DAVID CARAMELLI: lo scienziato che ha dato un volto all’uomo di Neanderthal
di Sara D’Oriano
Ogni storia generalmente inizia con «un giorno, per caso…». Quel giorno, per David Caramelli è avvenuto nel 1994, quando su una bacheca del Museo della Specola lesse casualmente che il professor Brunetto Chiarelli cercava studenti per sviluppare una tesi sul Dna antico.
Da sempre appassionato di scienze, David Caramelli, che all’epoca aveva già una laurea in Scienze Naturali, decise di informarsi e nacque così la sua grande passione per l’antropologia molecolare.
Una seconda laurea, in Scienze della Natura dell’Ambiente e dell’Uomo (Curriculum Scienze Antropologiche ed Etnologiche), un concorso vinto come ricercatore universitario nel 2004, il suo curriculum è un elenco lunghissimo di attività in Italia e all’estero, scoperte, riconoscimenti congressi che ne fanno una punta di diamante del Dipartimento di Biologia evoluzionistica «Leo Pardi» dell’Università degli Studi di Firenze. Nonostante la giovane età, oggi è titolare del Corso di Antropologia Molecolare per il Corso di Laurea in Scienze Naturali e direttore del laboratorio di Antropologia Molecolare/Paleogenetica del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica, proprio lo stesso che un tempo fu di Brunetto Chiarelli. Il suo meticoloso lavoro si concentra intorno ai fossili, ai resti corporei di organismi e intorno alle tracce della loro esistenza (impronte, escrementi, manufatti), che si sono conservati nel tempo e che si trovano ovunque: negli scavi archeologici, nelle tombe o semplicemente sotterrate. Tutti questi materiali, nonostante l’erosione e la disgregazione dovuta allo scorrere del tempo, agli agenti atmosferici e all’inquinamento da parte di altro Dna esterno, conservano al loro interno tracce importanti della vita di un tempo, anche se frammentarie o incomplete. Il lavoro di David e della sua équipe consiste nell’isolare tali tracce, nel riconoscerle e nell’identificarle, con risultati eccezionalmente sorprendenti.
Lo studio di David si rivolge in particolare all’uomo di Neanderthal, per il quale conduce una ricerca unica in Italia, che gli ha permesso di affermare ad esempio che questa specie era caratterizzata da carnagione chiara e da capelli rossi, scoperta che ha fatto il giro del mondo. Ma il suo interesse va anche alle popolazioni etrusche ai popoli nuragici, fino allo studio di caratteri genetici dei popoli primitivi che hanno modificato decisamente il sapere comune.
Volto e modi giovanili, non si direbbe, a vedere anche il suo studio, che David abbia maturato un curriculum così vasto in così poco tempo. Eppure parla con immenso entusiasmo del suo lavoro, delle sue ricerche, da rimanere letteralmente affascinati dalla sua competenza. Così come parla della sua famiglia, una moglie e tre figli che ogni sera lo aspettano a casa, le cui foto campeggiano sulle pareti del suo ufficio.
«A Firenze esisteva già il laboratorio quando sono arrivato, ma quello su cui stiamo lavorando negli ultimi anni è materia completamente nuova e all’avanguardia. Sono molto soddisfatto perché ho la possibilità di lavorare con ciò che amo e soprattutto di proporlo anche ai miei amici e colleghi, impegnati all’estero. Sono molte le collaborazioni che abbiamo con gli atenei d’Europa e non solo». Dietro la sua scrivania, un armadio colmo di rassegna stampa sull’attività del suo laboratorio: «L’interesse è altissimo verso questi temi, e non solo in ambiente accademico. Quando le nostre scoperte toccano dati che ci permettono di ricostruire la nostra storia, come nel caso degli etruschi, o riguardano curiosità sui personaggi storici, i giornali ci chiamano e ci viene riservato solitamente molto spazio, molto più di quanto non ci si possa immaginare».
Una sfida ancora tutta da giocare? David risponde così: «Sono molto affascinato dallo studio dell’uomo di Neanderthal. Gli studi più recenti ci hanno dimostrato che la cultura dei Neanderthal non era poi così primitiva come pensavamo in origine. Eppure manca ancora un anello che ci permetta di capire perché loro non si siano evoluti come invece è avvenuto per l’Homo Sapiens, che ha dato origine poi alla nostra specie. Mi piacerebbe scoprire il perché, quale vantaggio adattivo e intellettuale ha permesso lo scarto. È un punto di domanda irrisolto sul quale lavoro ancora e che mi appassiona moltissimo».
Di questi giorni è anche il rinnovo della convenzione con i Ris dei Carabinieri di Roma: «Con i Ris ormai collaboriamo da anni, per risalire alle identità di persone decedute in passato, nei casi di ritrovamenti o anche in eventi storici, ad esempio come nel caso delle Fosse Ardeatine. È un’ altra applicazione del nostro lavoro».
Un lavoro che ha fatto sì che David e la sua équipe fossero nominati eccellenze dell’Università di Firenze, un traguardo che sicuramente rende merito al loro lavoro quotidiano, in un angolo molto suggestivo della città, ma in contatto e con preziosi riconoscimenti da tutto il mondo.
Un’eccellenza di laboratorio
Il Laboratorio di Antropologia Molecolare/Paleogenetica del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica dell’Università di Firenze ha conosciuto negli ultimi anni un grande successo, grazie alla qualità delle sue ricerche, che hanno avuto eco enorme sulle riviste scientifiche internazionali. La sua attività nasce dall’analisi del Dna altamente degradato in campioni forensi e archeologici, per scoprire qualcosa in più sui nostri antenati e a partire da essi, i luoghi e gli ambienti in cui hanno vissuto. Un’attività singolare che non solo viene applicata in ambito archeologico, ma anche in quello scientifico, in collaborazione con i Ris dei Carabinieri. Un esempio su tutti, le identità di alcuni sconosciuti delle Fosse Ardeatine sono state ricostruite grazie alla ricerca condotta da questo laboratorio. Sono quattro i filoni di studio su cui si concentra la ricerca. Il primo è legato allo studio dell’analisi del Dna del mitocondrio, il secondo, un progetto di ricerca sull’uomo di Neanderthal che ha permesso di scoprire che aveva i capelli rossi e la carnagione chiara, ricerca che la rivista Scienze, nel 2007, ha divulgato come una delle prime ricerche più importanti in quell’anno. Un terzo filone di ricerca riguarda invece i processi di domesticazione degli animali, mentre una quarta attività, più interessante per i «profani» della materia, viene condotta su alcuni casi particolari di personaggi storici. Quest’ultima ricerca ha permesso di scoprire, ad esempio, che nella tomba del poeta Francesco Petrarca ci fosse un teschio di donna e un corpo di uomo, oppure, nel 2001, sono stati caratterizzati geneticamente i resti attribuiti all’evangelista San Luca, mentre altri studi ancora sono stati condotti sul Conte Ugolino e su Giotto.
Il laboratorio è un vero gioiello situato nel Palazzo Nonfinito, progettato da Bernardo Buontalenti proprio nel centro di Firenze, oggi sede inoltre del Museo Nazionale di Antropologia ed Etnologia, che vanta una vista suggestiva sul Duomo di Santa Maria del Fiore.