Unzione degli infermi, quando? E cosa fare in punto di morte se il prete non c’è
In quali situazioni può essere data l'unzione degli infermi? E se al momento della morte il prete non c'è cosa fare? Risponde il teologo
Volevo sapere in quali situazioni può essere data l’unzione degli infermi: solo in caso di imminenza della morte, o anche in altre situazioni? In caso di approssimarsi della morte di una persona cara, se non è possibile avere la presenza di un prete per i sacramenti, come ci si può comportare?
Risponde padre Valerio Mauro, docente di Teologia sacramentaria
Le domande del lettore ci conducono davanti a una situazione che ferisce profondamente i nostri affetti: la malattia grave di una persona amata. Nell’ipotesi suggerita, cioè l’approssimarsi dell’incontro con sorella morte, sono prospettate due questioni di carattere differente, ma entrambe legate al desiderio di prendersi cura del malato dal punto di vista dei conforti religiosi.
Partendo dalla prima, se cioè l’unzione degli infermi possa essere celebrata in occasioni diverse dall’imminenza della morte, una risposta chiara è delineata nelle attuali indicazioni liturgiche. La riforma del Concilio ha precisato il valore del sacramento dell’unzione degli infermi. Si tratta di un dono dello Spirito per vivere con fede una malattia grave e avere sostegno contro ogni possibile tentazione. Questa dimensione spirituale della grazia sacramentale è confermata dal perdono dei peccati che la fede della Chiesa ritiene legato all’unzione, ma non si possono escludere dei benefici per la stessa salute fisica. A questa rinnovata prospettiva teologica si deve il cambio del nome, ritenuto piu adeguato «unzione degli infermi» piuttosto che il vecchio «estrema unzione». Tuttavia, si conferma che il sacramento sia di particolare sostegno nel momento così delicato dell’incontro definitivo con il Dio della vita. Questa caratteristica singolare mantiene tutto il suo valore, secondo la tradizione, ma il sacramento dell’unzione ha uno spettro piu ampio di riferimento. Facendo memoria dei gesti salvifici del Signore, la Chiesa ha sempre tenuto in grande stima la cura verso i malati, sia dal punto di vista corporale che spirituale. Si tratta di un’obbedienza di fede alla volontà di Cristo, le cui azioni di guarigione erano un segno tangibile della sua vittoria escatologica sul male. Quindi, tornando alla domanda precisa del lettore, il sacramento dell’unzione si può dare in modo opportuno «a quei fedeli, il cui stato di salute risulta seriamente compromesso per malattia o vecchiaia», valutato secondo un giudizio prudente o probabile (Sacramento dell’Unzione e cura pastorale degli infermi, Premesse, n. 8). Da sottolineare, inoltre, come la celebrazione preveda di per sé tanto la presenza dei familiari del malato quanto la sua stessa capacità di prendere parte attiva al rito. Il rinvio della ricezione del sacramento per timore che il malato entri in angoscia, collegando la presenza del prete con la propria morte imminente, viene qualificato come «pessima abitudine» (Premesse, 13). Siamo invitati a vivere come credenti anche l’esperienza drammatica della morte. In risposta a questa chiamata di fede la celebrazione del sacramento dell’unzione ci aiuta con tutta la sua grazia singolare.
Ma non sempre un prete è reperibile o disponibile. È il secondo caso presentato dal lettore, dando occasione alla seconda domanda. Anche qui la Chiesa ci offre diverse possibilità, perché lungo la storia sono sorte diverse preghiere di intercessione verso i malati, soprattutto quando sono in procinto d’incamminarsi verso quella valle oscura che tutti dobbiamo attraversare. La raccomandazione dell’anima, come altre preghiere diffuse e riconosciute dalla Chiesa, hanno un valore di intercessione, fondato sul legame che ci unisce nell’unico Corpo del Signore che è la Chiesa. In forza del Battesimo abbiamo accesso a Dio attraverso Gesù Cristo, mediatore fra noi e il Padre, e la nostra preghiera battesimale è unita a quella di Cristo, sempre vivo per intercedere in nostro favore. Pertanto, ogni battezzato può pregare per i morenti, con le preghiere che la tradizione della Chiesa ha trasmesso lungo la storia. Due riferimenti mi preme non tralasciare. Il primo è la tradizionale devozione a Giuseppe, colui che si è preso cura con amore paterno di Maria sua sposa e del figlio di lei Gesù. Ma soprattutto, in questo come in altri momenti delicati della nostra esistenza, invochiamo lei, la madre del Signore alla quale l’umanità intera e stata affidata dall’alto della croce. Il testo dell’Ave Maria ricorda l’intercessione di Maria nell’ora della nostra morte. Personalmente, mi sembrano le parole più ricche di tradizione ecclesiale.