FRANCO VACCARI: il costruttore della pace

DI GIACOMO GAMBASSISe fosse soltanto una questione di titoli, Franco Vaccari ne potrebbe accampare un’infinità: psicologo, professore (di liceo), presidente (dell’associazione «Rondine – Cittadella della Pace»), consulente (per i seminari), animatore (delle parrocchie). Ma si sa: gli appellativi davanti a un nome possono anche essere un biglietto da visita, ma non rendono giustizia alla vivacità, all’impegno, alla sensibilità e al bagaglio d’esperienze che formano il Dna di una mente vulcanica com’è quella di Franco Vaccari.

Aretino doc, ancorato alla Verna e Camaldoli e ispirato da Giorgio La Pira, adolescente negli anni del Concilio, psicologo della prima ora, insegnante a cui i suoi studenti restano legati quasi fosse un terzo genitore, Vaccari è per Arezzo una bussola nel burrascoso oceano della formazione giovanile a cui continua a dedicarsi battendo a tappeto associazioni, scuole, gruppi e persino seminari; ma è anche un propulsore delle parrocchie: prima del Sacro Cuore dove per anni ha trasformato la comunità in una porta aperta sul disagio, sugli anziani, sull’handicap, sull’ecumenismo; poi di San Michele, la chiesa «dimenticata» lungo la via del passeggio di Arezzo che è diventata una «scuola della Parola» nel cuore della città; ma soprattutto Vaccari è il padre di un progetto probabilmente unico: quello della «Cittadella della Pace» in cui fra le mura del minuscolo borgo di Rondine, alle porte di capoluogo, «si fa qualcosa di concreto per costruire una cultura della pace», spiega lui. Ed ecco lo Studentato internazionale dove vivono fianco a fianco «nemici» storici come russi e ceceni, georgiani e abkasi, serbi e bosniaci e, da qualche giorno, anche israeliani e palestinesi. Ed ecco la «scuola di pace», sempre a Rondine, in cui «la testimonianza dei giovani si coniuga con l’elaborazione di un pensiero che si intreccia con il diritto, la filosofia, la musica, la letteratura». E dalla Cittadella aretina è partita anche la «Proposta di pace» per l’Iraq che ottenne la benedizione di Giovanni Paolo II e che riunì al santuario francescano della Verna i rappresentanti delle grandi religioni monoteiste. «È stata un’iniziativa che ha suscitato grande interesse – afferma il presidente della Cittadella –. Forse perché, invece di puntare sulla protesta, abbiamo avanzato una proposta».

E da sempre Vaccari è una fucina di proposte che puntualmente si realizzano. Ora e quando era un «liceale inquieto», confida. «Era la fine degli anni Sessanta – racconta – E anche su Arezzo soffiava il vento del Concilio ma io, come molti ragazzi, vedevo la Chiesa distante». Però, fu la Chiesa a passargli accanto. «Con don Sergio Carapelli che ci prese sotto la sua ala protettrice e addirittura affittò per noi un appartamento nel centro storico per creare una comunità davvero libera». Fra quelle mura Vaccari trascorse la sua adolescenza prima di trasferirsi a Roma e iscriversi alla facoltà di psicologia. «La mia vera passione resta la ricerca – confida –. E la considero la condizione essenziale della laicità». Per questo motivo non l’ha mai abbandonata: né come libero professionista, né come esperto per il sostegno alle vocazioni nei seminari della Toscana, né come insegnante. E nel suo liceo, il «Colonna» di Arezzo, ha appena aperto un laboratorio dove «si coniugano scienza e fantasia», dove «gli studenti non sono soltanto fruitori di cultura, ma la toccano con mano e la fanno» e dove «con i ragazzi e i genitori restiamo a discutere anche per tutta la notte».

La parentesi romana si chiuse con una laurea in tasca e tre anni di lezioni all’università. Il ritorno in città coincise con gli esordi come insegnante di religione. Ma ad Arezzo Vaccari aveva già cominciato un altro esperimento, quello della Comunità del Sacro Cuore, incoraggiato da don Luciano Giovanetti, ora vescovo di Fiesole. Nuovo il quartiere, nuova la parrocchia, nuove le sfide che i tempi chiedevano di affrontare. E il leader carismatico Vaccari ci si buttò a capo fitto insieme a un gruppo di amici. «L’obiettivo era quello di creare una comunità aperta agli altri che desiderava ampliare i suoi orizzonti». Su di loro scommise il parroco del Sacro Cuore, don Franco Agostinelli, che adesso è vescovo a Grosseto. E Vaccari scovò il paese di Rondine. «Era la casa dei nostri ritiri, dei campi estivi, dei soggiorni per gli anziani, delle vacanze con i disabili. E di fatto l’abbiamo ristrutturata trasformandoci in muratori, imbianchini, idraulici, elettricisti». Da lì sono passati anche i primi obiettori di coscienza d’Italia e persino qualche detenuto in semi-libertà. E, nella spola fra Rondine e il Sacro Cuore, a qualcuno balenò l’idea di mettere in scena un musical. Così nacque «Francesco d’Assisi: uomo di pace», uno spettacolo in cui il rock si mescolava alla fede. «Non era niente di rivoluzionario. Eppure riuscimmo a rappresentarlo in Unione Sovietica». Era il 1988 e ancora la cortina di ferro divideva il mondo in due blocchi.

Nell’Urss il gruppo del Sacro Cuore scoprì Dimitri Lichacev. «Non era famoso come Sakarov – dice Vaccari –, ma resta uno dei padri della patria russa». Lichacev arrivò ad Arezzo nel ’92 per ricevere la cittadinanza onoraria e l’anello dottorale dell’Università di Siena. «Si stava combattendo la guerra in Bosnia – ricorda –. E durante la sua sosta in città Lichacev ci lasciò in eredità un impegno: “Voi che avete La Verna e Camaldoli dovete portare qui i popoli in guerra”». Era la frase della svolta. «Perché da qui possiamo dire che è cominciato il cammino che porterà alla creazione della Cittadella della Pace».

Un cammino che si è intrecciato prima di tutto con la guerra in Cecenia. «Da tempo avevamo contatti con i ceceni – spiega Vaccari – e grazie agli ottimi rapporti con Licaciov decidemmo di intavolare una trattativa segreta con Mosca e Grozny». Nella primavera del ’95 Vaccari volò nella capitale sovietica: con lui padre Emanuele Bargellini, generale dei Camaldolesi, Domenico Giani, futuro capo della polizia vaticana, e padre Rodolfo Cetoloni, il francescano che sarebbe diventato il vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza. Dopo sette giorni di negoziati con gli emissari di Eltsin e Dudaev, l’accordo sul cessate il fuoco. «Fu la prima tregua della guerra cecena – ricorda Vaccari –. Durò soltanto 72 ore ma resta una pietra miliare».

Per Vaccari, la Cecenia è una terra amata anche se ancora distante. Perché da lì gli arrivò l’invito ad ospitare in Italia i giovani del Caucaso. «La nostra risposta fu chiara: “Ci stiamo se vengono anche i russi”. Non fu un ricatto, ma un tentativo di stampo lapiriano». Che nel ’97 fece sbarcare ad Arezzo i primi quattro studenti: due russi e due ceceni. «Sta tutta qui la nascita di Rondine che non è mai stata farina del nostro sacco, ma la risposta concreta a una richiesta», spiega il professore. E, tornando a vestire i panni dello psicologo, Vaccari definisce la Cittadella come uno «spazio terzo». «Infatti, per superare i conflitti non basta essere in due, ci vuole sempre la mediazione del terzo». E se a Rondine che è diventata meta di scolaresche, gruppi parrocchiali e delegazioni politiche, la pace ha trovato un terreno fertile, è perché «non abbiamo scelto di seguire approcci ideologici: non ci siamo mai schierati, ma soffriamo a fianco degli uni e degli altri», dice Vaccari. Ecco perché, secondo il suo fondatore, «Rondine è più che altro una proposta culturale di fronte al dramma della guerra e all’esasperazione dei conflitti».

Lo scorso anno i primi due studenti hanno lasciato la Cittadella dopo aver terminato il loro percorso: sono un russo e un ceceno. E la scorsa settimana Vaccari ha consegnato al russo Sergey Orlov e al sierraleonese Chernor Yalloh le «Rondini d’Oro» che segnano la fine della loro esperienza aretina e l’inizio della loro «missione di pace» nei paesi d’origine.

Un aretino docDella sua origine aretina a «denominazione controllata», Franco Vaccari ne va fiero.

Nella «capitale dell’oro» è nato 53 anni fa e fino a vent’anni è rimasto in città frequentando il liceo classico proprio negli anni della contestazione. Con la maturità in tasca, va a Roma per frequentare la facoltà di psicologia. Durante il periodo dell’università veste i panni di volontario per il servizio sanitario territoriale dopo che sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici.

Il 1976 è una sorta di pietra miliare per Vaccari: si laurea col massimo dei voti e la lode a Roma discutendo una tesi dal titolo «L’omeostasi e i limiti della ricerca in psicologia» e poi si sposa con Annapaola da cui avrà due figli, Valentina e Paolo. Per tre anni resta nella capitale, fra i corridoi e le cattedre dell’università. Poi eccolo di nuovo ad Arezzo dove sceglie di essere un insegnante di religione. Alle lezioni in classe, però, affianca la libera professione e per tredici anni insegna anche psicologia ai nuovi infermieri. Non mancano gli impegni in prima linea di Vaccari che si dedica tra l’altro all’inserimento dei portatori di handicap nelle scuole della Valdichiana.

Nel 1989 il «prof» di religione diventa «prof» di psicologia. E per dieci mesi trasloca in Sardegna quando a Nuoro gli viene assegnata la sua prima cattedra di psicologia al Magistrale. Ma è una parentesi: perché dal ’90 torna nella sua città ed entra a far parte del corpo docenti del liceo «Colonna» di Arezzo in cui ancora oggi insegna.

Ma nel curriculum di Vaccari ci sono anche le costanti consulenze per i seminari toscani e varie famiglie religiose in cui si occupa di sostegno alle vocazione e soprattutto il suo nome è diventato garanzia di qualità negli incontri di educazione all’affettività e alla sessualità per le scuole, le parrocchie e le associazioni.

Invece, la sua «avventura ecclesiale di formazione» (come la chiama Vaccari) non ha una genesi: prima nella parrocchia del Sacro Cuore e da qualche anno nella chiesa di San Michele, il professore è sempre stato un fautore di «comunità aperte alla società e al mondo». E dal 1997 è il presidente-fondatore dell’associazione «Rondine – Cittadella della Pace».