FABIO CIANCHI: Dal fucile al teleobiettivo
di Antonella Monti
Nato alla fine del 1960, Fabio Cianchi sta per raggiungere il mezzo secolo di vita ma ha alle spalle tante battaglie, un po’ vinte e un po’ perse, tutte comunque intraprese in nome di quel patrimonio naturalistico di cui facciamo parte e troppo spesso bistrattiamo in nome del consumismo. E se oggi Fabio, responsabile Wwf delle tre oasi naturalistiche di Orbetello, Burano e Bosco Rocconi è impegnato nella tutela del patrimonio naturalistico a tutto tondo (con un occhio particolarmente attento a quello faunistico locale) una volta, molti anni fa, accompagnava il nonno a caccia con vero entusiasmo perché il trovarsi immerso nella natura era già un input che sentiva prepotentemente. Figlio di cacciatori, quelli che ad Orbetello e dintorni avevano mille e una opportunità di riempirsi il carniere di selvaggina, a sedici anni Fabio fece quell’incontro che gli cambiò la vita e si innamorò (nel vero senso della parola, e perdutamente), non di una donna ma della filosofia pro natura che pian piano gli inculcò Luigi Calchetti, storica guardia dell’oasi Wwf di Orbetello oggi in pensione. «Quando incontrai Gigi studiavo per apprendista elettrotecnico e ricordo che lo conobbi a casa sua dove ero andato aggiustare un televisore. In quella circostanza mi parlò dell’Oasi di Orbetello e mi invitò a visitarla. Spinto dalla curiosità e dalla voglia di imparare a distinguere sempre meglio le varie tipologie di uccelli ci andai alla prima occasione, anche perché mi sarebbe servito per prendere la licenza di caccia, dato che allora conoscevo solo i nomi dialettali degli uccelli. Ricordo che quando Gigi mi diceva che la giannaccia si chiamava in italiano airone cinerino e il pennino invece era conosciuto come garzetta mi stupii non poco, ma seguii le lezioni e in breve cambiai i miei nomi dialettali con quelli italiani. In compagnia di Gigi, nelle nostre escursioni sempre più frequenti mi resi conto che esisteva un modo diverso di amare la natura e cominciai a frequentare la sezione Wwf. Erano gli anni ’80 e divenni responsabile di sezione poi mi trasferii fisicamente a Burano e, dopo dieci anni, diventai coordinatore delle oasi».
Fabio Cianchi è conosciuto come fotografo naturalista e ha pubblicato le sue foto su Airone, Oasis, National Geographic e la sua passione per le foto risale a più di trenta anni fa. La sua prima macchina fotografica con il teleobiettivo gli fu donata dai genitori per il diploma e certo fu il più bel regalo che potesse desiderare. Diplomato perito elettrotecnico, avviò una promettente attività ad Orbetello ma ad un certo punto fu obbligato a fare una scelta, e contro i pareri di parenti e amici meno idealisti, decise di difendere la natura con pochi soldi e un futuro tutto da inventare. Attualmente Fabio Cianchi è responsabile di tre oasi maremmane e dirige cinque collaboratori, ha pubblicato più di trenta lavori per lo più di ornitologia e due libri di fotografie: il primo sull’Oasi di Burano, insieme a Lorenzo Sestieri, presentato a Roma e poi a Capalbio nel dicembre del 2008, mentre il secondo, preparato sempre insieme ad altri fotografi locali, tratta invece delle orchidee selvatiche e verrà presentato entro l’anno a Capalbio. Fra i tanti progetti partoriti o semplicemente seguiti dalle oasi di Burano, Orbetello e Bosco Rocconi, Cianchi ama ricordare il suo sentiero per inabili motori, un progetto testato negli anni ’80 e inaugurato nel 1990 da un gruppo di inabili locali con Domenico Modugno nelle veci di presidente dell’Associazione Volare di Roma. Altro progetto gratificante quello ancora in corso inerente gli ibis eremita, ospiti dell’Oasi Wwf di Orbetello (vedi articolo sotto). Giunto al suo settimo tentativo, insieme alla Waldrappteam (fondazione austriaca), il progetto in Italia si appoggia appunto al Wwf e l’oasi naturalistica di Orbetello è stata scelta come luogo ideale per far raggiungere agli ibis la loro maturità sessuale prima di tornare in Austria a nidificare.
In volo dietro a un aereo, come in un film
Conoscete il film «L’incredibile volo»? Se rispondete di no, poco male; non è che abbiate perso un capolavoro del cinema. Quella pellicola del 1996, diretta da Carroll Ballard, aveva comunque una trama originale: una ragazzina che riusciva, con un piccolo aereo sagomato, a guidare la migrazione verso sud di un gruppo di oche selvatiche rimaste orfane. Una storia che appariva decisamente fantastica, ma che invece era ispirata a un’analoga impresa portata a termine qualche anno prima da un canadese.
Negli ultimi anni, tra Germania, Austria, Slovenia e Italia simili esperienze si sono ripetute. Lo scorso 18 agosto è infatti iniziata la settima edizione della migrazione guidata da una squadra di persone con un gruppo di 16 giovani ibis eremita (foto in basso a destra). Il viaggio, con una lunghezza complessiva di 1219 km, è partito da Burghausen, in Baviera, per attraversare l’Austria e la Slovenia fino ad arrivare in Italia e il 12 settembre atterrare definitivamente presso l’Oasi Wwf della Laguna di Orbetello. L’area di svernamento è stata raggiunta da 14 ibis perché due soggetti, rimasti feriti durante la migrazione, sono stati lasciati presso uno zoo. Con soli sette giorni di volo, questa è stata in assoluto la migrazione svolta in minor tempo da quando ha avuto inizio il progetto. La tappa in volo più lunga e senza sosta è durata quasi 6 ore e ha permesso di coprire una distanza di oltre 271 chilometri, la più lunga mai svolta da un velivolo seguito da un gruppo di uccelli allevati dall’uomo.
Le ragioni di questo notevole successo sono molteplici e uno dei fattori principali è da attribuirsi all’incredibile lavoro svolto dalle due madri adottive, Daniela Trobe e Sinja Werner. Dalla scorsa metà di aprile le due biologhe si sono prese cura degli ibis costantemente, senza nemmeno un giorno di tregua. I 16 uccelli provengono da due diverse colonie riproduttive, una situata nel parco faunistico di Rosegg in Carinzia e l’altra nella stazione di ricerca Konrad Lorenz nell’alta Austria. Gli ibis, ancora pulcini, sono stati prelevati poco dopo la nascita e l’allevamento è proseguito presso lo zoo di Monaco prima di tornare (in maggio) presso il «campo di addestramento» a Burghausen, dove hanno gradualmente imparato a seguire l’ultraleggero.
In natura l’ibis eremita (Geronticus eremita) è una specie gravemente minacciata. Infatti in tutto il Medio Oriente sono presenti solamente 3 soggetti e malgrado ciò, questi 3 individui solitari continuano a migrare dal loro quartiere riproduttivo, in Siria, all’area di svernamento in Etiopia e viceversa. La conservazione di questa piccola popolazione superstite rappresenta una delle più importanti ed urgenti sfide di salvaguardia a livello globale.
L’oasi Wwf di Burano dove vivo raccontava Fabio Cianchi in una lunga e bella intervista pubblicata dal Corriere della Sera il 23 aprile 2004 è la capostipite perchè è stata la prima oasi a nascere in Italia, nel 1967, quando era davvero difficile parlare di conservazione della natura. Burano ha sempre rappresentato concretamente questo significato, questo modo diverso di confrontarsi con l’ambiente in cui viviamo, dove l’uomo non è il dominatore assoluto, ma parte integrante e fondamentale di questo straordinario ecosistema». E aggiungeva: «Chi ha avuto l’occasione di visitare il lago di Burano non può che rimanere affascinato da questo lembo di Maremma. Si tratta di uno stagno costiero diviso dal mare da un tombolo ricoperto da macchia mediterranea e la zona umida è ricca di uccelli soprattutto nel periodo autunnale-invernale. Essendo uno stagno con una profondità media di circa 80 centimetri, è adatto a ospitare soprattutto anatre tuffatrici, come morette e moriglioni, e uccelli ittiofagi, come cormorani, svassi, strolaghe e smerghi. Anche tra la fauna considerata minore troviamo delle vere rarità come l’Eurynebria complanata, un piccolo coleottero che vive sulle spiagge, pressoché estinto negli altri litorali».
«A Burano ricordava ancora Fabio sono stati girati alcuni film ma l’evento che preferisco ricordare è stata l’inaugurazione del sentiero per disabili e la felicità di tante persone che non avevano mai avuto occasione di sentire i profumi della macchia mediterranea… L’oasi è aperta a tutti, e devo dire che, a parte qualche irriducibile, molti cacciatori si rendono perfettamente conto che la presenza sul territorio di un’area protetta è fondamentale per garantire la presenza e la riproduzione della fauna selvatica. Inoltre molti cacciatori, dopo aver visitato l’oasi, decidono di smettere con l’attività venatoria e spesso si trasformano in veri conservazionisti». E alla domanda su come si possono tutelare al meglio le oasi naturalistiche, Cianchi sei anni fa rispose: «Cambiando il modo di pensare, smettendo di considerare le risorse naturali come qualcosa di infinito e capendo l’importanza che hanno per la nostra sopravvivenza e quella delle generazioni future. Le attuali leggi e direttive europee sarebbero già una buona tutela se solo non venissero troppo spesso eluse». Una considerazione, purtroppo, ancora attuale.