LEONARDO CARRAI: Un «delfino» al timone del Banco Alimentare

di Marco Lapi

Aveva un bel progetto sul futuro Natale Bazzanti, dirigente dell’Arsia – l’Azienda regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo forestale – e presidente del Banco Alimentare della Toscana fin dalla sua fondazione. Contava i mesi che mancavano alla pensione per potersi dedicare ancor più a quell’opera che aveva tirato su dal nulla quattordici anni fa, con pochi amici fidati, a partire da un piccolo «banco di solidarietà» avviato nella parrocchia fiorentina di San Michele a San Salvi e da un assegno di cinque milioni di lire messo a disposizione dai Lions di Castelfiorentino. Questi ultimi, essendo venuti a conoscenza dell’esperienza già avviata a livello nazionale a cominciare dalla Lombardia, ne erano rimasti particolarmente colpiti tanto da decidere di premiarla. Chiamarono quindi Milano chiedendo chi fossero i referenti in Toscana e il segretario Marco Lucchini fece il nome di Natale e dei suoi amici, che si erano rivolti a lui l’anno prima per avere consigli su come gestire al meglio quel piccolo «magazzino della carità» allestito in un sottoscala della parrocchia. Alla telefonata dei Lions, Bazzanti cadde ovviamente dalle nuvole. Poi, incassato l’inatteso premio, chiamò la segreteria del Banco per girarlo alla sede nazionale. Ma Lucchini fu irremovibile: «È vostro, tenetelo voi. È l’occasione – disse più o meno – per pensare e operare più in grande». E così fu, pur con qualche comprensibile patema.

Delle vicende seguite a quel primo grande segno della Provvidenza abbiamo parlato più volte su Toscana Oggi, in occasione dell’annuale giornata della Colletta Alimentare di fine novembre e non solo. La crescita del Banco della Toscana – che oggi non è più solo un’opera di volontariato, ma è anche occasione di lavoro per qualche dipendente, data la necessità di una presenza stabile nell’enorme magazzino di Calenzano – ancora non sembra arrestarsi. Purtroppo, verrebbe da dire, perché è segno evidente di un bisogno sempre crescente. Ma anche per grazia di Dio, va aggiunto, perché vuol dire che la carità non viene meno, anzi.

Proprio per questo, Bazzanti aveva generosamente pensato di poter fare finalmente il presidente del Banco a tempo pieno, per reperire sempre maggiori risorse in grado di rispondere alle maggiori esigenze. Finché pochi mesi fa il presidente nazionale don Mauro Inzoli non ha chiesto ai vertici regionali «di lungo corso» di farsi da parte per dare vita a un ricambio, come «segno di povertà nei confronti di un’opera che non ci appartiene, proprio come il mangiare che doniamo ai poveri, ma è solo e sempre frutto inaspettato di carità». Superata in fretta una briciola di umana delusione relativa al futuro che aveva immaginato, Natale ha trovato il suo successore in uno degli amici della «prima ora»; di quando, dovendo passare dal piccolo banco di solidarietà parrocchiale a un’opera cittadina e poi addirittura regionale, si rivolse anzitutto ai «confratelli» del proprio gruppetto di Fraternità di Comunione e liberazione, ottenendo diverse adesioni, tra cui, appunto, quella di Leonardo Carrai, da poco eletto nuovo presidente dal Consiglio direttivo anch’esso rinnovato poche settimane fa. Leonardo – che ha fatto parte, fin dall’inizio, dei precedenti Consigli – è un tipo davvero instancabile. Finora impegnato con altri amici nell’organizzazione della Colletta a Firenze, la «piazza» ovviamente più complessa dell’intera regione, assieme a loro ha sempre gestito al meglio la situazione, preoccupandosi di «capi équipe», furgoni e magazzini provvisori, sempre con la certezza, puntualmente confermata dai fatti, che comunque alla fine la Provvidenza non avrebbe fatto mancare nulla. Una fiducia di fondo ben presente anche in Bazzanti e negli altri, ma che in Leonardo traspare immediatamente attraverso un carattere aperto e cordiale e un sorriso sempre pronto, reso magari non del tutto smagliante dal fumo dei sigarini di cui proprio non riesce a fare a meno.

Ma un’altra grande passione del «delfino» di Natale – per cui non a caso lo definiamo così! – è la pesca, da quella alle trote nei torrenti che fin da bambino batteva in compagnia del nonno, a quella marina, sia dalla riva che dalla barca e soprattutto col fucile subacqueo. Nonostante i sigarini di cui sopra, Leo – oltre a nuotare davvero come un pesce – ha un fiato incredibile e un’abilità fuori discussione. Tanto che le sue battute, tra le coste toscane e quelle della Corsica, si risolvono quasi sempre in grandi successi, di cui beneficiano il freezer di famiglia ma spesso e volentieri anche gli amici, a cominciare da quelli che gli fanno compagnia nel campeggio appena a sud di Talamone che costituisce la meta irrinunciabile delle sue vacanze estive.

Sposato con la coetanea Giuliana, con la quale ha messo al mondo ben sei figli – Elia, 22 anni; Amerigo, 19; Giuditta, 15 a settembre; Maria Elisabetta, 11 e mezzo; Ester, 8 a luglio, e Francesco, 4 anni compiuti di fresco essendo nato il 28 maggio come il babbo, quando lui ne compiva 42 – Leonardo è responsabile del controllo produzione a «La via del tè», l’azienda di famiglia fondata dal padre Alfredo Carrai, originario di Greve in Chianti, e dalla madre Amelia. Una realtà ben nota ai fedelissimi dei «Thè di Toscana Oggi», dato che fin dall’inizio ha messo generosamente a disposizione un’ampia gamma di gusti per i buffet che concludono le conferenze.

Sabato 5 e domenica 6 Leonardo Carrai, con tanti altri amici del Banco Alimentare, ha partecipato alla festa «La carità all’opera», organizzata assieme ad altre associazioni nella splendida cornice di Castel di Poggio, sulle colline di Fiesole (vedi articolo a lato). Disponibile come sempre, è sceso a San Salvi – proprio quella parrocchia dove tutto è iniziato – a prendere il parroco don Silvano Seghi, che al Castello avrebbe celebrato la Messa per i partecipanti. Al ritorno abbiamo fatto loro compagnia, per scambiare due parole, commentando anche le prime uscite pubbliche di Carrai nel suo nuovo ruolo di presidente del Banco della Toscana, ospite di una trasmissione tv e, il 14 maggio a Cecina, della manifestazione itinerante «Volontariando», organizzata dalla Provincia di Livorno. «Siamo stati invitati lì – ricordava – perché le amministratici locali Lia Burgalassi e Monica Mannucci erano rimaste stupite del fatto che, nonostante una certa conflittualità talvolta presente tra le associazioni, la Colletta riuscisse a metterle tutte assieme. Il fatto è che la carità, come ci hanno ricordato anche gli amici di “Famiglie per l’accoglienza”, non può essere mai uno sforzo o un’idea, tantomeno una pretesa di risolvere le cose o i problemi, ma, attraverso un semplice gesto di condivizione, è piuttosto il riconoscere che il bisogno dell’altro è lo stesso tuo: il bisogno che anzitutto qualcuno ti voglia bene. Riconoscere cioè che, al di là di tutto e degli stessi bisogni materiali, la domanda di fondo è la stessa. Questo vuol dire condividere i bisogni per condividere il senso della vita, o quella definizione che don Giussani dà della carità come “dono di sé, commosso”. Altrimenti non regge, diventa un progetto ideologico che finisce però per scontrarsi fatalmente con i propri limiti». Quei limiti che invece – e la storia del Banco lo dimostra – la carità riesce miracolosamente a superare.

La carità in festa lontanodai riflettoriQuesti due giorni di festa sono stati semplicemente un tentativo di mettere a disposizione di tutti qualcosa di bello, non certo di far vedere a qualcuno “quanto si conta”». Leonardo Carrai, nuovo presidente del Banco Alimentare della Toscana, rimarca il senso dell’iniziativa «La carità all’opera», ospitata per il secondo anno consecutivo nel bellissimo scenario di Castel di Poggio, sulle colline di Fiesole. Nove realtà caritative toscane – Associazione Progetto Sant’Agostino, Famiglie per l’Accoglienza, Banco Alimentare, Fondazione Avsi, Confraternita della Misericordia dell’Antella, Fondazione Patrizia Nidoli, Centro di solidarietà «La Strada» di Livorno, Associazione di volontariato «L’Arca», Associazione Banco di Solidarietà di Arezzo – si sono ritrovate assieme anzitutto per comunicarsi le proprie esperienze e per confrontarsi con altre, come quella di Avsi ad Haiti (attraverso un collegamento telefonico di oltre mezz’ora, nel pomeriggio di sabato 5 giugno, con Fiammetta Cappellini, in prima linea fin dai giorni del terremoto) e di Jimmy e Silvia Garbujo, responsabili della «Casa San Benedetto» di «Famiglie per l’Accoglienza», a Villafranca di Verona, giunti la mattina di domenica 6 assieme al presidente nazionale Marco Mazzi e a sua moglie Licia. Tanti i partecipanti – con un picco di 500 persone nella sera di sabato – ma niente riflettori né amministratori o politici, a parte un paio di amici e il sindaco e il vicesindaco di Fiesole giunti per fare gli onori di casa.«Che cosa possa generare la carità, le semplici opere di misericordia corporale – sottolinea Carrai – è emerso ad esempio da quanto ci ha raccontato il governatore della Misericordia dell’Antella, una confraternita che ha davvero segnato in positivo la storia del paese e non solo, dato che vanta un numero di iscritti pari a quasi il doppio degli abitanti». Quindi, ricordando la telefonata di Fiammetta da Haiti, aggiunge: «Di fronte al terremoto non ha fatto tanti discorsi o lamentazioni, ma si è calata in quel bisogno coinvolgendo gli stessi terremotati, senza fare un discorso assistenzialistico ma anzi spronandoli a darsi da fare. Così in quattro e quattr’otto hanno messo su una scuola per 3000 bambini. Nella devastazione che tuttora permane, tutto è ripartito da un’amicizia e una condivisione».

«La bellezza – conclude il nuovo presidente del Banco Alimentare – è l’unica forma che corrisponde al cuore, e la stessa carità è una forma di bellezza, perché mentre la fai senti che corrisponde talmente a te, che sei lieto e contento e non te lo sai spiegare, perché dentro di essa passa proprio il Mistero». Purché sia libera e senza pretese, come ha sottolineato nel suo intervento Licia: «Siamo noi che ci mettiamo in testa di dover risolvere le cose con la nostra opera ma non è così: questa pretesa, anzi, genera di fatto una schiavitù, è qualcosa che prima o poi stanca, perché alla fine si è sempre inadeguati. Riconoscere di essere guardati da un Altro e per questo poter guardare all’altro e donare, invece, non stanca mai».