ADRIANO PUCCI: Il babbo che ha promosso la lotta alla celiachia
di Laura Borgheresi
Se Adriano Pucci non è, ovviamente, l’uomo che ha «inventato» la celiachia, la famosa patologia di cui tanto parlano i media e ne discute l’uomo della strada, sicuramente è il personaggio che, più di ogni altro, si è impegnato per diffonderne la conoscenza a tutti i livelli; è insomma colui che le ha fornito grande visibilità, quindi, se oggi questa intolleranza alimentare che colpisce una persona su 100/150, di cui circa il 65% donne, è così nota e studiata, grande merito è sicuramente da attribuirsi ad Adriano Pucci, il personaggio che «Toscana Oggi», questa settimana, presenta ai suoi lettori.
Originario della Puglia, alcuni anni trascorsi nel capoluogo lombardo per motivi professionali, da oltre trenta risiede a Figline Valdarno, nella provincia di Firenze, dove ha svolto l’attività di funzionario all’interno di un noto stabilimento di pneumatici, prima del ritiro dal mondo lavorativo. Suo grande merito l’aver contribuito in maniera determinante alla diffusione della conoscenza di questa patologia, un’intolleranza alimentare permanente al glutine, presente in alcuni cereali quali, frumento, orzo, segale, farro e in altri ancora. Come è noto, l’introduzione di alimenti contenenti il complesso proteinico, qual è il glutine, determina, nelle persone predisposte geneticamente, una risposta immunitaria abnorme a livello intestinale, con conseguente infiammazione e scomparsa dei villi; il cattivo assorbimento di vari principi nutritivi ne è la logica conseguenza. Importanti e, talvolta, irreversibili le malattie determinate da una diagnosi tardiva: osteoporosi, infertilità, epilessia, arresto della crescita, cirrosi biliare, ma soprattutto il temutissimo linfoma intestinale. Tutto ciò non era così chiaro, quando quasi quaranta anni fa Adriano Pucci si avvicinò allo studio di questa patologia che stava riguardando una delle sue due figlie. «Mi sono interessato al mondo della celiachia spiega Pucci per motivi personali, come spesso accade, intorno al ’73, quando una forma della malattia fu diagnosticata a mia figlia. Abitavo a Milano, e, pur vivendo in una grande città molto preparata anche dal punto di vista medico, fu molto difficile individuare questa patologia nei sintomi che presentava la mia bambina. Vede, la celiachia ha origini antichissime, ma soltanto negli anni ’50 questo termine ha iniziato a circolare tra i medici, per poi essere presentata e considerata come una vera e propria malattia negli anni ’80: precedentemente, quindi, poche erano le conoscenze e le modalità per il suo trattamento. Come le dicevo è una malattia genetica, si nasce quindi predisposti, anche se le sue varie manifestazioni possono insorgere in qualsiasi epoca della vita, come è accaduto all’altra mia figlia, che ha incontrato la celiachia soltanto qualche anno fa».
La reazione a tutto ciò fu significativa, con la fondazione da parte di Pucci e di altri «colleghi», soprattutto genitori con figli che presentavano questa patologia, dell’Associazione lombarda dei celiachi nel 1975; fu un grande risultato che determinò a sua volta, quattro anni dopo, la creazione dell’Associazione italiana celiachia (Aic), presieduta da Pucci dal 1988 al ’91 e dal 2001 al 2009, anno in cui ha accettato di ricoprire, come anche attualmente, il delicato ruolo di presidente della Fondazione Celiachia, l’ente fondato all’interno dell’associazione nel 2005, col preciso obiettivo di promuovere la ricerca nelle sue molteplici potenzialità. Attualmente i dati sono significativi: in Italia 110.000 sono i pazienti affetti da questa intolleranza alimentare, 400.000 i casi non ancora diagnosticati, la nostra Toscana rientra perfettamente nelle statistiche nazionali, con 9000 persone colpite, mentre 35.000 sono i potenziali pazienti. Veramente molti gli obiettivi centrati dall’Aic (attualmente presieduta da Elisabetta Tosi), soprattutto per il grande impegno di Pucci, sia a livello promozionale, con la realizzazione di campagne pubblicitarie di ampio respiro per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della «famosa» intolleranza, anche con la collaborazione di importanti personaggi del mondo dello spettacolo, sia legislativo, un suo successo è stata sicuramente l’approvazione della Legge Quadro 123 del 2005, che ha riconosciuto la celiachia come una malattia sociale, con erogazione gratuita dei prodotti alimentari senza glutine da parte del Servizio Sanitario Nazionale, impegnando le Regioni nella specifica formazione dei medici e obbligando, nella ristorazione collettiva, la presenza di pietanze senza la famigerata proteina. Determinante sempre l’intervento di Adriano Pucci per la diffusione dei prodotti alimentari idonei per i celiaci all’interno delle catene della grande distribuzione, e poi cicli di conferenze, meeting, giornate promozionali, incontri di alto livello sono soltanto alcune delle molte iniziative di questo simpatico perito elettrotecnico «prestato» alla ricerca scientifica, dal 2005 Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana per i molti successi conseguiti.
«La mia avventura nell’ambito della celiachia è stata magnifica racconta Adriano , mi ha permesso di approfondire determinate conoscenze, stringendo collaborazioni con importanti ricercatori, ma soprattutto mi ha consentito di vivere esperienze che mai avrei pensato realizzabili. Ho parlato della patologia della quale mi occupo alle commissioni parlamentari, ho conosciuto nel corso dei vari meeting personaggi come il sindaco di Roma Gianni Alemanno, per non parlare del celebre goleador del Milan, Gianni Rivera, un mio mito di sempre, ho incontrato dopo vari anni Sergio Cofferati, che avevo conosciuto nel corso del mio impegno professionale, e molti altri personaggi che hanno condiviso la mia battaglia».
«La pillola anti-zonulina, di cui i gli organi di informazione si stanno occupando, realizzata dall’italiano Alessio Fasano e dal suo staff a Baltimora, permetterebbe, in caso di risposta affermativa all’ultima fase di sperimentazione ancora in corso negli Stati Uniti, di consumare ai celiaci alimenti con glutine per un periodo di tempo limitato», spiega ancora Pucci. E aggiunge: «Come sappiamo il loro intestino è privo di un enzima che aiuta ad assorbire e digerire il glutine; la pillola di Fasano, in studio da sette anni, creerebbe impermeabilità, impedendo alla famigerata proteina di filtrare nell’intestino. Tutto questo però, ripeto, per un periodo di tempo limitato, consentendo, momentaneamente, al celiaco di consumare alimenti con la presenza della temuta sostanza proteica».
«La ricerca tuttavia precisa Pucci prosegue con successo verso varie direzioni, ad esempio è in atto uno studio sulle micotossine, sostanze tossiche presenti nel mais, in passato soltanto in un certo limite, oggi in quantità superiore per i nuovi metodi di coltivazione. La ricerca ne studia l’eventuale tossicità nel celiaco che, per motivi di dieta alimentare, ne usa in quantità superiore rispetto alla media».
«Altri studi prosegue il presidente riguardano la modalità dello svezzamento dei figli nati da genitori affetti da celiachia, alcuni consigliano di anticiparne i tempi, cioè intorno ai quattro mesi, invece dei tradizionali sei, somministrando piccole dosi di glutine al neonato, in modo di abituarne l’organismo a questa sostanza. Altre ricerche indicano, invece, di spostare lo svezzamento a dodici mesi, confrontando in quale dei due casi l’intolleranza tenda alla diminuzione. Infine nuovi studi vertono sulla patologia refrattaria, sulla diagnostica e sulle varie complicazioni sanitarie».
Come dire: la nuova frontiera della celiachia ha appena iniziato il suo percorso.