GIOVANNI GIULIANI: Il pittore che fa vivere anche il muro del cimitero
di Graziella Teta
Tutto il suo mondo è circoscritto nel quartiere pisano di San Michele degli Scalzi, dove è nato e dove vive da 80 anni. Ma il suo sguardo d’artista ha spesso superato i confini geografici dell’Arno per spingersi fino al Pantanal brasiliano. Giovanni Giuliani, vincenziano sin dall’età di 15 anni, ha cominciato a disegnare alle scuole elementari e non ha più smesso. Racconta: «Non ho frequentato scuole d’arte: quand’ero giovane, a Pisa non c’era il liceo artistico; sarei potuto andare a Lucca o a Firenze, ma sarebbe stato un impegno gravoso per i miei genitori, Carlo e Lola, operai alla Richard Ginori. Così, dopo il ginnasio ho scelto il liceo classico, poi mi sono iscritto a ingegneria». Che c’entra una facoltà simile con l’arte? «Nulla, ma c’entra con la mia timidezza – confida Giovanni – sono affetto da eritrofobia, il timore cronico di arrossire in pubblico. Pensavo che gli studi tecnici, non richiedendo particolari doti di relazione, fossero più adatti a me». Giovanni ingegnere non è mai diventato, ma si è affermato prima come designer e grafico in importanti studi di architettura di Firenze, dove ha lavorato per vent’anni occupandosi anche di comunicazione pubblicitaria, poi come pittore, oggi ben quotato. Ha collezionato decine di mostre «personali» in tutta la Toscana, ma anche in Belgio, Olanda, Germania, Francia e a Corumbà, in Brasile. Tra le opinioni espresse sui di lui dai critici d’arte, ama ricordarne due che meglio lo rappresentano: «Veloce, pulito e sensibile il Giuliani» (Vittorio Sgarbi), «La pittura di Giuliani? Un colpo al cuore» (Piet Van Leuven).
Il timido Giovanni tale è rimasto, mai guarito dalle vampe che gli arrossiscono le guance, nonostante i successi professionali e personali. Nel ’62 sposa Annamaria, qualche anno dopo nasce la figlia Cecilia (biologa, opera nel laboratorio di cito-genetica dell’ospedale Santa Chiara a Pisa). La carriera d’artista di Giuliani, sempre sostenuta dalla sorella imprenditrice Giovanna, è nata quasi per caso: «All’inizio degli anni ’60, quando lavoravo a Firenze, un cliente mi chiese di realizzare un dipinto per valorizzare una porta di casa. Soddisfatto della mia opera, intuì il mio talento artistico e mi convinse ad esporre in una piccola mostra nello storico bar Paszkowski, il celebre caffé letterario fiorentino di piazza della Repubblica». Importante, nella sua formazione, l’amicizia con i maestri Mario Bertini e Salvatore Pizzarello. In treno, viaggiando per vent’anni sulla tratta Pisa-Firenze, ha realizzato migliaia di ritratti ai pendolari: «Amo raccontare con matita e pennello il capolavoro della Creazione: l’uomo e la donna, di ogni età», dichiara. Ancor oggi lo chiamano «Signor 3 minuti»: tanto gli occorre per ritrarre un volto, con tratti sicuri e veloci. E lo fa, annota lui, con lo spirito di: «Intus legere: leggere dentro e restituire allo sguardo l’aspetto interiore della persona. Ma il ritratto si fa in due: artista e soggetto, se questo non è sincero (e lo capisco dagli occhi) non mi viene bene». Per questa sua «specialità» è spesso richiesto per «animare» eventi, congressi, manifestazioni: gli bastano un blocco di fogli da disegno e un po’ di luce e, dopo pochi minuti, le persone si ritrovano in mano il proprio ritratto. Matite, penne, pennarelli: disegna con qualunque strumento. Anche basandosi su una fotografia: così ha tratto ispirazione per realizzare il riuscito ritratto di Giovanni Borsellino. «Quando l’ha visto la vedova, la signora Agnese confida Giuliani si è commossa».
Per i lavori più impegnativi, predilige le tempere viniliche. Spiega: «Fondamentale per me, sin dagli anni ’60, è stato l’incontro con le Morgan’s Paint: grazie alla loro rapida essiccazione, favoriscono una pittura di prima mano, istintiva, capace di tradurre con immediatezza le mie emozioni ispirate da paesaggi, architetture, nature morte (che brutto termine per definire le tante cose belle e vive della natura!) e, soprattutto, le persone». Ammette: «Il mio limite è la fantasia: non invento ma dipingo quello che vedo, il bello che mi circonda, e non mi va di stravolgerlo, di interpretarlo». Il «bello» per lui è anche il pane che coceva l’amata moglie (scomparsa qualche anno fa) nel fornetto di casa, il mazzo di rose che le ha regalato all’ultimo compleanno, le mele della Garfagnana, l’albero piantato quando nacque la figlia, davanti alla sua casetta di campagna a Piazza al Serchio. D’indole mite e generosa, Giovanni esprime attraverso l’arte la sua grande sensibilità: per la madre anziana, devota del Rosario, cui capitava di dimenticare l’ordine dei «misteri» da recitare, il figlio realizzò un bell’opuscolo illustrato per agevolare la memoria (poi pubblicato dalle edizioni Cassiopea).
Nella sua casa-studio in borgo San Michele degli Scalzi, ogni parete è ricoperta dalle sue opere, scaffali e armadi sono zeppi di cartelle con disegni. Una messe che pare infinita, cui si aggiunge il numero incalcolabile di lavori venduti, donati e offerti in beneficenza dal prolifico Giovanni Giuliani, in oltre mezzo secolo di vita dedicata all’arte.
Il quadro a cui è più affezionato? «Quello che ancora devo dipingere». E a noi lancia il suo messaggio d’artista: «Il mondo è bello: va guardato» Impariamo, dunque, a guardarlo attraverso gli occhi di un artista innamorato della Creazione.
Racconta Giovanni Giuliani: «Per superare il dolore di aver perso mia moglie, chiesi all’allora vicesindaco Paolo Ghezzi di aggregarmi al viaggio verso la missione di Corumbà. È stato un toccasana per me ed ho scoperto lo straordinario paesaggio del Pantanal, l’ecosistema con il maggior numero di specie di flora e fauna del mondo». Scoprì anche che nella missione non c’era la scuola di disegno. «L’arte educa i ragazzi ad entrare nelle cose», non solo a guardarle. Così continua Giuliani ho organizzato un corso per un intero anno scolastico, insegnando ai bambini a dipingere la bellissima natura del loro Paese, i fiori, le piante, gli animali». Un’esperienza (in totale gratuità) che si è ripetuta per quattro anni, conclusa per l’avanzare dell’età. Degli anni brasiliani Giovanni dice: «Da tutto quello che ho dato, ho ricevuto il doppio in affetto dai meravigliosi bambini e dagli operatori della missione».
Molto rimane a testimonianza del suo passaggio in terra brasiliana: in occasione di quella prima visita, Giovanni realizzò un dipinto della Torre di Pisa sul muro perimetrale della struttura, attorno al quale vennero apposte le impronte dei bambini. Ancora oggi, il dipinto è meta del quotidiano saluto di quanti frequentano la scuola di Citade Dom Bosco. Poi seguirono: due grandi opere (composte di 32 pannelli, ciascuno di 1×4 metri) che decorano i porticati, una rappresenta il paesaggio locale del Pantanal e l’altra la storia della missione; la pala d’altare per la chiesa, raffigurante la Madonna e Don Bosco; i decori nella cappella del tabernacolo, con l’Ultima Cena e il Rosario; e il primo murale si è arricchito con i simboli di altre 27 città italiane aderenti al progetto Corumbà. Giuliani ha dipinto anche le pale d’altare per due cattedrali del Mato Grosso.
E a Pisa? Come segno evidente del forte legame con la missione, l’Amministrazione comunale ha chiesto a Giuliani di realizzare un dipinto evocativo della realtà brasiliana di Corumbà, offrendogli come «tela» il muro del Parco pubblico di Ss. Cosimo e Damiano. Durante la festa d’inaugurazione del 2007, centinaia di bambini pisani hanno posto le loro impronte sul murale.