DON FRANCESCO TIEZZI: emigrante al contrario per diventare sacerdote
di Riccardo Ciccarelli
Nato nel 1921 in Illinois, nella stessa terra in cui ha mosso i suoi primi passi da politico l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America Barak Obama. Parte da lontano, geograficamente parlando, la storia di don Francesco Tiezzi. Figlio di migranti, partiti nel 1920 da Foiano della Chiana alla volta degli Usa, che condividevano con i numerosi gruppi che all’epoca lasciavano la Valdichiana la speranza di trovare lavoro nelle miniere di carbone a Peoria, in Illinois, o ad Hartdford, nello stato del Connecticut. Fu così anche per i genitori di don Francesco, la cui famiglia venne destinata all’insediamento per minatori di «Groveland Mine». Il padre era già stato negli Usa prima della Grande Guerra, affrontando il lungo viaggio nel 1910, all’età di 20 anni.
«Le condizioni degli italiani negli Stati Uniti in quegli anni afferma don Francesco non erano affatto facili. All’interno delle categorie sociali venivamo solo prima dei neri e non eravamo affatto aiutati dalle autorità civili. Soltanto verso il 1927-28, dopo l’avvento del fascismo in Italia, le autorità locali cominciarono ad interessarsi ai migranti italiani». Don Francesco ricorda poi la figura di Madre Cabrini, proclamata nel 1950 da Papa Pio XII «Patrona universale degli emigranti», che aprì scuole, orfanotrofi, educandati, ospedali e centri sociali, in particolare a New York e Chicago, ma «non arrivò mai a Peoria».
Nel 1929 il piccolo Francesco partì alla volta dell’Italia con i genitori e la sorella di 5 anni per essere battezzato. La madre per anni aveva respinto le richieste «insistenti» da parte dei religiosi protestanti, che premevano affinché il sacramento fosse ricevuto secondo il loro rito.
Era la prima volta che Francesco giungeva in Italia. «Non conoscevo la Chiesa cattolica spiega ; l’insegnamento religioso che avevo ricevuto fino ad allora era tutto merito dei miei genitori. Nell’insediamento di minatori dove vivevamo non c’erano chiese».
Nonostante le difficoltà riscontrate dai lavoratori cattolici in terra protestante, don Tiezzi, sin da piccolissimo, sentì forte la chiamata del Signore. «A soli 8 anni racconta cominciai ad avvertire la necessità di dedicare la mia vita a Gesù». Durante il primo rientro in Italia della famiglia Tiezzi, Francesco fu battezzato a Foiano. Prima di tornare negli Usa ricevette anche il sacramento della Comunione e in seguito fu cresimato dal vescovo Emanuele Mignone nella cappellina del Vescovado di Arezzo.
La vocazione religiosa del giovane Francesco continuò a farsi sentire in maniera chiara e distinta anche una volta rientrato negli Usa con la famiglia. Francesco era però convinto che per farsi prete sarebbe dovuto tornare in Italia.
«Il parroco della chiesa cattolica di Saint John a Peoria ricorda l’attuale parroco di San Fabiano non mi ascoltava quando gli parlavo del fatto che, secondo me, per diventare sacerdote sarei dovuto tornare in Italia e insisteva affinché frequentassi la scuola cattolica in America. Ma le condizioni economiche della mia famiglia non lo potevano permettere, dunque fui iscritto alla scuola pubblica». Il giovane non riusciva più ad arginare la forza con la quale avvertiva la chiamata del Signore e «costrinse la famiglia a far ritorno in Italia per la seconda volta». Era il 1934 quando, all’età di 13 anni, entrò nel seminario vescovile di Arezzo. «Il mio inserimento nelle scuole italiane afferma don Francesco fu molto sofferto perché non conoscevo l’italiano. Fui aiutato da un sacerdote, cugino di mio padre».
Nel 1945 il vescovo Mignone lo ordinò sacerdote e nel 1959 Francesco fu nominato parroco di San Fabiano. «I segni della vocazione bisogna saperli intuire e capire afferma don Tiezzi : da 51 anni sono parroco a San Fabiano, proprio in quella chiesa dei Santissimi Fabiano e Sebastiano dove nel mio primo viaggio in Italia, a soli 8 anni, dissi di volermi far prete; ho sempre considerato questo fatto come un chiaro segno di Dio». Successivamente fece ritorno negli Stati Uniti d’America per far visita ai parenti, incontrando a distanza di tanti anni alcuni compagni di lavoro di suo padre che erano riusciti ad ottenere una buona stabilità economica con la pensione. «Fu soltanto allora spiega che capii perché mio padre non mi perdonò mai il fatto di esser voluto tornare in Italia. Aveva alle spalle 22 anni di lavoro in miniera e gli rimaneva poco per arrivare alla pensione, cioè a quella tranquillità economica per la quale aveva lavorato, con sacrificio e fatica, così a lungo».
Durante i suoi viaggi negli Usa, don Francesco poté constatare che le condizioni degli italiani erano nettamente migliorate. «Visitai il quartiere della Caterpillar, che aveva la propria sede generale a Peoria, dove una mia cugina era diventata direttrice di una mensa e fu la prima che vidi innalzare la bandiera tricolore in omaggio alla visita di un cittadino italiano».
Don Francesco fece ritorno negli «States» anche nel 1969 come cappellano di bordo della «Queen Mary», una nave inglese per migranti italiani diretti in Canada. Una storia ricca di avventura, vissuta tra Italia e America. Questa la vita di don Francesco Tiezzi, che ha avuto come bussola la fede e non ha mai dimenticato il significato della vocazione cristiana.