DANIELE GUALDANI E LAURA PASQUI: Due sub a caccia di navi da guerra

di Michele Bossini

Recuperate due navi affondate durante la Seconda guerra mondiale Anche due subacquei valdarnesi, Daniele Gualdani e Laura Pasqui – di professione rispettivamente direttore e impiegata in un’azienda di Levane, la Lem Galvanica – hanno fatto parte del gruppo che ha riportato alla luce i relitti della cacciatorpediniera «Lupo», uno dei vanti della marina militare italiana distintasi nelle battaglia di Creta del 1941 con tanto di medaglia d’argento al valore militare, e la nave da carico «Veloce», che stava viaggiando verso le coste libiche per rifornire i militari italiani di stanza in Africa.

Il gruppo, guidato dal triestino Mario Arena, istruttore della Global Underwater Explorer che da sei anni dava caccia del relitto della «Lupo» (già ventinove relitti ritrovati nel suo curriculum), era composto oltre che dai sue sub valdarnesi anche da Marco Cottafava di Reggio Emilia, mentre in superficie erano due pescatori di Lampedusa, Mario e Antonio Brischetto, esperti conoscitori di quella parte del Mediterraneo e abituati a pescare nelle zone dove sono i relitti perché particolarmente ricche di pesce.

Le due navi italiane furono colpite ed affondate da unità inglesi a inizio dicembre 1942: la «Lupo» stava in pratica scortando la «Veloce», quest’ultima venne colpita da degli aerosiluranti, il cacciatorpediniere cercò di dare auto ai naufraghi ma in quel mentre arrivarono quattro navi da guerra della Royal Navy, che aprirono il fuoco verso il mezzo della regia marina italiana colpendolo in varie parti (il suo ritrovamento ha permesso di appurare un particolare finora sconosciuto, ossia che la prua e lo poppa mancano dal corpo della nave) e affondandolo.

Il ritrovamento dei due relitti è avvenuto nell’ultimo giorno di ricerche, in una spedizione in forse fino all’ultimo a causa delle condizioni del mare, quindi la partenza da Lampedusa con il necessario per stare fuori un paio di giorni , alcune ore di navigazione per raggiungere il posto prescelto, la discesa in mare e quello che fino ad allora era stato un sogno che diventa realtà. «Là non era mai sceso nessuno, è stato come un tuffo nel passato. Dalle stive del “Veloce” – raccontano Daniele Gualdani e Laura Pasqui – è venuto fuori davvero di tutto: automobili Balilla, pezzi di aereo, cannoni da contraerea, cingolati con cannoni calibro ’88, fucili, munizioni ma anche oggetti che servivano per la vita quotidiana. Per individuare al zona era stata fatta una ricerca sui libri di bordo conservati negli archivi, che sovrapposti poi alla carte nautiche permettevano di isolare una zona precisa che veniva esplorata. La sicurezza che si trattava proprio della “Lupo” ci è stata data scartando un’iscrizione sul timone, mentre la “Veloce” è stata identificata grazie ad una targa».

Molti sono i relitti presenti in quella zona, teatro di vari scontri fra mezzi italiani e inglesi: i mezzi navali che rifornivano le truppe dell’Asse in Africa spesso si imbattevano nelle navi inglesi, che partivano dalle basi presenti a Malta per affondare le navi che dovevano arrivare nei porti libici cariche di viveri, benzina, munizioni e materiale bellico di vario tipo. Proprio la benzina era considerata come uno dei beni più preziosi, tanto che la sua carenza fu una delle cause che determinò le sorti della battaglia di El-Alamein. Pare che fossero stati anche elaborati dei piani per attaccare Malta, ma alla fine non ne fu fatto di niente e questo pesò molto nell’economia generale del secondo conflitto mondiale.

Ad agosto Daniele e Laura, sub esperti perché si tratta di immersioni per le quali è necessaria esperienza a preparazione di elevato livello, saranno di nuovo a Lampedusa: ci sono altri relitti da scovare, nuove pagine della storia della Seconda guerra mondiale e dei convogli , novecento fra il 1940 e il 1943 solcarono quella parte del Mar Mediterraneo, che devono ancora essere scritte.

La «notte del lupo» nelle acque di creta

Il 19 maggio 1941, un convogli composto da ventuno caicchi con militari destinati a sbarcare a Creta partì dal porto del Pireo, ma sette furono costretti a tornare indietro per avarie. A scortarli era destinata la torpediniera Sirio, che per un’avaria all’elica di dritta venne sostituita dalla torpediniera Curtatone che a sua volta affondò il giorno dopo su una mina mentre cercava di raggiungere il convoglio. Fu allora ordinato alla torpediniera Lupo di scortare il convoglio fino a Creta. La sera del il 21 maggio, ribattezzata «Notte del Lupo», una vedetta segnalò la presenza sul lato di dritta di un mezzi navale nemico: si trattava del cacciatorpediniere Janus, contro il quale la Lupo lanciò due siluri mancando il bersaglio. La Lupo iniziò allora a distendere una cortina fumogena a protezione delle piccole unità scortate. Subito dopo fu avvistato a meno di un chilometro di distanza un incrociatore britannico, il Dido, che aprì il fuoco contro la torpediniera italiana che rispose con tutte le armi e lanciando un siluro. Durante lo scambio di cannonate comparve improvvisamente a brevissima distanza un secondo incrociatore, l’Orion, su cui la torpediniera italiana concentrò il fuoco delle sue artiglierie e lanciò un secondo siluro che causò danni alla carena. Col diradarsi della foschia causata dalla cortina fumogena altre sagome di navi appartenenti alla Royal Navy apparvero all’orizzonte e aprirono il fuoco sul convoglio italiano . Il tiro delle navi inglesi fu molto preciso e la Lupo fu ripetutamente colpita da proiettili e da colpi di mitragliera, che però non provocarono gravi danni ma uccisero due marinai, il sottocapo furiere Orazio Indelicato e il cannoniere Nicolò Moccole, ferendone altri ventisei. Alcune unità britanniche, nella fasi concitare della battaglia, si scambiarono cannonate di fuoco amico, mente la Lupo riuscì a sfuggire abilmente alla lotta.

Dopo che la formazione nemica si era si allontanata il Lupo ritornò sulla scena d’azione per recuperare i naufraghi dei caicchi colpiti.

Per questa azione la bandiera di guerra della Lupo venne decorata con la Medaglia d’argento al valore militare mentre al suo comandante, il capitano di fregata livornese Francesco Mimbelli, fu conferita la Medaglia d’oro al valore militare.