LUIGI ROSSI: Il monsignore del Rifugio
Monsignor Rossi è nel suo ufficio insieme a Rina Bisogni che, con la sorella Anna Maria, è stata sua collaboratrice fin dagli inizi.
Viva era la preoccupazione di certi ambienti per questo giovane prete che si gettava a corpo morto nell’attività assistenziale, e che faceva temere un’intrusione della chiesa nel sociale. E quindi si accanirono contro don Luigi. Questi poté godere dell’aiuto dell’allora vescovo monsignor Baldini, e della fiducia e della stima di gran parte dei massetani. L’ostilità si ridusse anche per l’intervento della Croce rossa provinciale: il passaggio della guerra, la strage di Niccioleta, tanti altri morti nella zona resero evidente la necessità d’intervento da parte di quella organizzazione che, però, non aveva strutture locali.
Vedendo l’attività del Rifugio Sant’Anna, la Croce rossa intervenne con forza per far sì che don Luigi potesse operare. Pio XII, che in passato aveva ricevuto don Luigi in udienza privata, gli inviò un contributo di ben cinque milioni di lire.
Il clima generale si rasserenò e si alleggerirono le pressioni. Don Luigi poté così proseguire serenamente il suo lavoro. Gli orfani arrivavano non solo da Massa e dal circondario ma da tutta la Toscana: un giorno, dalla zona della linea gotica, arrivò un pullman con 50 ragazzi. «La mia era l’unica organizzazione assistenziale. E quindi rimasero da me a mangiare, dormire e studiare».
Hanno vissuto nel Rifugio circa 3 mila ragazzi. Ce ne sono stati anche 150 contemporaneamente: «Come abbia fatto a tirare avanti non lo so». Don Luigi ha sempre cercato di evitare di dare al rifugio l’impronta del collegio, sforzandosi di creare l’atmosfera della famiglia.
I «ragazzi» continuano tuttora a venire a trovarlo, magari con le famiglie che nel frattempo si sono fatte, a mantenere questo sereno clima di casa. Ce n’erano tanti di quei ragazzi, nel 2005, a celebrare il 50° anniversario del Rifugio Sant’Anna.
Nascono difficoltà nuove negli ultimi tempi da parte degli organi cosiddetti tutelari, da parte delle Asl che hanno una mentalità ristretta: «Non vediamo in certe persone l’interesse autentico per il bisogno: ho avuto due rilievi in quest’ultimi tempi che fanno pena. Che ci lascino in pace: quello che facciamo è per sostituirli laddove loro non possono arrivare».
Il Rifugio rimane la struttura forse più quotata a Massa per questo tipo di attività di assistenza, solidarietà e formazione. La sua attività è il centro di riferimento per tante necessità umane e sociali, per la soluzione di tanti problemi di Massa, Follonica e, in parte, di Grosseto. L’opinione pubblica apprezza don Luigi, e gli vuole bene. La sua energia sembra inesauribile: si è occupato fino a pochi giorni fa della pastorale del lavoro. Ma come fa? «Guardo indietro nella mia vita e non mi resta che ringraziare Dio di avermi tenuto per mano e di avermi concesso salute e cervello».
Si avvicina l’ora di pranzo e faccio per andarmene. Don Luigi mi chiede di fare una foto al nuovo refettorio del Rifugio per pubblicarla su Toscanaoggi. Crollato nella scorsa Pasqua, è stato ricostruito ed è praticamente pronto. Per raggiungerlo, passiamo attarverso la cucina dove si prepara il pranzo. C’è un buon profumino e, mentre don Luigi scambia un paio di battute con le cuoche, in un pentolone sbircio una bellissima salsa di pomodoro. Entriamo nel refettorio. Don Luigi mi chiede se mi piace: l’ambiente è ampio e luminoso, e la struttura lignea del soffitto mi sembra davvero notevole. Glielo dico, e lui si inorgoglisce come un ragazzino.
Ma prima della pace c’era stata battaglia: all’inizio dell’attività don Luigi fu «convocato» per una udienza nella loggia massetana guidata da Isidoro. Gli fecero una specie di processo: «Perché si occupa di queste cose? Come fa a occuparsene?». Furono tre ore di feroce discussione. Isidoro alla fine disse: «E noi glielo impediremo!». Don Luigi replicò: «E io accetto la sfida!». Il giorno dopo il capo della massoneria di Grosseto telefonò al Grassini dicendogli di non ostacolare don Luigi perché quello era un momento in cui c’era bisogno di tutti.
Isidoro cambiò atteggiamento anche per l’operato di due sue strettissime parenti che collaboravano con don Luigi, fra cui la sorella, Grassina, «donna non comune che non poteva non influire sul fratello».
Gli antichi avversari sono scomparsi o sono diventati amici, o quasi: «Ieri sera era da me Focacci che insieme a Isidoro era uno dei massoni che mi contrastavano. Ora ogni tanto viene a trovarmi, perché ha bisogno di stare con me». Il tempo passa e smussa tutto.
In piedi, curvo sul bastone, don Luigi mi saluta e mi ammonisce: «Se lo ricordi, il tempo è galantuomo».