GIAMPAOLO TALANI: C’era una volta il pittore bagnino

DI ANDREA FAGIOLIGiampaolo Talani non ne vorrebbe più sapere della definizione di «pittore-bagnino». Gli va ormai stretta. Adesso è un pittore affermato e basta. Eppure, qualche anno fa, quel binomio è stato la sua fortuna. Giornali e tv si sono occupati di lui per la curiosità del caso: il bagnino del «Bagno Venere», il figlio del proprietario, che si butta, poco più che ventenne, nell’impresa di affrescare la vecchia chiesa di San Vincenzo: duecento metri quadrati di pittura, nove anni di lavoro. «E le impalcature me le sono montate da solo», rivendica oggi con orgoglio. «L’affresco – aggiunge – è il mio grande amore». Giampaolo Talani, sanvincenzino doc, non hai mai abbandonato il suo paese d’origine, nonostante i lunghi soggiorni a Firenze, prima per gli studi e ora per il lavoro.In fatto di affreschi, Talani è uno dei pochi artisti contemporanei che continua con capacità a coltivarne la tecnica. Ne sono esempio anche quelli del Santuario della Madonna del Frassine e la grande «Predica di San Bernardino» sul Palazzo vescovile di Massa Marittima. «Qualcuno faccia qualcosa per quell’affresco, si sta rovinando», implora oggi il suo autore, che con l’«incoscienza» giovanile, che non lo abbandona nemmeno a 50 anni appena compiuti, annuncia il suo nuovo sogno: «Vorrei fare un grande affresco nella stazione di Santa Maria Novella, a Firenze, in quella parete dove c’è scritto “Biglietteria”». Tema, manco a dirlo, le partenze: l’oggetto di gran parte della sua produzione più recente e della grande esposizione aretina del 2002 («Finisterre. Partenze»).

Con il mare e la musica, le partenze si sono inserite di prepotenza nella ricerca pittorica di Talani, che nel tempo ha sviluppato una tecnica ed uno stile assolutamente originali. Ma è il mare a farla ancora da padrone. Senza il mare, Talani non potrebbe vivere. Eppure, per assurdo, dalla sua nuova villetta di San Vincenzo, a due passi dal suo «Bagno Venere», il mare non si vede. «Ma si sente», ci dice indicando una delle finestre del suo studio, quella a nord: «È la mia preferita – spiega –. È una finestra di maestrale, un vento sincero, che non inganna quello che c’è da vedere. Da quella finestra soltanto mi arriva il profumo del mare e delle sue storie salate». Eccola la parola magica: le storie salate, le storie vere, le storie di mare, quelle che Talani osserva dalla battigia perché «solo da lì si può guardare avanti, lontano», solo lì si possono costruire i castelli di sabbia, con «pazienza, passione e devozione per farli crescere», con «amore, a volte rabbia e decisione per renderli forti», con «fantasia, coraggio perché siano belli».

Talani è un sognatore e come tutti i sognatori non rinuncia a grogiolarsi in quella che lui stesso chiama «melanconia», una sorta di rimpianto per il passato, per le «partenze» o per le persone che non torneranno più, come i suoi genitori. «Io li ho amati – ci dice – e ora che li ho persi, li ricerco». Nasce anche da questa nostalgia per il babbo e la mamma (scomparsa di recente) la prossima mostra in programma a Pietrasanta dal 16 luglio all’8 agosto con il titolo «Ombre». «A mio giudizio – spiega – l’ombra è la cosa che più si avvicina all’anima».

Il Talani nastalgico, che tra una sigaretta e l’altra si «confessa» seduto nel suo studio, sembra avere poco a che fare con il Talani che d’estate non risparmia mai quattro chiacchiere (anzi, le fa più che volentieri) passando da un ombrellone all’altro del «Venere». Specialmente ora che la gestione del residence è affidata alla moglie Paola («le donne – ammette – sono sempre più concrete, soprattutto negli affari»), mentre alla spiaggia ci pensa il fido Manuel, il figlio d’arte, almeno come bagnino, spesso aiutato dal figlio vero, Martino, che dal padre ha ereditato la passione per la musica e l’aria un po’ scanzonata, quella stessa che Talani senior conserva grazie anche a quel casco di riccioli neri che lo «contrabbanda» giovane impenitente.«La storia del pittore e quella del bagnino si sono sempre fuse», ammette Talani. In entrambe le vesti è sempre rimasto attratto «dalle mille storie e dai tanti sentimenti dell’umanità, sempre uguali e pure diversi, così come il soffio del vento e il costante frangersi del mare sulla battigia». Non è un caso che una delle sue recenti mostre di maggior successo, quella ospitata a Napoli al Castel dell’Ovo tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004, sia stata dedicata agli «Animali di battigia», ovvero a quella folla più o meno informe che Talani d’estate osserva dalla sua sedia di bagnino e che nei lunghi mesi invernali marini trasferisce sulla tela trasfigurandola nei «tanti sentimenti dell’umanità», convinto «che in fondo, le storie e i sentimenti, dipinti o raccontati, sono le storie e i sentimenti di tutti noi». La scheda: Musicista mancatoGiampaolo Talani è un artista. Un artista per doti naturali. Lui stesso ammette di fare solo ciò che riesce ad imparare senza fatica. Fatto sta che si ritrova ad essere un pittore quotato, un buon musicista (anche se lui nega: «Sono un suonatore, il musicista è un’altra cosa») e uno scrittore apprezzato o, come dice lui, «un pittore con il vizio della scrittura».

Nato a San Vincenzo in provincia di Livorno il 13 marzo 1955, Talani espone dal 1977 da quando, ancora studente dell’Accademia di Belle arti a Firenze, effettuò la prima personale. Da allora ha coltivato i generi tradizionali della pittura senza rinunciare a sperimentare altre tecniche compresa l’incisione e la pittura a fresco.

Per avere alternato lo studio al lavoro nello stabilmente balneare del padre, è stato definito il «pittore-bagnino», poi trasformato nel «pittore del Papa» quando, nel 1992, andò a presentare a Giovanni Paolo II l’affresco realizzato sulla parete esterna del Palazzo vescovile di Massa Marittima con all’attivo gli affreschi della chiesa di San Vincenzo Ferreri e del Santuario del Frassine.

Per un periodo è stato definito anche il «pittore delle dive» per aver ritratto una serie di note attrici italiane. «Quella parentesi – dice ora – mi ha giovato sul piano pubblicitario, ma penalizzato come artista. A tutti interessavano i soggetti di quei ritratti, non la mia pittura».

Ben presto Talani si è sbarazzato di tutte le etichette e si è guadagnato sul campo un posto di rilievo tra gli artisti contemporanei. Ha esposta in tutta Italia e in molte parti del mondo: New York, Washington, Parigi, Colonia, Amburgo, Beirut, Berlino….

A portare all’estero il nome di San Vincenzo sono essenzialmente in due: Giampaolo Talani e Fulvio Pierangelini, il noto chef del «Gambero rosso». Ma entrambi soffrono e scalpitano in una realtà che sembra non riconoscerli appieno e che loro stessi stentano a riconoscere. «Non abbiamo storia e non sappiamo dove andremo a finire», si lamenta Talani facendo riferimento al giovane Comune di San Vincenzo (autonomo dal 1949), che ha beneficiato del grande afflusso di turisti («i bagnanti», come li chiamano da queste parti con un senso bonariamente dispregiativo), ma che non ha saputo fare una politica del turismo limitandosi a concedere licenze edilizie a dismisura.

Tornando a Talani, resta da ribadire il suo grande interesse per la musica. «Sono un musicista mancato – racconta –. Vengo da una famiglia di musicisti: il babbo trombettista, il nonno primo clarino della banda di San Vincenzo… Ho iniziato il Conservatorio, ho studiato pianoforte per dieci anni e ancora oggi, ogni mercoledì, vado a lezione». Ma non solo: è dall’eta di 5 anni che ha scoperto di avere «l’orecchio assoluto», la capacità di sentire e riconoscere una nota. Ma poi ha prevalso la pittura. La musica è rimasta come passione e come fonte di ispirazione: decennali percorsi attraverso le diverse tecniche (carboncino, olio su tela…) sono dedicati ai «musicisti», presenti con una sezione speciale anche alla recente grande antologica («Sine tempore») di Fiesole.

Laura Farina, preziosa collaboratrice di Talani (con lui gestisce la società «Oltremare arte»), spiega che «i musicisti di Talani non suonano mai, sono orchestre mute: la loro è una musica senza suono». Quei musicisti non suonano perché, in fondo, come dice Talani stesso, «non hanno mai avuto voglia di suonare; troppo distratti e impegnati a seguire un pensiero».