BERLINGHIERO BUONARROTI, l’estroso pronipote di Michelangelo
di Sara D’Oriano
L’unica cosa certa è l’impossibilità di classificarlo con qualunque aggettivo che lo descriva per intero. Discendente della famiglia di Michelangelo (il suo antenato, Buonarroto, era fratello del maestro), Berlinghiero Buonarroti è un concentrato di arte, grafica, creatività, storia, umorismo, surrealismo, filosofia, etnologia e la lista potrebbe allungarsi di molto.
Compiobbese e fiero di esserlo, Berlinghiero ha dedicato la sua vita all’amore per la grafica, l’humor sottile e la passione per le pseudoscienze umane, intese nell’accezione più labile e sfuggente del termine. Ad appassionarlo, infatti, è l’apparente casualità delle cose: «Qualcuno potrebbe pensare che sono folle, eppure credo fortemente che dietro la casualità ci siano delle regole ben precise e a noi sconosciute, per questo mi interessa indagare la disanalogia, cercare di mettere insieme cose apparentemente lontane fra di loro, anomale, strane. Da certi accostamenti escono fuori spunti di riflessione molto interessanti e assolutamente creativi. La creatività è una tecnica, la curiosità un’arte».
Professore per 15 anni di tecnologia grafica e visual design presso una scuola privata e all’università, Berlinghiero è sottile umorista e abilissimo disegnatore e vignettista. Fondatore della rivista satirica Ca’bà la, considerata anticipatrice de Il Male, ne ha curato le uscite per gli 11 anni di vita, fino al 1980, redigendo una preziosissima collezione di figure e vignette di satira politica e riflessioni umoristiche su ogni ambito del sapere e della cultura in genere.
La sua arte e il suo approccio mentale con il mondo traggono ispirazione dalle riviste culturali francesi, come Hara Kiri e Bizare che negli anni 60 e 70 facevano della bizzarria e della stranezza, così come del dissacrante, il loro punto di forza. Appassionato estimatore del surrealismo e del dadaismo, Berlinghiero ha pubblicato nel 1994 insieme all’amico Paolo Albani, con Zanichelli, Aga, magèra, difùra – Dizionario delle lingue immaginarie, una raccolta di più di 2900 voci sulle lingue inventate, frutto della creatività umana nei campi più eterogenei (letteratura, teatro, cinema, musica, pittura, pubblicità, fumetti, televisione) e per le finalità più diverse (religiose, comunicative, espressive, ludiche, culturali), pubblicato recentemente anche in francese.
È assolutamente impossibile resistere alla curiosità osservando Berlinghiero mentre si aggira all’interno del suo studio a Compiobbi, un’antica fonderia di mattoni, appartenuta al nonno, che oggi ospita il suo «Istituto di Anomalistica e delle Singolarità», nonché la sua immensa raccolta di immagini, foto (ne ha 2500) e libri (solo di questi ultimi ne ha 1500), per la maggior parte catalogati e archiviati, che riempiono all’inverosimile la sua (è proprio il termine adatto) fucina fisica di idee.
Sì, perché da 15 anni Berlinghiero cura la raccolta dei documenti che raccontano la storia della Valle del Sambre e delle frazioni del comune di Fiesole che si affacciano sull’Arno. Un lavoro immenso, iniziato nel 1995 raccogliendo le testimonianze verbali degli anziani del paese. «Penso che le tradizioni orali siano la cosa meno oggettiva in assoluto, figuriamoci la storia, che è una raccolta di racconti. In realtà spiega mostrandomi le scatole dove sono raccolte tantissime audiocassette, tutte numerate è molto più difficile verificare la veridicità di ciò che mi è stato raccontato, piuttosto che fare ricerca partendo da zero».
E lui di ricerca ne ha fatta molta, andando a spulciare nei fondi dell’Archivio di Stato di Firenze, tra gli archivi parrocchiali, di cui conserva per ognuno la copia anastatica organizzata per frazioni, i libretti colonici, i documenti privati di compravendita, i diari e le memorie personali. Uno studio meticoloso e approfondito, continuamente in divenire, che Berlinghiero ha imparato col tempo e l’esperienza. Il suo impegno si avvale soprattutto della collaborazione dei suoi concittadini che lo conoscono e contribuiscono con documenti di ogni genere (dalle foto ai racconti) ad ampliare la sua importantissima raccolta. Così è nato l’«Archivio del tempo che passa – Compihobby», un’organizzazione culturale fondata dallo stesso Berlinghiero, che riassume la sua attività nel termine «indagine di Archeologia umana». «A me interessa analizzare la vita della gente comune e trasmetterla come se si parlasse della storia della grande Roma, o di Parigi. Ciò che mi interessa è rendere giustizia a quella storia minore che non si racconta mai e di cui si perde traccia se non nei racconti dei nostri nonni e che è alla base della cultura di un popolo. Il mio sogno è che nascano altri archivi del tempo che passa, proprio come questo, che siano dei veri e propri raccoglitori e trasmettitori di quella meravigliosa storia che è la vita quotidiana. La storia di Firenze non è paragonabile, ovviamente, a quella di questi piccoli paesi, eppure è anche grazie a questi che Firenze è grande. E voglio che i nostri nipoti lo sappiano, conoscano e rispettino le loro origini».
Per questo, nel suo enorme computer conserva e lavora giornalmente, ormai da sette anni, al suo libro enciclopedico: «Storia delle storie di Compiobbi», un volume che raccoglie la sua paziente ricerca ventennale: «Voglio che si possa leggere a più livelli. Che lo possa leggere lo studioso e il pensionato, il bambino e l’anziano, e che contenga una buona dose di ironia e humor, che non guasta mai!». Lo stesso humor con cui Berlinghiero cura Il sabato del villaggio, settimanale murale di curiosità storiche che ogni sabato mattina realizza fisicamente e appende alla bacheca del paese posta nel punto in cui, nel 1939, deragliò un treno.
Berlinghiero è stato anche per un periodo disegnatore scientifico e stampatore, attività ugualmente apprese come autodidatta, con risultati davvero sorprendenti. Ma questa è un’altra lunga e altrettanto incredibile storia di un personaggio che non si finisce mai di conoscere.
Tra le macchine del suo «Istituto» un marchingegno per creare storie