GIOVANNI TRAVAGLIATI: Il buttero centenario (nonostante… la guazza)
di Antonella Monti
Giovanni Travagliati ha cento anni e mezzo, tre figli, quattro nipoti, tre cavalli, l’orto, l’uliveto e tre case perché divide la sua vita tra Paolo, Carla e Lucia (i tre figli), un po’ alla Marsiliana e un po’ a Orbetello. Piccolo di statura e dalla stretta ferrea nonostante l’età, Giovanni non ha mai avuto dubbi sul raggiungimento del secolo di vita anche se gli dispiace che amici di Maremma più giovani di lui se ne siano «andati prima». E certo gli mancano le belle chiacchierate sui pregi o difetti di cavalli e fattrici, per non parlare delle tante merche fatte insieme in gran parte delle fattorie maremmane dove si allevavano ancora cavalli e vitelli. E quando gli ricordi i mitici butteri come Italo Molinari e Mario Petrucci o la «signorina» Giuliana Ponticelli, proprietaria della «Trappola» ad Alberese, i suoi piccoli occhi azzurri si velano sempre di lacrime.
Il centenario dalle gambe arcuate, che afferma di non poter accavallare perché gli hanno preso la forma della pancia del cavallo, legge ancora senza occhiali e cammina ancora a lungo, appoggiandosi al suo inseparabile uncino (sceglie il legno, lo intaglia e ci mette le sue iniziali per farne poi regali preziosi per chi, secondo lui, merita la sua amicizia) e della sua vita trascorsa per gran parte in sella, su e giù per le fonde maremmane, racconta sempre con grande lucidità e senza rimpianti perché si ritiene fortunato di averla vissuta e se rinascesse la rifarebbe. «Quando ero giovane e facevo il capo bestiaio alle dipendenze dei principi Corsini (dove sono rimasto per cinquant’anni), pensavo di morire intorno ai sessanta per via delle cadute da cavallo e delle tante bagnature, prese dall’alba al tramonto dietro il bestiame brado! E invece eccomi qui, ancora duro come il crognolo con cui faccio i miei uncini».
Il mitico buttero maremmano, nato in provincia di Pesaro nel 1909, arrivò alla Marsiliana nel 1936 dopo aver fatto il bestiaio prima a Maccarese (aveva solo sedici anni) e poi a Palidoro. «Ho passato più tempo in sella che con la mia famiglia racconta spesso e quando sono sceso da cavallo ero già troppo vecchio per prendere la patente, ma se rinascessi sceglierei lo stesso mestiere perché non c’è vita migliore di quella passata all’aria aperta, allo stato brado, come allevo ancora oggi i miei maremmani».
Quando esce di casa, Giovanni ha sempre con sé il suo inseparabile uncino, considerato da sempre «il terzo braccio del buttero», di cui spiega con orgoglio: «Finisce a forca perché così si possono uccidere i serpenti e aprire i cancelli dei recinti mentre con la caratteristica impugnatura si possono incavezzare i cavalli e raccogliere il cappello quando ti casca, e tutto questo senza scendere di sella».
Il vecchio buttero, con i suoi racconti di vita vissuta, affascina sempre grandi e piccoli e racconta di quell’ultimo brigante che poi esplose su una mina, delle principesse Corsini che accompagnava a cavallo per la Tenuta, dei soldati tedeschi, dei tanti bracconieri incontrati, di merche e di bestie particolarmente prolifiche come quella sua vacca mercata col numero 7 (arrivata alla Marsiliana dalla Tenuta della Trappola) che, in cinque figliature, gli partorì nove vitelli: «Io la chiamavo la vacca d’oro e avevo dato ordine che la lasciassero andare dove voleva perché valeva un capitale».
Ha fatto pure il guardiacaccia, Giovanni, e quando poteva «lasciava correre» perché, non si dimentica mai di ricordare a chi l’ascolta che, all’epoca, c’era tanta miseria e tirare avanti una famiglia numerosa non era facile. Fu anche il primo presidente dell’Associazione Butteri della Maremma, poi passò l’«uncino» a un altro buttero famoso, questa volta dell’Uccellina, quell’Italo Molinari che, nonostante fosse più giovane, si è spento dopo una lunga malattia nel 2003.
Oggi il Travagliati è un personaggio, un pezzo di storia della Maremma e un attento e ricercatissimo conoscitore di cavalli e bestiame che viene interpellato in ogni occasione dove serva la sua grande competenza. Più volte invitato dalla Rai, fin dal 1999 è diventato ospite fisso del Castagneto Day dove si è fatto fotografare con tanti personaggi come Naomi Campbell, che però trovò subito troppo alta e neppure simpatica, mentre ricorda con simpatia un’altra donna famosa, la rossa Sarah Ferguson. Alla duchessa di York il buttero regalò uno dei suoi «firmatissimi» uncini e fu per lui una grande soddisfazione ricevere, dopo un paio di mesi, una lettera di ringraziamento dalla Casa Reale inglese, firmata dalla stessa Fergie. «A Castagneto sono sempre andato volentieri, era lo stesso Gaddo ad invitarmi e lì, ogni volta, mi facevo nuovi amici. Bè, a parte le belle donne, a volte qualcuno mi sembrava un po’ strano come nel 2002, quando ho conosciuto uno arrivato dal Nepal. Dicevano che era un lama, peccato che di cavalli non ci capiva niente e poi, con quel vestito lungo anche se ce lo avessero salito per forza, per scendere da cavallo si sarebbe sicuramente intrigato!».
Tutte le feste per il secolo di vita dell’ex capo bestiaio
Il nodoso piccolo uomo dagli occhi celesti che legge ancora senza occhiali, ma si stanca a fare gli autografi, non si aspettava certo tanta notorietà per i suoi cento anni. I festeggiamenti sono durati un paio di mesi, divisi fra famiglia, parenti lontani, festa pubblica, festa buttera e un paio di presentazioni del libro su di lui (vedi colonna), oltre al premio dal Sindaco di Grosseto ricevuto ai primi di marzo 2010.
Nato il 30 settembre del 1909, il buttero o capo bestiaio come preferisce definirsi, ha lavorato per cinquanta anni nella Tenuta della Marsiliana, alle dipendenze dei principi Corsini. La sera del 30 settembre 2009 è stato festeggiato in famiglia dai tre figli con i rispettivi nipoti, mentre domenica 4 ottobre è stato ospite dell’Horse Festival di Grosseto dove, a sua insaputa, era già pronto per lui un uncino d’oro, omaggio della neonata «Associazione del bel cavalcare». E lui, commosso per la grande sorpresa, ha deciso di ringraziare i suoi amati butteri e i tanti presenti salendo di nuovo in sella. Con le redini in una mano e il suo inseparabile uncino dall’altra si è poi fatto un giro di pista insieme a tutti i butteri della Maremma tosco-laziale che rispettosamente hanno cavalcato dietro di lui, ed ha salutato il pubblico sventolando il cappello. È stata una scena toccante; quasi tutti i rudi cavalieri si sono fatti scivolare sulle gote arse dal sole delle sincere lacrime di nostalgia e affetto.
Solo pochi giorni dopo ancora una festa, domenica 11 ottobre alla Marsiliana, organizzata dalla locale pro loco in collaborazione con l’Avis e con le tante aziende locali e iniziata intorno alle 11 con la Santa Messa officiata all’aperto dal parroco don Stefano, davanti alla chiesa dove si era assiepata una piccola folla di amici e conoscenti del festeggiato. Dietro di loro, disposti a semicerchio, si sono allineati una trentina di membri dell’Associazione Butteri di Maremma, naturalmente in sella. Giovanni ha assistito alla Messa seduto sul calesse; con lui c’era il principe Filippo Corsini.
Al momento della comunione, il calesse con Giovanni e il principe si è avvicinato al parroco e il buttero ha detto: «Prima sua eccellenza», in segno di quel rispetto che ha sempre contraddistinto la sua vita alle dipendenze dei nobili fiorentini. Ma don Stefano ha comunicato prima il centenario perché, appunto, quel giorno era dedicato a lui. A pochi metri dal calesse, sempre in sella, c’era la moglie del principe, Donna Giorgiana. Durante la commovente funzione religiosa anche il piccolo Diego di appena due anni (il più giovane bisnipote del Travagliati) ha avuto l’onore di stare sul calesse fra il bisnonno e il principe.
Poi, al pranzo organizzato all’aperto, i commensali erano quasi trecento, per un 11 ottobre 2009 decisamente da ricordare che ha riunito tutto il «mondo» del centenario Giovanni. Baci, strette di mano, foto e tanti regali tra cui quello dell’Associazione Butteri della Maremma: un bella riproduzione in terracotta del toro Odino, esemplare rimasto nei ricordi del buttero. E quando i familiari di Giovanni hanno ringraziato «sua eccellenza» per la presenza, il principe, sorridendo, ha risposto: «Perché ringraziarmi, è lui che ha tenuto me da piccolo!».
La domenica successiva, presso il ristorante della nipote Giuliana (madre del piccolo Diego), è arrivato sempre a sorpresa il fratello Baldo, più giovane di 16 anni. Dopo un primo abbraccio commosso, Giovanni si è rivolto alla figlia Carla e con la consueta schiettezza ha detto: «Non lo trovo tanto bene!», e lei: «Ma babbo, è solo un po’ depresso perché gli hanno tolto l’Ape». «Anche a me ha ribattuto il buttero avete tolto il cavallo ma mica sono concio come lui!».
Nella sua biografia l’«anima» della Maremma
Nel suo giorno da «vip», domenica 11 ottobre dello scorso anno, Giovanni Travagliati ha tra l’altro dovuto autografare moltissime copie del libro «Cento… nonostante la guazza», a lui dedicato dall’amica giornalista Antonella Monti, collaboratrice di Toscana Oggi, in particolare per le pagine di «Confronto», edizione della diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello. Un opera ricca di foto suggestive e delle tante storie del mitico buttero, che giustamente è stato il primo ad apprezzarla.
Antonella, che conosceva Giovanni da tempo e che da lui è stata ribattezzata «la mia giornalista», ha pensato bene di fare con il decano dei butteri una lunga chiacchierata, arricchita poi dagli articoli scritti su di lui durante gli anni. In «Cento… nonostante la guazza», come afferma il giornalista e antropologo culturale grossetano Paolo Pisani, «Giovanni racconta confidenialmente, con essenzialità ma nel contempo con dovizia di quei particolari che contano, la sua storia in Maremma. Foto in bianco e nero documentano in maniera suggestiva mementi di quel secolo di vita che questo personaggio ha attraversato. La sensazione che trasmette il lavoro della Monti è quello di un recupero di memoria, di salvaguardia di quelle storie minori, che sono lo scheletro di questa terra e della sua gente».