiava sempre la mollica del pane. E Corrado «il moccolatore»: Armando lo chiosa con un realistico «vedo gente che non moccola ma si comporta molto peggio del mio amico moccolatore».
E «il Menta», abilissimo cuoco nel circolino, con «l’onorevole Silvio», la catechista Liliana e il marito che tifa Juve (che errore portargli il «pizzino» durante una partita!…).
Per non parlare della giovane suora detta «Speedy Gonzales»: quando corre coi ragazzini del catechismo «arriva sempre mezzora prima degli altri». E tanti altri compresi personaggi famosi: Guido Ceronetti, Alex Zanotelli, il vescovo Mansueto Bianchi, Enzo Biagi. E Antje Swarovski, la giovane erede della dinastia austriaca venuta a sposarsi sulle nostre colline che, per Armando, scrisse il «pizzino» poggiandolo sul cofano dell’auto. Nel backstage c’è un capitoletto tutto dedicato ai fallimenti o, come li chiama Armando, ai «bigliettini non consegnati» o alle persone «che hanno risposto male». Lasciando perdere le risposte immaginabili nella loro volgarità da bollino rosso, Armando ne cita diverse: «Lasciami perdere non ho tempo … Ma chi te lo fa fare? …Vai a chiederlo in Vaticano e dì loro che regalino un po’ dei loro tesori a chi ne ha bisogno …Si vede che hai tempo da perdere … Dov’è il tuo Dio che permette alla gente di soffrire così? … ».
Adesso che è quasi diventato famoso (per Pasqua, due pagine su «Famiglia Cristiana») e a chi gli chiede a chi vorrebbe fare la stessa domanda lui risponde: «Mi piacerebbe sentire Silvio Berlusconi e qualche altro potente» (magari potrebbe essere un’idea …), Armando si è inventato un modo per incassare più soldi. Il libro costa 12,90 euro: a chi vuole la dedica (e sono tanti), lui la fa volentieri, ma arrotonda d’imperio a 15 ricordando che lui non si terrà neppure un euro. Lo ha promesso ad Angelina: darà tutto in solidarietà per un ospedale in Africa. «Dove Dio mi indicherà».
I bambini
I dubbiosi…
I convinti…