Una «guida» alla confessione
Come è cambiata la confessione? Ho letto l’articolo che spiega la storia di questo Sacramento. Sarebbe possibile aggiungere ulteriori spiegazioni? Noi cattolici siamo sicuri di saperci confessare alla giusta maniera? Riconosciamo i peccati lievi, «veniali», da quelli gravi («mortali»)? Il catechismo raccomanda di confessarsi una volta l’anno; non sarebbe meglio una volta al mese, come spesso ci dicono i confessori? Non è cosa rara che si riceva l’Eucarista e poi si dica a noi stessi … poi mi confesserò… Il perdono ci viene concesso ugualmente se utilizziamo un simile espediente? Ecco che farebbe bene a tutti una «rinfrescata» su questi argomenti!
Gino Galastri – Firenze
Ora qual è il nocciolo essenziale della confessione? Il ministero-mandato della chiesa di rimettere i peccati a colui che, convinto del proprio peccato e mosso dallo Spirito Santo sinceramente chiede perdono a Dio con il serio proposito di emendarsi.
Questa, crediamo, è la maniera giusta di confessarsi: credere nel Signore Gesù salvatore e redentore e accostarsi con fiducia a Lui, attraverso il ministero della Chiesa, manifestando il proprio peccato, accogliendo con fede il perdono-assoluzione, impegnandosi in un cammino di conversione, nella speranza che la grazia del sacramento ci accompagni.
La conversione impegna il cristiano, consapevole della propria fragilità, ad accostarsi con frequenza a questo sacramento. La tradizione ecclesiale non indica termini cronologici tassativi, ma consigliando la scelta di un confessore stabile, lascia al rapporto fra il confessore e il penitente il problema della frequenza. Il celebre decreto 21 del concilio Lateranense IV (1215) «confessarsi almeno una volta all’anno» indica non un ideale, ma prescrive un minimo indispensabile. In questo senso è ripreso anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica n.1457.
Questa distinzione non è contraria al vangelo e ipocrita (i peccati mortali non si possono fare, quelli veniali.. invece..) tiene invece conto della enorme complessità dell’uomo, della sua vita, della sua psiche. Nell’insegnamento classico il peccato mortale si compone di tre elementi: materia grave, la piena avvertenza della gravità e l’esplicita volontà di peccare. Quando manchi uno di questi tre elementi si commette il peccato veniale. Sembra quasi che il peccato veniale sia un peccato mortale.. non ben riuscito! Se poi si mette troppo l’accento sulla materia grave si corre il rischio di cadere in una casistica opprimente. L’accento va posto, invece, sulla intenzione dell’uomo di vivere o meno la comunione con Dio in Gesù Cristo e di perseguirla con atti coerenti. Tuttavia non bisogna andare all’eccesso opposto: considerare la materia grave o lieve indifferente nel giudizio sul peccato. La vita umana è concreta, costituita da fatti, gesti ecc.. e questi hanno pure una loro importanza, ma il Vangelo ci insegna a guardare dentro l’uomo e allora anche una parola detta con odio e cattiveria può essere sottoposta al fuoco della geenna (MT 5,22).
È necessaria una continua formazione della coscienza cristiana attraverso il costante ascolto della Parola di Dio, aiutata dal magistero della Chiesa per capire la gravità del peccato, al di la della pur vera distinzione fra peccato mortale e veniale, e per poterlo eliminare dalla propria vita di seguace di Gesù Cristo.
Insegna il catechismo: «chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esami se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve, senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. (1 cor.11, 27-29) Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della riconciliazione prima di accedere alla comunione». (Catechismo della Chiesa Cattolica n.1386)
E ancora: «Il Corpo di Cristo che riceviamo nella comunione è dato per noi e il sangue che beviamo è sparso per molti in remissione dei peccati. Perciò l’eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci nello stesso tempo dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri» (Catechismo n.1393)
L’eucaristia non è il premio dato ai santi, ma il pane dei pellegrini che ci sostiene nel nostro cammino ecclesiale verso la patria celeste (cfr. sequenza del Corpus Domini), ma il peccato mortale è il rifiuto di questo cammino, è il cercare altre strade, è giusto, perciò, rientrare nel cammino ecclesiale e allora l’eucaristia è ricevuta in tutta la sua efficacia sacramentale. Può succedere di non potersi confessare e voler ricevere l’eucaristia in casi particolari (per es. un matrimonio, un funerale ecc..) ma deve essere una cosa eccezionale, affrontata con la dovuta consapevolezza di chiedere sinceramente perdono al Signore e di voler confessarsi quanto prima, e non un atteggiamento superficiale che sembra quasi farne una questione cronologica.