GRAZIA SALIMBENI: Il chirurgo che sa restituire il sorriso

di Graziella Teta

Ci sono persone che non sorridono. Perché non possono: sono afflitte da paralisi facciale, una patologia causata da malformazioni alla nascita oppure da traumi o da tumori, che comporta problemi funzionali anche ad occhi e bocca, oltre che forti disagi psico-sociali. Dopo un intervento di sette ore in sala operatoria e un anno di cure riabilitative, tornano a sorridere alla vita. Sono bambini, anche molto piccoli, giovani e adulti, uomini e donne, provenienti da tutta Italia che si affidano alla dottoressa Grazia Salimbeni, medico chirurgo specializzato in chirurgia plastica, tra i massimi esperti di paresi facciali. «I miei figli», così lei chiama affettuosamente i suoi pazienti cui restituisce il sorriso, dai quali riceve in cambio gratitudine duratura. Dietro la sua immagine delicata ed elegante, coerente con uno stile discreto poco incline alla ribalta mediatica, si cela una solida professionista ben conosciuta nella comunità medica internazionale. Questa è la sua storia.

Originaria di Collesalvetti, si definisce «una campagnola». Racconta: «Ho sempre vissuto in provincia, a contatto con la natura. Mio padre Ruggero era perito agrario e, sin da piccola, seguivo il suo lavoro, mi ha insegnato tanto: in pratica, ho appreso da lui i rudimenti dell’anatomia degli animali da cortile. Vivere in un piccolo centro significa anche essere immersi nel ciclo della vita: bambini che nascono, vecchi che muoiono, e così gli animali, seguendo il naturale destino di ogni specie vivente». Ma la natura talvolta sbaglia e la dottoressa Salimbeni ha scelto di dedicare la sua vita a «correggerne gli errori», per restituire alle persone una vita migliore.

Continua: «Ho studiato Medicina all’Università di Pisa, da subito appassionata all’aspetto pratico (il mondo del laboratorio, il rapporto con il paziente) più che a quello teorico: al secondo anno ero allieva interna presso l’Istituto di Patologia Generale dell’Università e poi in Patologia Chirurgica dal terzo anno in poi». Qui vede operare un grande chirurgo, il prof. Paolo Santoni Rugiu (scomparso due anni fa, era noto anche per il suo impegno per Interplast e per Emergency: ha operato bambini malformati o vittime di eventi bellici in Africa, Iraq e Cambogia), che poi diventerà il suo «maestro». Lei è colpita dagli «interventi affascinanti» eseguiti dal luminare: il fascino stava, spiega la dottoressa, nella sua tecnica chirurgica, nel contempo esperta e delicata, che consentiva per esempio di stendere le dita contratte di una mano colpita dalla malattia di Dupuytren, ridando piena mobilità all’arto.

Continua la Salimbeni: «Ritornai nel reparto del prof. Santoni nel 1970, fresca di laurea, e gli chiesi di poter lavorare con lui. Vedendo la mia determinazione, mi disse subito di si. Ero l’unica donna del suo staff, ma non ho mai avuto problemi sebbene, a quel tempo, erano ancora poche le donne medico con ambizioni da chirurgo. D’altronde, lui arrivava da un lungo stage nei Paesi del Nord Europa, in Scandinavia in particolare, aveva una mentalità aperta e una grande esperienza internazionale».Sono anni importanti per il grande ospedale cittadino pisano. «Infatti, nel 1971 al Santa Chiara nacque la divisione Chirurgia Plastica, per il trattamento di malformazioni, congenite o da traumi, cicatrici da tumori, ustioni o traumi, traumatologia viso e arti, chirurgia della mano, e paralisi facciale che è poi diventato il mio cavallo di battaglia». All’epoca lei era anche impegnata a Torino dove studiava per conseguire la specializzazione, conclusa nel 1973.

Nel 1974 apparve sulla scena medica internazionale una nuova tecnica: la «microchirurgia» che consente di trapiantare lembi di tessuto, muscoli, cute e ossa, da una regione all’altra del corpo (microanastomosi). «Su indicazione del prof. Santoni, il nostro reparto si sparse nel mondo, in Europa, Australia, America, per apprendere le tecniche di microchirurgia, sviluppare e migliorare le nostre conoscenze, approfondire i vari settori. Ad ognuno di noi ne venne assegnato uno: io mi occupai di microchirurgia nervosa applicata alla paralisi facciale, che ancora oggi costituisce oltre un terzo del mio lavoro, e andai a Vienna da prof. Hanno Millesi. Il nostro reparto al Santa Chiara divenne un’eccellenza nel panorama nazionale, attirando pazienti da tutta Italia, proprio perché ogni componente del team aveva studiato, sperimentato e approfondito i vari settori della chirurgia plastica, dunque eravamo in grado di offrire professionalità elevate e complete».

Competenze che vanno continuamente aggiornate e migliorate nel tempo, abbinate alla creatività: è il «metodo Salimbeni», affinato in oltre 40 anni di professione. Spiega: «Le idee nascono talvolta dalla necessità di risolvere un problema e, certamente, nascono dal confronto continuo con i colleghi, anche spingendosi in campi ancora inesplorati, con scambio continuo di conoscenze con la comunità mondiale dei chirurghi». Lei ha partecipato, e continua a farlo, a decine e decine di congressi e conferenze in ogni parte del mondo, collezionando attestati e riconoscimenti di cui non tiene il conto. «I congressi medici – dice – sono le fiere delle idee, ciascun partecipante espone le proprie e le mette a disposizione e in confronto con quelle dei colleghi. Io mi sono sempre confrontata molto, condividendo risultati e prospettive».

Nel ’95 si è concessa sei mesi sabbatici per andare in giro per il mondo, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, per incontrare i migliori esperti del suo settore, per conoscerli, vederli operare, apprendere nuove tecniche e soluzioni. Il miglioramento continuo è la sua fede professionale, abbinato allo studio e all’aggiornamento scientifico: trascorre molte serate leggendo le riviste scientifiche internazionali, ma non chiedetele sue pubblicazioni: «Il mio lavoro lo racconto nei congressi medici».

Da anni coltiva legami con esperti, come l’inglese Philip Sykes e Julian Pribaz (di origine italiana, insegna ad Harvard): lei va a trovarli nelle loro residenze, in Galles e a Boston. «Capita – dice lei – che discutiamo di lavoro mentre piantiamo fiori o patate; e queste conversazioni informali talvolta ispirano idee per risolvere problemi chirurgici». Già professore a contratto in varie università italiane, la dottoressa Salimbeni è anche chiamata a far parte di staff impegnati in interventi chirurgici particolari e complessi. Avrebbe potuto lavorare ovunque all’estero: negli anni, ha ricevuto numerose proposte, sempre respinte. «È stata una scelta di vita rimanere a Pisa, vicino alla mia famiglia; è un legame importante».

Poi, dieci anni fa, ha cambiato rotta, dopo tre decenni come chirurgo ospedaliero: «È stata una svolta professionale importante: decisi di diventare libera professionista, capo di me stessa, mantenendo strette collaborazioni multidisciplinari con altri specialisti, come otorinolaringoiatri, dermatologi, ortopedici, oculisti». Attualmente opera alla Casa di cura San Rossore, alle porte di Pisa (sua assistente è la dottoressa Antonella Puddu) e negli Studi Medici Versilia di Camaiore. S’impegna anche come tutor: «Ho avuto tanti allievi bravissimi, come il dottor Marcello Cardini (con il quale collaboro a Camaiore), la dottoressa Francesca De Lorenzi e il dottor Stefano Malloggi. Ho sempre aiutato e sostenuto i giovani, favorendo scambi ed esperienze all’estero».

Parallelo al suo impegno professionale è quello in famiglia: Grazia si sposa nel 1970 con il collega Claudio Ughi, medico pediatra, allora entrambi neolaureati. Nel ’72 nasce il figlio Nicola, oggi fotografo affermato (autore delle immagini dell’intervistata), sposato, ha una bimba di tre anni e mezzo. Come al lavoro, anche in casa prevale il dialogo costruttivo: «Io e mio marito amiamo la nostra professione, che ci impegna a fondo: ci confrontiamo molto, su tutto, con rispetto per gli impegni e gli spazi reciproci». Il bello di aver scelto la libera professione, aggiunge la dottoressa, è che può gestire meglio il tempo tra casa e lavoro: due giorni alla settimana li dedica all’adorata nipotina Olivia; la cura dell’orto e il giardinaggio sono tra i suoi svaghi preferiti. E mentre pianta fiori e coltiva ortaggi, come quando è ospite dei suoi colleghi Philip e Julian, rimugina su un problema ancora da risolvere, che costituisce l’attuale sfida professionale per gli esperti del suo settore. Il problema è: come gestire i muscoli «antagonisti» presenti nella struttura del viso per «ridare ordine» alla faccia. La descrizione del cronista è sommaria e ben poco scientifica ma si capisce che il problema, quando sarà risolto, magari per un’intuizione provvidenziale di chi lo studia ogni giorno, come la dottoressa Salimbeni, farà felici milioni di pazienti.

Chirurgia estetica: sì all’armonia, no ai «mostri»La chirurgia plastica comprende la chirurgia estetica, costruttiva e migliorativa, che è sempre più diffusa. Nella società contemporanea dove l’apparire conta più dell’essere, dilaga l’ansia di voler sembrare giovani e belli a tutti i costi e a qualsiasi prezzo, pur di assomigliare ad attori di cinema ed a starlette televisive. La dottoressa Grazia Salimbeni mette in guardia dagli eccessi: «Di recente ho partecipato ad una conferenza, insieme con lo psichiatra prof. Giovanni Battista Cassano e il filosofo prof. Remo Bodei, sul tema dell’armonia delle forme: la bellezza non è un concetto astratto, cambia nelle varie epoche storiche, nasce dalla proporzione, definita in base a specifici parametri e, soprattutto, tende alla ricerca di un equilibrio. Dunque, migliorare il proprio aspetto con l’aiuto della chirurgia estetica va bene, ma affidarsi al bisturi per trasformarsi in mostri proprio no».

Infatti, lei di no ne pronuncia spesso, per esempio quando le pazienti le rivolgono richieste assurde (come occhi a mandorla e décolleté esagerati). Pratica la chirurgia estetica solo quando è convinta della scelta: «I problemi li risolvo, mentre ubbie e capricci li respingo». Cautela, sottolinea, perché si tratta pur sempre di interventi chirurgici. Quelli più frequenti richiesti dalle donne riguardano miglioramenti al décolleté (mastoplastica) e al naso (rinoplastica), gli uomini vogliono correggere orecchie a sventola e ringiovanire le palpebre (blefaroplastica); entrambi chiedono spesso il lifting facciale per «guadagnare» una decina d’anni rispetto all’età anagrafica. «A me piacciono gli interventi di chirurgia estetica perché sono molto tecnici, e più la richiesta la condivido, più mi da soddisfazione e migliori sono i risultati attesi», conclude la dottoressa Salimbeni.

Una curiosità finale: per lei un esempio di ideale armonico è la Venere del Canova; tra i volti cinematografici predilige quelli di Sean Connery, Virna Lisi e Claudia Cardinale cui l’avanzare dell’età non ha intaccato il fascino («mentre il botulino toglie espressività al volto»). Ma lei, ha mai ceduto a qualche «ritocco»? «Mai fatto nulla, mi piaccio così come sono», risponde con un sorriso.