GIANNI GORI: Beato tra i gioielli

di Lorella PellisC’era una volta una ragazza di nome Graziella Buoncompagni. È il 1958 e la giovane, che vive ad Arezzo, apre un piccolo laboratorio orafo dove lavora per conto di un’azienda esterna. Graziella, 17 anni, è brava, ricca di capacità e inventiva. Giorno dopo giorno arrivano le soddisfazioni e l’attività cresce. Nel frattempo la ragazza si sposa e grazie alla stretta collaborazione del marito Donato Gori riesce a far diventare l’azienda, il «Graziella group», una delle protagoniste del mercato orafo nazionale e internazionale. Non solo, con la seconda generazione e l’arrivo dei tre figli in azienda (Gianni, Maria Rosa e Angelo) il Gruppo si impone come una delle realtà di maggiore spicco nell’ambito della produzione ed esportazione di gioielli in oro: anelli, orecchini, bracciali, collane, pendenti, parures, medaglie.

La sede del «Graziella group» è ad Arezzo, nella nuova zona industriale. La costruzione, piena di specchi, vetrate, marmi e scalinate, è fatta apposta per essere notata, anche dall’esterno, dove non passa certamente inosservata la torre che ospita l’ingresso principale. È al primo piano che incontriamo Gianni Gori, 45 anni, primogenito e presidente del Gruppo. È un tipo sportivo, Gianni, informale nell’abbigliamento e nei modi, sorridente e cordiale.

Calciatore professionista fino a 23 anni (ha giocato anche nel Siena), ha scelto quindi di proseguire l’attività della madre diventando calciatore dilettante e poi allenatore per hobby. «A un certo punto ho dovuto scegliere – ci dice – e ho deciso di dedicarmi all’attività di famiglia anziché girare l’Italia dietro a un pallone». Ecco quindi che il Gruppo progressivamente trasforma la sua ottica. La cultura originaria del fare diventa del marchio, della creatività, del consumatore finale. «La società un po’ alla volta riesce a imporre prodotti con il proprio marchio e contemporaneamente – continua il presidente – mentre cresce in questa direzione, non trascura mai il concetto di eccellenza nel fare». Dall’azienda originaria, specializzata in alcune tecnologie, il «Graziella group» assorbe piano piano altre aziende che sono specialiste di settore tecnologico. Oggi sostanzialmente il gruppo è formato da 5 aziende con 5 specializzazioni tutte partecipate dalla capogruppo che è controllata dalla famiglia Gori. La signora Graziella, nonostante non sia più giovincella, continua instancabilmente a lavorare in azienda almeno 14 ore al giorno.

«I nostri gioielli – spiega ancora il quarantacinquenne Gianni Gori – sono presenti in molti mercati mediorientali, africani, nordafricani. Sicuramente il nostro punto di forza è il Medioriente e il Nordafrica anche se al “trade” siamo conosciuti in Italia, Stati Uniti, America Latina, Spagna.Il «Graziella group», il cui fatturato annuo si aggira sui 20 milioni di euro, produce grosso modo dai 300 ai 500 mila gioielli all’anno. I materiali usati sono l’oro, l’argento, le pietre naturali. Nel 2006 sarà lanciata una nuova linea con pietre preziose. «In Estremo Oriente – spiega Gori – la preferenza va all’oro bianco, nel mondo mediorientale al giallo. L’approccio al gioiello d’argento è una cosa un po’ nuova per alcuni mercati e lo stiamo lanciando in questo momento».

Due le linee di prodotti su cui lavorano al «Graziella group»: una pensata per il mercato mediorientale e una che inizia a essere studiata soprattutto da quest’anno per il mercato occidentale. «Sono due culture completamente diverse – spiega il presidente –, una più barocca, vistosa che intende avere l’oro come forma anche di tesaurizzazione, e un’altra che è fashion, moda, tipica del mercato occidentale. Noi disegnamo avendo una cultura italiana, non siamo banali imitatori di modelli mediorientali. Rispettiamo le esigenze dei consumatori ma lo facciamo essendo degli innovatori e dei creatori di stile».

Nella sede aretina del «Graziella group» lavorano oltre 100 persone, più ci sono i collaboratori esterni e l’indotto. Fra questi, i componenti del nuovo centro di creatività si occupano attivamente della nascita dei gioielli che vengono esportati nel mondo.

«In alcune zone del mondo – spiega Gori – il gioiello addirittura fa parte della dote familiare, deve essere massiccio perché vuol dire opulenza da dimostrare, e poi ha anche una valenza di tipo ornamentale. Tutto questo in Occidente non esiste più. Il gioiello nella sua forma più normale è sempre di più un accessorio di moda e allora bisogna essere altrettanto bravi nel proporre». Per questo ai creativi dell’azienda vengono date linee base su cui muoversi. Le loro proposte vengono vagliate dal comitato di sviluppo-prodotti presieduto dal presidente. A lui spetta l’ultima parola. Il custode dello stile della società è lui. Si fanno prototipi in cera e su questi una serie di modifiche. A questo punto la linea viene industrializzata. Alcune aziende esterne partecipano a singole componenti della produzione.

«Noi abbiamo cominciato a fare produzione e vendita diretta nell’84, con 7 dipendenti. Fondamentale è stato avere partners che hanno costruito insieme a noi un progetto importante. Io do le linee guida su dove voglio portare l’azienda ma se non ci sono collaboratori che le mettono in pratica è un problema. L’allenatore senza ottimi calciatori non vince mai».

Gianni Gori è così soddisfatto dei suoi collaboratori che di recente durante una riunione delle società partecipate ha annunciato ai dipendenti che da quel momento in relazione ai risultati dell’azienda avrebbero avuto una partecipazione ai profitti che si sarebbe concretizzata in una distribuzione di azioni di società molto quotate. Scelta importante, non c’è niente da dire, come pure altrettanto importante a livello umanitario è la decisione di costituire una Fondazione intitolata la fratello Angelo, morto anni fa in un incidente stradale, con l’obiettivo, in accordo con le autorità locali, di costruire in Niger un modello di realizzazione organizzativa, qualcosa che avrà come compito di assicurare acqua potabile, aule scolastiche e piccolo consultorio ospedaliero. «Noi ci occuperemo della costruzione e dei finanziamenti – conclude Gianni – e poi le strutture saranno affidate al personale locale. Entro l’anno il progetto dovrebbe essere ultimato. Volevamo fare qualcosa di importante per aiutare chi ha bisogno. A nome di mio fratello».

Vocazione da capitanoQuarantacinque anni (nato nel maggio del 1960), Gianni Gori è figlio maggiore di Graziella Buoncompagni e Donato Gori.

Primo di tre fratelli (Gianni, Maria Rosa e Angelo), studi di scuola media superiore ed un’adolescenza che rivela un forte spirito competitivo ed un’attitudine ad agire in gruppo e spesso a dirigere i compagni. Gioca infatti a calcio come portiere ed arriva giovanissimo al calcio professionistico. È uno di quei giocatori che dispone, sollecita, dirige, un allenatore in campo insomma.

L’attività di famiglia che si sta sviluppando richiede però l’ingresso della nuova generazione e Gianni, come capo di questa generazione, deve abbandonare lo sport attivo. La vocazione di capitano si trasferisce sulla conduzione dell’attività industriale: la visione, la capacità organizzativa, la voglia di vincere grazie ad una squadra che sa motivare fanno cambiare passo alla società.

La scomparsa del padre e del fratello accrescono le responsabilità ma anche la determinazione e la voglia di trasformare l’azienda di famiglia in una grande impresa. Oggi Graziella è una delle imprese maggiori del suo settore, forte della sua capacità di creare ed attenta alle nuove sfide e soprattutto nelle mani sicure di un giovane industriale con la vocazione del capitano d’impresa.