LA «BANDA BASSOTTI»: Down capaci di prendere il largo
di Giulia Sarti
Si chiamano «Banda Bassotti» ma non per la loro attività criminale simile a quella dei famosi personaggi Disney, né per il loro abbigliamento. Di questo nome è la parola «bassotti» a dire qualcosa sul loro aspetto fisico: una statura medio-bassa che accomuna tutti quanti.
Incontro uno di loro allo stand del «Parco del Mulino» al Trofeo Accademia Navale di Livorno, manifestazione che attira equipaggi da tutto il mondo, mentre aspetto il presidente dell’ Aipd (Associazione Italiana Persone Down) Sezione di Livorno, dottor Daniele Tornar.
Giacchetto rosso tipico di chi va in barca a vela. “Conosci il dottor Tornar?” gli chiedo. Lui da perfetto gentleman, con quel sorriso che ogni ragazzo down sa regalare, mi porge la mano «Piacere sono Davide, il suo figliolo». Sulla manica leggo «Mascalzone latino». Un appassionato di vela senza dubbio. E infatti Davide Tornar fa parte dell’equipaggio della «Banda Bassotti», una decina di ragazzi down che, attualmente sotto la guida di Enrico Maltinti, della scuola di vela di Livorno Strapoggia, si allenano durante tutto l’anno per la classe J24.
«Un’altra pazzia andata a buon fine come quella dell’idea del Parco del Mulino», spiega il dottor Tornar. Un giorno si presentarono da lui due velisti dello Yacht Club Livorno: «Vorremmo portare i ragazzi dell’associazione in barca a vela», dissero. A fare la bizzarra proposta erano Massimo Gambacciani e Antonio Santalena che misero a disposizione la loro barca.
«Noi genitori eravamo spaventati all’idea, tanto che per la prima uscita in mare iniziammo a preoccuparci quando i nostri ragazzi, salpati alle 8 del mattino, alle 18 non erano ancora tornati a terra». Ma le loro preoccupazioni svanirono di fronte alle urla entusiaste dei ragazzi che gridavano «Voglio un panino». «Avere fame dopo una giornata di sport è buon segno. Vuol dire che si è faticato ma anche che ci si è divertiti!».
Da quella prima uscita in barca di tempo ne è passato. Da più di 10 anni la Banda Bassotti partecipa regolarmente alle gare del Tan, ha gareggiato nei campionati italiani in Sardegna e a Cervia, per citarne alcune. «E non sono mai il fanalino di coda della classifica, ma stanno sempre verso la metà», afferma Tornar.
Dopo qualche anno di rodaggio, visto il successo della cosa, la decisione e il grande passo: comprare una barca propria. «Grazie alla Cassa di Risparmi di Livorno e allo sponsor che ancora ci sostiene (General Cargo) anche questo sogno è diventato realtà qualche anno fa».
Un’esperienza del genere i genitori di ragazzi down come il dottor Tornar non se la sarebbero mai immaginata 30 anni fa e invece oggi è una realtà ben consolidata.
«Quando nacque mio figlio Davide, andai a leggere cosa si diceva sulla sindrome di down sul mio libro di pediatria. Suggeriva, data la docilità del carattere di queste persone, di tenerli chiusi in casa. E le famiglie sembravano seguire il consiglio: avere un figlio down era considerata una vergogna da nascondere, specchio di una cultura che definirei aberrante. Poi per fortuna i genitori hanno pian piano iniziato a cambiare e con loro la cultura intera. Devo dire che Livorno in tutto questo ha sempre dimostrato grande apertura. È capitato che alcuni gruppi ospiti della nostra struttura al Parco del Mulino abbiano mandato al ritorno a casa una lettera di ringraziamento al sindaco per la disponibilità dimostrata dai suoi concittadini. E poi la nuova immagine dei ragazzi disabili che ha toccato l’apice con la partecipazione al programma «Le iene» su Italia 1. Dopo quella puntata tutta Italia ha visto le persone down sotto un altro punto di vista, persone capaci di fare tante cose. Mio figlio è stato addirittura riconosciuto da due commesse a Roma!».
Per i ragazzi andare in barca è sì divertirsi, ma è anche un’attività che stanca. Per questo motivo non tutti possono reggere il ritmo e la proposta viene fatta a quelli che abbiano determinate caratteristiche, tra le prime saper nuotare.
ITA 46, si legge sulla vela che rende questi ragazzi atleti speciali. Sì perché la cosa più bella, continua Tornar, è vedere che non sono semplici passeggeri, ma un vero team che lavora sulla e per la barca. «A dire la verità, il timone alla partenza è affidato all’istruttore perché la parte iniziale è la più pericolosa con tutte le barche pronte al via. Poi però durante la regata sono i ragazzi a tenerlo».
C’è un’altra attività che alcuni di questi stessi ragazzi portano avanti e che fa parlare il dottor Tornar di «rivoluzione gentile e culturale», che ha permesso cose che si possono definire solo incredibili: la loro partecipazione a «Dynamo camp», un camp di terapia ricreativa per bambini affetti da patologie molto gravi. Da tre anni i ragazzi partecipano a questa realtà a San Marcello Pistoiese come volontari.
«C’è un momento che ricorda con particolare piacere?», chiedo. «La prima premiazione dei ragazzi all’Accademia navale in occasione del Tan. Le facce delle persone nel momento dell’ingresso di questo equipaggio bizzarro e speciale. E la gioia dei ragazzi mentre prendevano in mano il premio». A immaginarlo vengono i brividi.
E allora «buon vento» Banda Bassotti e, rubando le parole di qualcun altro, «la strada vi venga sempre dinanzi e il vento vi soffi alle spalle» e che i vostri prossimi colpi non siano ruberie ma tante altre belle soddisfazioni.
Nato grazie al co-finanziamento della Regione Toscana, oggi vive di donazioni e autofinanziamento possibile principalmente grazie all’affitto della struttura per feste, cerimonie o convegni durante i quali i ragazzi stessi possono occuparsi dell’aspetto legato al catering e al servizio bar.
Il pilastro del progetto guida con cui nacque il Parco, era infatti legato alla loro autonomia attraverso la partecipazione a corsi di formazione che insegnassero a gestire questo tipo di attività. Ma non solo: a questo si affiancano ancora oggi veri e propri corsi di autonomia quotidiana: operatori adeguatamente formati, rendono i ragazzi capaci di attraversare la strada, chiedere aiuto, prendere un autobus o capire il valore del denaro. Il corso è finanziato dalla Usl 6 di Livorno con un accordo che permette la partecipazione anche a persone con disabilità diverse da quelle legate alla sindrome di down.
Per i più piccoli invece sono previste attività di musicoterapia, logopedia e psicomotricità.
Tutto questo con una sola finalità: superare il concetto di solidarietà intesa come assistenzialismo delle persone down, mettendo invece le loro capacità al servizio di tutta la società.
Il Parco è anche residence che accoglie associazioni da tutta Italia per week-end in cui i ragazzi imparano gradualmente a stare lontano dai genitori.
Per il futuro il Parco del Mulino non intende fermarsi qui: oltre alla sala motoria che sarà inaugurata a breve, sono già in cantiere diversi progetti. Uno sarà la collaborazione con il Sant’Anna di Pisa per progetti, coordinati dal professor Paolo Dario, di domotica legati allo sviluppo intellettivo dei ragazzi. L’altro, più ambizioso, in accordo con altre associazioni della città, la realizzazione di una piscina terapeutica, di cui attualmente Livorno si trova priva, per la riabilitazione connessa a ogni tipo di disabilità.
Un progetto nato quasi per caso, che continua a dare i suoi frutti e che sembra non subire la crisi.