Un divorziato può entrare nell’Ordine francescano secolare?
Una semplice domanda: una donna divorziata (non per sua colpa), può chiedere di entrare nel Terz’ordine francescano?
Lettera firmata
Le Costituzioni di questo Ordine laicale all’articolo 39 par.2 recitano: «Condizioni per l’ammissione sono: professare la fede cattolica, vivere in comunione con la Chiesa, avere una buona condotta morale, mostrare segni chiari di vocazione». Questa disposizione è la logica conseguenza di quanto stabilito dal can. 316 del codice di diritto canonico. Nel documento Christifideles laici, al n.30, tra i criteri di ecclesialità, cioè quegli aspetti irrinunciabili per cui una associazione di fedeli possa essere considerata espressione della chiesa, si legge: «La responsabilità di confessare la fede cattolica, accogliendo e proclamando la verità su Cristo, sulla chiesa e sull’uomo, in obbedienza al magistero della chiesa che autenticamente lo interpreta. Per questo ogni aggregazione di fedeli laici deve essere luogo di annuncio e di proposta della fede e di educazione ad essa nel suo integrale contenuto».
Il punto fondamentale è vivere nella comunione della Chiesa anche per quanto riguarda la fede e la dottrina circa il sacramento del matrimonio, anche in situazioni particolarmente difficili. Non si tratta di aderire ad una dottrina astratta che passa sulla testa delle persone. ma di una sofferta ricerca di fedeltà alla proposta evangelica.
«Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati del tutto ingiustamente abbandonati, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono, infine, coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irrimediabilmente distrutto, non era mai stato valido». (Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, N.8)
Tra le varie e complesse situazioni c’è quella dei divorziati non risposati. E’ assai difficile stabilire «di chi è la colpa», più facile sapere chi ha promosso la causa di divorzio, qual è la parte attrice e quale la convenuta come si suol dire, ma anche questo, mi sembra, pur importante non è decisivo. Infatti uno può passivamente subire il divorzio, adeguandosi al volere dell’altra parte poichè non può fare diversamente, o può addirittura promuoverlo, se ritiene che sia l’unico modo possibile per tutelare altri diritti certi, quali la cura dei figli, la propria dignità personale ecc. Qui il discernimento del pastore, richiesto da Giovanni Paolo II, è davvero importante per illuminare e sostenere la coscienza della persona coinvolta.
In linea di massima. dunque, il divorziato non risposato e che non ha costituito altra convivenza stabile, come altra scelta di vita, può avere una normale vita sacramentale (Eucarestia, confessione ecc..) e partecipare alla vita ecclesiale anche nelle sue forme associative.
Le citate Costituzioni dei terziari francescani, parlando della vita familiare in fraternità, insegnano: «si condividano i momenti importanti della vita familiare dei confratello e si abbia fraterna attenzione a coloro – celibi o nubili, vedovi, genitori soli, separati, divorziati – che vivono in condizioni e situazioni difficili. (art.24 comma 2) È dunque prevista l’eventuale presenza di separati e divorziati che, solo perché tali come spiegato sopra, non cessano di far parte dell’Ordine Francescano Secolare.