GIUSEPPE VEDOVATO: Il padre superstite dell’Unione Europea

di Antonio Lovascio

Nel Palazzo d’Europa, a Strasburgo, una galleria raccoglie i ritratti scultorei dei dieci costruttori dell’unificazione. Tre gli italiani: Giuseppe Mazzini, Alcide De Gasperi e, l’unico vivente, Giuseppe Vedovato, fiorentino di elezione, immortalato accanto a Churchill, Adenauer e Schumann. Vedovato – come si legge nella dedica sul busto – è stato «testimone ed attore di mezzo secolo di storia europea e mondiale, presidente dal 1972 al 1975 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, profeta cristiano della Grande Europa e garante della sua eredità culturale». Una «memoria storica» ancora effervescente e vibrante, che non si risparmia sfidando con baldanza i pochi mesi che mancano al traguardo dei 100 anni (13 marzo 2012).

Avendo dedicato tutta la sua vita non solo alla politica, ma pure alla cultura ed all’insegnamento (già professore di diritto internazionale negli atenei di Firenze, Bologna e all’Accademia dell’Aja, prima di approdare alla «Sapienza» di Roma) sta ancora spendendo tutte le sue energie per i giovani: «Il mio primo pensiero – ci confessa – è per le nuove generazioni, tanto penalizzate. Perché so quanto sia difficile conseguire una laurea e trovare un impiego: orfano di entrambi i genitori, ho infatti dovuto lavorare duramente per mantenermi negli studi al “Cesare Alfieri” di Firenze». Con la solita passione, in questi giorni il Professore sta seguendo la preparazione del prossimo appuntamento del «Seminario permanente sull’etica nelle relazioni internazionali» da lui fondato presso la Pontificia Università Gregoriana , che avrà come tema «Geopolitica della solidarietà: dal locale al globale». Alla Biblioteca della «Gregoriana», pensando appunto alla formazione dei giovani, ha donato 36 mila volumi. Coprono la storia contemporanea, il diritto internazionale, la teologia morale, l’etica e la bioetica, la dottrina sociale cristiana.

Un patrimonio inestimabile, che Vedovato ha collezionato nelle sue missioni nei quattro Continenti storici, partecipando a conferenze promosse dall’Onu, dall’Unesco, dalla Nato, dall’Ueo, a volte come delegato della Santa Sede. Libri conservati fin dai suoi primi anni fiorentini, quando, attorno al 1930, arrivò in Toscana da Greci (Avellino) per iscriversi a Scienze Politiche, separando la sua strada da quella del fratello Guido, un militare diventato poi generale di corpo d’armata. Dopo la laurea, nel 1937 fu nominato redattore capo (e poi direttore fino al 2005) della «Rivista di studi politici internazionali», fondata tre anni prima come organo dello Studio fiorentino di politica estera.

Giuseppe Vedovato lasciò la sua impronta non solo nel mondo accademico, ma in una Firenze tanto vivace culturalmente, frequentò salotti e circoli, fondandone uno tutto suo, «Il Chiostro». L’appartenenza al laicato cattolico gli aprì le porte dei palazzi ecclesiali e della politica. «Sono stato per 12 anni nella Giunta dell’Ac fiorentina – ricorda con orgoglio –. Quando il Cardinal Dalla Costa mi nominò presidente erano anni drammatici, gli anni che hanno segnato la seconda guerra mondiale. Condividevo le sue enormi responsabilità. Dalla Costa non si compromise col fascismo, anzi durante la storica visita di Hitler e Mussolini a Firenze, il 9 maggio 1938, fece lasciare le finestre del Palazzo Arcivescovile chiuse, spiegando a chi gli era vicino che non poteva accettare che si venerassero altre croci che non quella di Cristo. Poi, durante la guerra, il Cardinale si adoperò per difendere la sua Diocesi dalle devastazioni belliche e per alleviare le sofferenze della popolazione con l’iniziativa “Firenze città aperta”. Salvò numerosi ebrei. Tutto questo ho testimoniato nel processo di beatificazione davanti al Tribunale ecclesiastico».

Dall’Azione Cattolica alla politica, dicevamo. Il debutto in Consiglio Provinciale («Alla morte di Stalin fu memorabile un mio scontro con il presidente Mario Fabiani, comunista, che ne fece quasi un’esaltazione; così mi attirai l’ostilità delle Sinistre», racconta oggi il Professore) e nel 1953 l’elezione alla Camera dei Deputati, e poi al Senato fino al 1976. Sempre nelle file della Dc, rappresentata anche al vertice del Consiglio d’Europa, di cui dal 1988 è tuttora Presidente onorario. La politica lo ha portato in Italia a contatto con grandi personaggi come De Gasperi, Moro, Fanfani; a consolidare l’amicizia ed il confronto con La Pira, sulla spinta della comune attrazione per il Mediterraneo. Lo statista trentino gli ha trasmesso i più forti ideali europei. Ma di lui Vedovato porta scolpite soprattutto le grande sofferenze patite nell’ultimo anno di vita: «Sono stato purtroppo testimone della feroce campagna denigratoria del settimanale neofascista “Candido”, diretto da Giovanni Guareschi. Il giornale il 20 gennaio 1954 pubblicò una lettera (datata 19 gennaio 1944 e scritta su carta intestata della Segreteria di Stato vaticana), attribuita a De Gasperi, in cui l’allora premier avrebbe chiesto agli alleati anglo-americani di bombardare la periferia romana per demoralizzare i collaborazionisti dei tedeschi. Gli originali del dossier segreto Mussolini-Churchill erano custoditi in una banca di Lugano. Convinsi padre Zucca, che aveva speciali entrature in Svizzera, ad accompagnarmi in quella banca: vidi e memorizzai le due lettere attribuite a De Gasperi. Ne parlai con l’allora Sostituto monsignor Montini: intestazione e protocollo erano falsi. Per questo Guareschi fu condannato dal Tribunale di Milano a un anno di carcere per diffamazione».

Ancora più intenso e duraturo (anche se «oscillante») fu il rapporto di Vedovato con La Pira. Tante battaglie condotte insieme per riaffermare i comuni ideali cristiani, qualche punto di contrasto: «Ad esempio sulla mia proposta di creare a Firenze (sindaco Bausi) una Teleuniversità per l’insegnamento a distanza. Non si fece per la sua intransigenza: pretendeva che fossero coinvolti insegnanti sovietici. Poi fortunatamente è sorto l’Istituto Universitario Europeo alla Badia, di cui mi onoro di essere il cofondatore». Ma ora il tempo consegna alla storia un profilo del «sindaco santo» più pacato ed esaltante: «Quando è morto – mi dice il Presidente – ho ricordato La Pira sull’Osservatore Romano. Per tre volte ho reso testimonianza dinanzi al Tribunale diocesano all’avvio della causa di beatificazione. La Pira era prima di tutto un’asceta sempre pronto a combattere il materialismo moderno. Egli sapeva, meglio di alcun altro – perché intelligente, colto ed avveduto – che convegni, messaggi , viaggi e mediazioni non avrebbero portato a risultati fulminanti; ma lo “scandalo” che egli finiva per determinare con le sue originali iniziative in campo internazionale , avrebbe dato un contributo alla necessaria rottura del congelamento di una situazione che si doveva, gradualmente, mutare. La rottura doveva colpire tutto ciò che violava il Vangelo. La Pira è stato generalmente strumentalizzato dalle sinistre, per dimostrare e condannare il presunto conservatorismo della Dc. Come raccontavano le sue più vicine collaboratrici Antinesca Rabissi Tilli (sorella della mia segretaria, Rina) e Fioretta Mazzei, La Pira ripeteva spesso di avere sposato Firenze. E il suo modo di cercare di risolvere i problemi dei poveri non veniva da una visione assistenziale, ma da una scelta: quella di far capire a tutta la città il patrimonio che rappresentava».

Oggi, davanti all’esplosione del Nord Africa, servirebbe ai governanti la lungimiranza di due «profeti» come La Pira e Vedovato per rilanciare una politica europea del Mediterraneo: «Abbiamo superato molte sfide – è il pensiero del senatore – però proprio dal Mediterraneo sono sopraggiunte difficoltà immense: l’immigrazione di massa e l’incomprensione del problema di fondo, e cioè che la democrazia non si conquista con lo sviluppo economico, se mancano i presupposti che la determinano. Cosa può fare l’Europa? Le armi non servono , bisogna incrementare le vie diplomatiche e il dialogo. Bisogna credere nella complementarietà: il Mediterraneo ha bisogno dell’Europa, e l’Europa ha bisogno del Mediterraneo».

Fedele al Vangelo e al bene comunedi Giovanni Pallanti

La bella intervista storica e il profilo intellettuale e politico fatto da Antonio Lovascio sulla figura e l’opera del senatore Giuseppe Vedovato non ha bisogno di alcun commento. I fatti parlano da soli. Vedovato è stato, ed è, uno studioso cristiano che ha servito l’Italia e l’Europa nelle massime assemblee elettive e rappresentative. Certamente egli è un padre dell’Unità Europea e non meraviglia il fatto che nel Palazzo d’Europa a Strasburgo, accanto ai busti di Mazzini e De Gasperi, ci sia anche il suo. Non capita spesso ad un vivente di essere onorato a così alto livello. Ho conosciuto bene Giuseppe Vedovato e quando mi ha inviato il libro pubblicato in suo onore «Giuseppe Vedovato costruttore d’Europa», mi ha fatto molto piacere che un grande uomo politico che ha 40 anni più di me abbia scritto questa dedica: «A Giovanni Pallanti, un omaggio a ricordo, sempre vivo, dei comuni impegni svolti per la nostra amata Firenze!». Dopo la firma la data: 13 marzo 2011, novantanovesimo compleanno. Non c’è bisogno di molte parole per capire l’affetto che il professor Vedovato porta per chi ha combattuto la buona battaglia per la libertà, la democrazia e l’Europa. Ed è commovente che si ricordi delle persone molto più giovani di lui e che non la pensavano esattamente come lui sulle singole vicende politiche che abbiamo affrontato insieme negli anni della comune militanza democratico- cristiana.

Il senatore a vita Emilio Colombo ha detto del parlamentare fiorentino ricordato in questa pagina: «Nell’attività di recupero delle radici e di riscoperta dei valori che sono stati la stella polare della nostra azione nella tradizione di De Gasperi, Schumann, Adenauer e Monnet, torna preziosa la testimonianza di Giuseppe Vedovato. La sua opera è ricchissima e costituisce fonte preziosa di documentazione e di costruzioni di fasi della vicenda europea e delle relazioni internazionali che hanno inciso nel rapporto tra i Continenti e tra i sistemi politici». Per Firenze e per i cattolici fiorentini è stato un privilegio avere avuto come deputato e senatore della Repubblica Italiana un uomo come Vedovato, che è da considerare come uno dei più grandi europeisti viventi. A conferma di questo fatto è importante ricordare quanto detto il 28 dicembre 2009 dal cardinale Renato Raffaele Martino: «Vedovato come credente e laico è stato ed è cattolico tanto fedele al Vangelo di Cristo, quanto impegnato nella costruzione della “città terrena” attraverso i riferimenti irrinunciabili al bene comune, alle prese con il conseguimento della giustizia e della pace».