GIANNI CAPITANI: Quarant’anni da artista della ceramica a Orbetello
di Antonella Monti
Considerato a tutti gli effetti «ceramista ufficiale» di Orbetello, Gianni Capitani, in questo 2011 da poco iniziato, festeggia i suoi primi quarant’anni di attività: ma forse considerarlo solo come ceramista è riduttivo per questo poliedrico artista maremmano che è ugualmente bravo come pittore e decoratore. La sua attività artigianale, che svolge prevalentemente nel laboratorio di Porta Medina (piazza Cavallotti), ha conosciuto tempi più o meno sereni, ma nessuno degli anni trascorsi è stato vano perché Gianni è passato attraverso tante esperienze artistiche sia pubbliche che private consolidando così la sua notorietà ben oltre i confini nazionali. Già a quindici-sedici anni la sua bravura con i colori e il disegno erano noti ad Orbetello e il maestro Cafiero (una figura basilare di quel «Carnevaletto da tre soldi» che, all’epoca, mise la città lagunare al secondo posto dopo Viareggio per la bellezza dei suoi carri allegorici), lo portava con sé per dipingere i carri allegorici.
E l’amore per il Carnevale ha seguito sempre Gianni, che nel suo laboratorio, conserva ancora con orgoglio il premio che vinse nel 1986 grazie al carro allegorico dal titolo «Il baco del millennio», che faceva uscire, da un grande baco in cartapesta, un personaggio politico molto conosciuto in laguna e tuttora al potere. «Quel personaggio a cui avevo evidenziato un particolare del volto in chiave ironica, piacque così tanto che mi valse un premio erano bei tempi davvero e si scherzava sempre prendendo in giro con grande ironia l’amministrazione pubblica. Collaboravo con i fratelli Angione e ad ogni uscita dei carri ci gustavamo l’allegria che scatenavamo nel pubblico».
L’artista orbetellano parla poi delle sue opere di arte sacra e in particolare di quella che reputa la più bella, realizzata dieci anni fa: la Cena di Emmaus (4 metri per 2,50, nella foto al centro) che gli fu commissionata dall’allora vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello monsignor Mario Meini e che si trova nella chiesa di San Giovanni Battista a Semproniano insieme al Battesimo di Gesù, altra sua opera ugualmente imponente.
A cavallo tra il 2002 e il 2003 Gianni, dopo il silenzio delle chiese, si ritrovò nel caos effervescente di locali notturni e discoteche. Un periodo da lui stesso definito come «il momento dell’allegria e dei colori vivaci dei paesaggi sud americani»: dopo tanto sacro, una gradita parentesi profana. L’artista lagunare, conosciuto e apprezzato anche all’estero, (da decenni esporta ceramiche in America), così si racconta ancora: «Il mio rapporto con l’America è sempre stato ottimale; purtroppo subito dopo l’11 settembre le cose cambiarono e ci fu un fermo delle esportazioni, adesso però tutto è tornato normale. Agli americani piace moltissimo la nostra zona e quelli che vengono in vacanza sull’Argentario ne restano tanto affascinati da volersi portare a casa i nostri paesaggi, e se sono dipinti su piatti da portata o semplici mattoni poco importa. L’ultimo ordine per Los Angeles, riguardava le mattonelle per il bagno di una villa con sopra la piantina, ad altezza d’uomo, dell’isola di Giannutri!».
I lavori di Capitani che spaziano dal sacro al profano e dal privato al pubblico, si possono trovare in tutta la Maremma oltre che all’estero e per quanto riguarda l’Argentario si riconoscono in molti dei suoi locali pubblici che vanno dai bar, alle discoteche, alle pescherie fino alle chiese. Da poco più di un anno, anche il «vippistico» Corso Italia di Orbetello vanta una casa decorata interamente da Capitani, che ha personalizzato tutte le stanze: dalle scale interne alla cucina, alla biblioteca, al salone, alle camere da letto fino al terrazzo dove spicca una fontana che pare sgorgare da una lussureggiante foresta amazzonica. La palazzina è quella dei signori Hanter, una famiglia svedese da sempre ammiratori delle opere dell’artista orbetellano. Diplomato all’Ististuto d’Arte di Siena e all’Accademia di Firenze, Gianni Capitani ha organizzato mostre personali e collettive nazionali ed estere e appena finiti gli studi, dopo un breve periodo di apprendistato «fuori casa», è tornato ad Orbetello «perché spiega è il mio paese e mi mancava l’acqua della laguna e il mare dell’Argentario».
Amico del grande artista Gaetano Pompa con il quale ha a lungo collaborato (scomparso nel 1998; aveva una casa ad Ansedonia), Gianni ha trasmesso la sua genialità anche ai suoi due figli, nati il 4 aprile del 1980: i gemelli Alessandro e Federico, il primo regista a Roma e il secondo insegnante all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Attualmente, Capitani sta ultimando tre lavori importanti: le decorazioni interne di un’ennesima villa ad Ansedonia, ancora maioliche esclusive per una ricca dimora a Capalbio e pannelli storici in ceramica per la Cantina Fratelli Mantellassi a Magliano in Toscana, anche se per lui dipingere il blu del suo mare e quello meno intenso della sua laguna viene prima di tutto. Così nel suo laboratorio già pronti per essere infornati ci sono i «piatti personalizzati» che premieranno i vincitori dell’imminente regata a Cala Galera. Fra i tanti ricordi di Gianni affiora infine un desiderio, l’inalterata voglia di trasmettere la sua arte: «Vorrei far continuare la tradizione…. quando andavo nelle scuole o ospitavo stage, vedevo negli occhi dei giovani l’interesse al mio lavoro. Per farlo però ho bisogno di più spazio perché questo laboratorio sotto Porta Medina è insufficiente a contenere la mia produzione, i forni e il tavolo da lavoro chissà, forse i lavori che ho fatto più in odore di santità mi procureranno un aiuto celeste per realizzare questo sogno!».
Dopo l’opera di Federico Capitani, la Madonnina è tornata a Bologna per essere dipinta da un altro docente seguendo le decorazioni e i colori della parte rimasta integra. Infine, lo scorso 28 ottobre, è tornata nella sua terra, accolta con fervore religioso dai cappuccini nella cui convento, accanto alla tristemente celebre Casa dello Studente, si trovava assieme ad altre statue sacre al momento del crollo del soffitto. L’opera del giovane docente orbetellano, è stato eseguita su indicazione dell’associazione «La mano sul cuore» che, insieme a lui, ha seguito e continua a seguire progetti di restauro inerenti opere del patrimonio artistico aquilano, devastato dal terremoto. Gianni Capitani che, per quasi due mesi ha diviso lo spazio del suo laboratorio con il lavoro di suo figlio Federico, ricorda a questo proposito un episodio che capitò proprio nell’ultima decina di giorni in cui la Madonnina terremotata rimase a Porta Medina: «Dopo il ferragosto, forse a causa della divulgazione locale della notizia del restauro, la Madonnina, che era stata posizionata vicino alla porta d’ingresso del laboratorio, riceveva le visite di un anziano orbetellano. Arrivava in mattinata sempre con il massimo silenzio, quasi non volesse disturbare, quasi sgusciava dentro dalla porta aperta per il caldo, si avvicinava alla statua, la sfiorava con la mano e recitava sottovoce una breve preghiera, poi si faceva il segno della croce ed usciva senza proferire parola. Non mi ha mai chiesto niente ed è sparito nel nulla da quando la statua è partita per Bologna… forse è arrivato una mattina senza che me ne accorgessi, come era successo altre volte, e non trovando più la Madonnina, ha capito, senza chiedermelo, che era solo di passaggio».